I° parte
Contro i buffoni democratici Anche noi avemmo l’età di 20 anni. Quei giorni non rinverdiranno più, pur vibrando i nostri animi ed i nostri cuori finora delle idee e degli slanci spirituali che ancora infiammano, indubbiamente, anche voi, giovani camerati nostri europei d’oggigiorno. Ferventi nazionalisti, noi sconvolgemmo – fin nel più intimo della sua coscienza – l’animo della nostra Patria, volendo recuperarla dai pantani politici, in cui stava soffocando, restituirle fiducia nella sua missione, rimettere ordine nelle sue istituzioni, ristabilire la giustizia sociale nel quadro di un’indissolubile collaborazione delle classi e realizzare soprattutto la rivoluzione degli animi che avrebbe liberato gli uomini del materialismo assillante. Nel giugno ‘41, poi, echeggiando le scampanate da un campanile all’altro, schioccò l’ora delle grandi possibilità europee. Soldato semplice prima, in seguito – caporale, sergente, ufficiale e poi Comandante la 28a Divisione Waffen SS Vallonia, come centinaia di migliaia di volontari del vecchio continente nostro, contribuii, sul fronte Est, alla creazione – inizialmente poco compresa, pur essendo inevitabile – d’un’Europa che avrebbe federato delle forze diverse, eppure reciprocamente complementari delle nostre Patrie, minacciate allora di morte dal comunismo sovietico, il quale sin dal 1917 accanitamente aspirava a far passare sotto il suo knut tutti i popoli del mondo intero.
Dapprima, certo, noi tutti, combattenti non tedeschi, eravamo molto differenti da un Paese all’altro: spagnoli, norvegesi, francesi, bosniaci, neerlandesi, estoni; le dure prove e le sofferenze sostenute, però, ci ravvicinarono rapidamente a vicenda, sigillando poi la nostra unità. Amicizia, ma diversità. L’Europa respirava in noi, e, passata la bufera, ciascuna delle nostre Patrie, fiera dell’onore riscosso dalle sue armi e del sacrificio offerto dai suoi morti, fece risplendere e magnificò la personalità del proprio popolo nel fascio delle nostre civilizzazioni riunite. Sconfitti e drappeggiando i tamburi, noi quell’Europa nostra nascente del ‘42, la vedemmo dopo il ‘45 raggrinzarsi nella banalità e mediocrità ed abbandonarsi perdutamente ad un furioso bisogno del godere, senza neanche indovinarne l’effimera fragilità. E ciò le offuscò l’animo, decomponendone le caratteristiche morali e spirituali. Domani va ricostituito il tutto. Questa devozione alle nostre Patrie e all’Europa che le federava, noi, vostri predecessori della Seconda Guerra Mondiale, la pagammo terribilmente cara: fummo trattati con le forche, incassammo mille colpi e conoscemmo i ruscelli d’amarezza; ci si mescolò col fango, si assassinò le persone a noi più care, ci si braccò ovunque con una rabbia demoniaca. Eppure la nostra fede è rimasta integra, e non solo: resistendo a tutto, non rimpiangiamo nulla. Malgrado che i nostri corpi siano invecchiati, se ritornasse l’occasione di rialzare le nostre bandiere, ripartiremmo senz’indugio, ubbidendo al richiamo del dovere con lo stesso vigore, lo stesso piacere e la stessa risoluzione mai sgretolati. Al presente, se ancora bisogna che morsichiamo le redini nel profondo d’un esilio tanto interminabile, quanto crudele, noi rimaniamo e rimarremo, cari camerati d’Europa, vostri compagni fino all’ultimo respiro nostro.
A dire il vero, neanche voi avete oggi la vita facile. In tutti i paesi, infatti, i giudici indaffarati e servili, schiamazzanti e gloglottanti, vi trottano alle calcagna – tutt’uno sventolio di sottogonne,– reinventando quotidianamente il Codice civile e quello penale per scoprire – democraticamente, ben certo! – dei nuovi pretesti che consentano d’ingabbiarvi nei loro ergastoli e sopprimere con le ammende aggrovigliate coloro che non accettino di baciare la pianta dei piedi di quella virago sacrosanta che è la loro «democrazia» da minchioni. Tutto il sistema delle acrobazie del parlamentarismo poggia, effettivamente, sul mantenimento dei rispettivi riti, e centinaia di deputati in quella ladroneria dei minestrai elettorali vengono eletti o rieletti, solo se appoggiati da una rastrellata preliminare di milioni, centinaia di milioni, e a volte persino di miliardi, che assicurano la sopravvivenza e l’imballaggio finanziario della loro macchineria elettorale. Le folle ben sazie dell’andazzo credono sempre meno in tali pantalonate, in cui per avere un uovo si deve dare un bue. Scovati nella loro tana, le greggi dei politicanti, visibili dappertutto, sono ridotte allo stremo, dibattendosi sui pruni. E si vota sempre meno, perché non ci si crede più da nessuna parte a quelle strepitose promozioni con agganci giusti. Non si raglia più assieme ai somari. Nei nuovi stati liberati dell’Est, in Polonia, p. es., la quale dovrebbe ancora provare meraviglia per il regaluccio «democratico» del tutto recente, il 65% dell’elettorato non vi si è presentato per votare! Idem in Ungheria! Quanto al Libano, gli elettori ci si sono dichiarati in sciopero! Nella Francia del ‘92 l’assetto ufficiale del governo è costituito solo dal 18% dei votanti, dai socialisti, cioè.
Tali fratonzoli luminai buoni a nulla e dallo spirito a tracolla difendono con un furore pressoché ridicolo il loro potere sempre più traballante. Ma osar rinfacciargli direttamente nel muso, che le loro compagini governative sono foderate di fatture fasulle e nutrite di estorsioni con la copertura del sangue di emofiliaci e che nel Belgio, in particolare, un ex primo ministro socialista di nome COOLS e dalle mani rapaci è stato fatto secco dal sicario d’uno dei suoi colleghi ministeriali specializzato nei racket, vi costa seduta stante esser considerato «criminale fascista». Far notare che i 9 decimi dei parlamentari, ignoti e incapaci, non servono assolutamente a niente, se non ad intascare i lauti guiderdoni, vi trasforma in un intollerabile guastafeste! Agli oppositori, che denunciano la sterilità delle fandonie prodotte dalle assemblee di 300, 400 oppure 500 crani (il più spesso – vuoti!), gli s’impedisce ogni accesso costruttivo alla TV, così come ai comizi di massa, ove potrebbero fornir lumi al popolo fregato. Per difendere di fronte alle sciocche folle la propria verginità democratica, i meschini intrigantelli del regime rivestono pomposamente i loro tripponi con la sciarpa ufficiale rossa bianca e blu e radunano le orde dei parassiti multirazziali e multicolore, affluiti alla rinfusa dai loro deserti bruciacchiati!
E ovunque: negli ambiti politico, sociale, economico e morale,– c’è pandemonio; stando alle ultime inchieste giornalistiche, infatti, il 68% dei francesi si dichiarano schifati. Ogni paese è oppresso da imposte folli che smorzano qualsiasi voglia di creare il nuovo. 20mila funzionari irresponsabili e altezzosi, mai eletti da nessuno, incoronano della loro impotenza mezz’Europa – quella tremolante e quella del Mercato Comune autocratico, sballottato nelle crisi a ripetizione e soffocato per giunta dai reucci sindacali, i quali stanno a maneggiare solo le petarde demagogiche. Non ci si produrrà mai altro che uova covate. Da spaccamontagne, il Mercato Comune trascina pietosamente dietro alle sue scemenze 16 milioni di disoccupati irrecuperabili. Voi, giovani ragazzi e ragazze dell’Europa reale, volete sostituire questo sperpero e furfanteria rovinosa con un’unione di stati sani sotto l’autorità d’un vero capo benamato, rispettato e liberamente scelto dal popolo. Tale unione sarà socialmente giusta e razzialmente protetta. Essa sola porrà fine alla dominazione arbitraria, agli assalti da dragoni e battibecchi degli usurpatori, che non meritano neppure l’acqua che bevono e che hanno approfittato della disfatta del ‘45 per fare i rodomonti, mentire ogni giorno, inebetire i popoli e addomesticarli.
Ma toccare l’onnipotenza dei pascià «democratici», rimestando gli intrighi nei loro panieri di chiocciole, vuol dire maneggiare la dinamite. E spesse volte ne avrete piene le tasche, dovendo sfidare tanti scrocconi e parassiti. Ma ciò non è d’ostacolo, bisogna esserci pronti, munirsi d’una costanza incrollabile e mai commettere azioni riprovevoli. Il popolo ha da sapere, che i princípi della nostra dottrina: responsabilità, tenacia, purezza e competenza d’un potere forte, cooperazione intelligente delle classi, esaltazione delle virtù fondamentali della società,– sono indispensabili. La vita vale, solo se è tesa verso la perfezione e la grandezza. Noi crediamo nello splendore delle stelle. La caccia all’uomo, che subite alla fine del nostro secolo, e le mordacchie, che vi occorre mandar giù, noi – vostri predecessori – le abbiamo conosciute come voi, o, può darsi, persino più di voi. Parecchie volte pure noi siamo stati privati d’ogni uso delle libertà pubbliche, e il nostro coraggio poteva perdere vigore. Così, mentre che un milione di belgi, p. es., sceglieva il rexismo, e nel ‘36 sotto la mia bandiera 33 deputati e senatori venivano democraticamente eletti al sufraggio universale, dal ‘36 al ‘40 noi non potemmo mai utilizzare neanche una volta la radio ufficiale che era però a disposizione di tutti i partiti, i quali bazzicavano la baraccaccia parlamentare! Sin da prima della Seconda Guerra Mondiale tale era l’intolleranza imbecille e il lavaggio dei cervelli nelle «democrazie»! E da allora eravamo degli appestati, in quanto volevamo sostituire un regime corrotto, anarchico e rovinoso con uno stato pulito, forte e popolare. Ed anche perché – oh massimo reato! – rifiutavamo d’essere complici nello scatenare la Seconda Guerra Mondiale «inutile e imbecille» (come lo diceva SPAAK), che i guerrafondai del marxismo e dell’ebraismo mondiale, sostenuti da un ipercapitalismo apolide dagli appetiti canini, imposero – per odio e fifa – all’Europa del settembre ‘39.
Quell’enorme guerra civile, dovemmo affrontarla soprattutto, quando, risoluto di trasformarsi l’Europa insanguinata del ‘40–‘41 in un pasticcio prima scelta, il comunismo si mosse verso i nostri paesi occidentali. Lottammo tenacemente, offrendo – durante quegli anni terribili – la nostra giovinezza ed il nostro sangue; conoscemmo il freddo, la fame e le interminabili sofferenze nelle immense distese ghiacciate del fronte Est. Parecchi milioni dei nostri compagni d’armi caddero, e migliaia degli altri – dopo tanti sacrifici – resistettero per lunghi anni agli orrori delle prigioni in propria Patria. I farabutti della birbantocrazia cosiddetta «democratica» parlano spesso ai creduloni delle crudeltà di allora, prendendo, però, una grande cura di addossarle ai propri avversari! Quanto alle crudeltà, è proprio l’URSS, alleata carinissima, che – battendo tutti i primati – le perpetrò sin dal 1917 nei confronti di decine di milioni di persone sul suo proprio territorio Gli inglesi, i primi arrivati al di là dell’Oceano Atlantico, ed i nuovi americani venutici su – negli USA nuovi fiammanti – vi ci fecero la mano, massacrando più di 4 milioni d’indiani d’America (200mila sopravvissuti sui 5 milioni) al fine di estirpare quella razza tramite un genocidio così enorme; e bollarono per giunta parecchi milioni di neri, stampigliando sulla loro carne il marchio di schiavitù. Sempre loro in Europa e Asia inaugurarono fra il ‘41 e il ‘45 la loro unica tattica della guerra nel XXÿ secolo – terrorismo,– sterminando centinaia di migliaia di civili coi propri bombardamenti elefantiaci di Amburgo, Colonia, Berlino, Dresda e poi Hiroshima e Nagasaki. Erano sempre loro quelli che dopo l’8 maggio ‘45 consegnarono alla tirannide dei Soviet – per circa 50 anni – i 100 milioni dei nostri compatrioti dell’Est! E ancora una volta furono proprio loro che fra il ‘45 e il ‘46 fecero perire di miseria e fame – nei propri campi nel terzo Reich e in Francia – un milione di prigionieri tedeschi, mentre i depositi statunitensi straripavano dei viveri lasciati deliberatamente inutilizzati. Sono loro, infine, che dopo la guerra permisero che parecchi milioni di civili in fuga – prussiani, slesiani, tedeschi, svedesi – fossero sterminati nel corso d’una «purga razziale» terribilmente selvaggia! Gli statunitensi, gli inglesi e i loro amici russi – recentemente rimbiancati con la lavatrice! – ben possono denunciare il razzismo dei serbi che assassinano le popolazioni civili della Croazia e della Bosnia per poter possedere dei nuovi territori «razzialmente purgati»: ciò non è che una ripetizione matematica degli stermini perpetrati dalle «democrazie» nel quadro del genocidio di oltre 4 milioni d’indiani in America e poi – dopo la Seconda Guerra Mondiale – sui territori confiscati allo stato tedesco! Al presente si sanno le orribili cifre: circa 2 milioni e 280mila rifugiati del terzo Reich perirono sulle strade dell’esilio, morendo di fame o assassinati dai sovietici e dai loro luogotenenti; altri 80mila furono dispersi; più d’un milione di sopravvissuti furono deportati in Siberia. Questi fatti abominevoli sono dettagliatamente descritti dallo storico Jacques de LAUNAY nel suo celebre libro «Il gran crollo» /«La Grande Débâcle»/. E’ comprensibile che nel ‘92 in Croazia e in Bosnia gli statunitensi e gli inglesi – intanto che i russi stavano proprio rimpicciolendosi! – si sono opposti ai conquistatori jugoslavi, ricorrendo a sole palinodie. E’ quello che facevano gli stessi serbi e avevano fatto o lasciato fare i loro cari alleati sovietici – a parecchie riprese e su vastissima scala! Quelle lacrime ipocrite, le versavano dei vecchi coccodrilli. I serbi nel ‘92, svuotando della popolazione civile le terre da loro invase, altro non erano che imitatori modesti! I loro maestri sono stati STALIN, CHURCHILL e ROOSEVELT – maestri sterminatori della prima metà del XXÿ secolo.
Guerre terroristiche e l’imperialismo statunitense E ancora, se le truppe della Seconda Guerra Mondiale consistessero non di soli omicidi occasionali! Ma dal ‘45 in poi si ha visto incessantemente riprodursi la tattica devastante della guerra terroristica, dovunque l’imperialismo statunitense abbia voluto imporsi. Così era nel Vietnam, con delle orde di donne e bambini, i quali, tutti nudi e bruciati vivi col napalm, fuggivano lungo le autostrade! Oppure in Iraq, ove 100mila o ben 200mila (non si sa, in effetti, quanti con esattezza!) civili sono stati sistematicamente e senza rischio alcuno falciati dalle mostruose raffiche terroristiche dei missili USA comandati dai computer! Come mai?... Per conservare intatti tanto la macchineria medievale e razzista del paese barile fabbricato poco fa dagli inglesi – il Kuwait, quanto gli emiri leccapiedi, rapaci quanto grifoni, foderati di miliardi di dollari USA e detentori ufficiali dei pozzi petroliferi sì cari ai gangster dell’ipercapitalismo statunitense – carnefici e spillagrana eterni! Saddam HUSSEIN, capo incontestabilmente popolare dell’Iraq, volendo recuperare quella provincia perduta dell’antica Mesopotamia e gestendo, anzitutto, uno stato solido in una regione straricca di petrolio, agli occhi dei capocci statunitensi era un seccatore da stanare, da sgozzare, da tirar giù dalla pertica! Le provocazioni iniziavano in primavera ‘89.
Occorreva, poi, riuscire a raggirare Saddam HUSSEIN, spingendolo ad un intervento che avrebbe fornito una parvenza di scusa per un’offensiva militare. Certo che la creazione artificiale e di freschissima data (‘62) dello stato di Kuwait fu inventata del tutto appositamente per mantenere sotto il controllo angloamericano i pozzi petroliferi, da cui in quella regione il petrolio sgorga in sovrabbondanza. La formazione di quel Kuwait fu escogitata altrettanto per sbarrare l’accesso principale al petrolio iracheno dalla parte del golfo Persico, dato che l’isola di Bouliban – principale ostacolo per le esportazioni del petrolio iracheno – è posseduta appunto dal Kuwait. Nel ‘69 il Kuwait accordò la cessione di quest’isola all’Iraq per 99 anni, ma un anno dopo il Kuwait, ripreso dagli statunitensi e dagli inglesi ed in preda al timore, ne fece disdetta. Conversando di questi problemi con Saddam HUSSEIN il 25 luglio ‘90 l’ambasciatore statunitense April GLAPPI appariva comprensibilissimo, come se il ritorno iracheno nel Kuwait gli sembrasse assai normale, e Saddam HUSSEIN allora credette che la tremenda campagna propagandistica mendace condotta in USA contro di lui nei mesi precedenti, fosse stata smontata, ed è così che cadde nel tranello diplomatico.
Sicché il 2 agosto seguente egli recuperava quasi liscio liscio senz’intoppo il Kuwait, il cui Emiro s’era gloriosamente messo i piedi in capo alla prima rotolata dei carri armati iracheni! Il caso, cioè, era abbastanza banale e simile a decine di quelli altri, accaduti precedentemente in terre arabe: nel Libano, parzialmente occupato dalle truppe israeliane, senza che nessuno le ricacciasse nel loro covo; in Giordania, alla Mecca, nello Yemen e pure in Siria, di cui erano state invase le Alture di Golan; senza scordare le terre degli Hashimiti! Ma stavolta Washington, trovando l’occasione tanto sognata di affermare in Oriente la propria supremazia, sbalordiva l’universo mondo con le stridenti urla. I barili di petrolio furono tenuti ben celati in retroscena: si sarebbe trattato, invece, di salvare la Libertà! il Diritto! la Civilizzazione! E chi è che non vi ci si sarebbe precipitato, udendo risuonare gli appelli di tanta virtù?... Ognuno su questa terra fu invitato a quell’hallalì, a cui accorsero i ficcanasi benintenzionati da tutte le latitudini, essendone i più zelanti proprio i rivali arabi – nella speranza di poter subentrare a Saddam HUSSEIN... in cambio dei dollari USA, beninteso! Nell’Egitto, affrettatosi d’accettare tal invito, BUSH annunciava la promessa di passare la spugna sui 7 milioni di dollari, dovuti agli USA da quel paese, se esso li avesse seguiti nell’impresa! Si correva l’estremo pericolo – delucidava Washington, intanto che a firma di W.SAFIRE l’«International Herald Tribune» arrivava persino ad affermare che da un momento all’altro su Nuova York, ci poteva cascare una bomba atomica di Saddam HUSSEIN!... Portataci nientemeno che dal diavolo stesso, sicurissimamente! Ed il 15 gennaio ‘92, allorché tutti erano pronti, si scatenò la carneficina della guerra: in alcuni giorni le spaventose armi del Sig. BUSH, mille volte superiori a quelle che avrebbe potuto mai procurarsi Saddam HUSSEIN, sterminarono migliaia di civili dappertutto in Iraq; il Kuwait fu ripreso quasi subito e senza ricorrere ai grandi combattimenti. Eppure, solo a malapena il Re d’Arabia Saudita ottenne allora dal suo compare statunitense nella ventura, che si fermasse il massacro, giacché era raggiunto l’obiettivo ufficiale ipocritamente proclamato in precedenza da BUSH sull’«International Herald Tribune», e cioè: «Il nostro scopo non è la conquista dell’Iraq, bensì la liberazione del Kuwait.
Tale liberazione rimise il Kuwait sotto la dominazione petrolifera degli USA, lasciando quello stato fantasma impegolato nel Medioevo vero e proprio, come prima. Ed essa fu ottenuta con una caterva d’armi terroristiche fornite dagli USA in un’abbondanza inaudita, e solo per via di fare le folle bere le fregnacce da sballo. La notizia menzognera più nefanda e abominevole spacciata agli statunitensi era quella della balla dei bebè kuwaitiani. Su mille giornali fu lanciata la comunicazione, destinata a sconvolgere migliaia di persone: in Kuwait 300 bebè sarebbero stati tirati fuori dalle incubatrici ed assassinati! Il 17 gennaio ‘91 la rete TV statunitense CNN /Cable News Network/ ne fece la sua delizia; e tutta la stampa distillò la nuova in 7 milioni di copie: «La descrizione delle truppe irachene che tirano fuori i bebè prematuri dalle incubatrici ha disgustato la coscienza della comunità mondiale.» Esatto, e per attribuirci un carattere ancora più mostruoso, BUSH ripeteva la storia dei bambini belgi, a cui i tedeschi avrebbero troncato le mani durante la Prima Guerra Mondiale. Dopo la vittoria degli alleati nel 1918 non si poté mai dimostrare al pubblico pervaso dall’indignazione alcuna di tali presunte vittime. – Per l’eccellente ragione che non ne era esistita una sola! Nient’altro che lavaggio di cervello! BUSH confirmò la frottola, corredandola persino di fronzoli in una nuova versione, sicchè la grande rivista francese «Identité» – su cui abbondano i professori universitari ed i maestri della Sorbonne – dava spazio a questa truffa nel suo N 16 del ‘92: «Lo stesso George BUSH ha dovuto far eco al barbaro atto, dichiarando in Arabia Saudita: “I bebè venivano strappati dalle incubatrici e scagliati per terra come legna da ardere”!» Immagini terribili, destinate a preparare l’opinione pubblica occidentale alla grande crociata a venire. Questo fatto che indignò «l’opinione pubblica internazionale» servì pure di trama per un film e fu oggetto d’un rapporto dell’Amnesty international.
Terminata la guerra, si ha appreso da una missione dell’Organizzazione Mondiale della Salute guidata dal Dott.David CHIU, che si trattasse d’una montatura orchestrata dalla ditta statunitense «HILL & KNOWTON» di relazioni pubbliche ed ordinata dall’Emirato del Kuwait – contro un ammontare di 60 milioni di franchi francesi! Come mai i bebè? – Siccome bisognava «ottenere un effetto emozionale tale, che la gente approvasse le risoluzioni dell’ONU». E furono fatti comparire anche i testimoni falsi e le biografie fasulle, in particolare – la testimonianza straziante di una ragazza, presentata come rifugiata e che in realtà era, invece, figlia dell’ambasciatore del Kuwait negli USA! Qui si raggiungono i colmi dell’ignominia! (ved. «Identité», N __ del ‘92).
E furon fertili di risultati, tali prese per i fondelli, sicché Saddam HUSSEIN fu battuto, ma solo parzialmente, al gran dispiacere del Sig. BUSH, il quale nel novembre ‘92 senza avere scalpato il Sig. Saddam HUSSEIN, come se si trattasse d’un SIOUX dei tempi beati, in cui i gloriosi antenati procedevano alle purghe razziali in USA, non poteva mica presentarsi agli elettori statunitensi ancora frastornati dal ricordo dei «300 bebè strappati dalle incubatrici» e «scagliati per terra come legna da ardere». Facendo quaresima, il presidente statunitense BUSH non si sognò sin dal ‘91, che di rifarsi del brutto affare. E nel ‘92 – di nuovo – moltiplicò, cinicamente, i pretesti mirati a provocare un altro conflitto. Dapprima innondò l’Iraq d’inquisitori delegati dell’ONU, i quali pretendevano di far emergere da ogni buco quelle armi d’una potenza fantastica, che venivano ascritte a Saddam HUSSEIN (mentre ne straripano gli USA!). BUSH esigeva addirittura di scavarle negli scantinati del Ministero di Agricoltura iracheno, e i reperti videro la luce del sole, ma erano solo cavoli e patate! Le centinaia di schizzinosi inquirenti dell’ONU conclusero, alla fine, le ben 14 ispezioni draconiane, affirmando ufficialmente nel rapporto finale da loro redatto, che le ricerche non avevano reso nulla e che non gli risultava esistente alcuna prova di installazioni militari. E neanche rintracciarono il famoso cannone lungo 2 chilometri e destinato, senz’ombra di dubbio, a far stornare al Sig. BUSH le palle da golf o sbalestrare il suo monopattino fuoristrada. Rimasta la bichilometrica bombarda occulta agli occhi del mondo dopo un anno di inchieste accanite, al Sig. BUSH, gli occorreva escogitare un’altra scusa, e lo divenne l’affare degli sciiti...
Tali sciiti appartengono a un clan religioso, diverso dai sunniti, i quali sono musulmani ortodossi. Il tutto, d’altronde, è intricatissimo, scomponendosi gli sciiti in 6 sette differenti e i sunniti – in 4. A 10mila chilometri di distanza, gretto, meschino e ignaro completamente delle traversie politico–religiose degli iracheni, BUSH ritenne scaltrissimo da parte sua inviare dai curdi nell’Iraq Settentrionale e dagli sciiti nell’Iraq Meridionale – alla vigilia della guerra del Kuwait – gli agenti CIA per sobillare queste minorità contro il sunnita Saddam HUSSEIN, intendendo di rovesciare quest’ultimo in quattro e quattr’otto e spezzarne il paese in 3 semistaterelli. Sin dal lancio del suo primo missile nel ‘91 BUSH aspettò, dunque, una rivolta simultanea. In realtà, invece, i curdi e gli sciiti s’agitarono pochissimo. In barba alla doppia trappola e alla distruzione del suo territorio, Saddam HUSSEIN da una barca di guai così neri, se la cavò benone. I curdi del Nord rimasero con un palmo di naso di fronte ai turchi – i loro nemici mortali, ben decisi di stritolarli un bel giorno; e quanto agli sciiti del Sud scatenati dagli agenti provocatori yankee, erano di nuovo impantanati, sguazzando da soli nelle spugnose paludi di Bassorah.
In piena guerra questo duplice tradimento doveva avere, evidentemente, delle conseguenze sul terreno: furono, infatti, arrestati alcuni capoccioni sciiti; uno di loro – si affermava – sarebbe stato impiccato. Triste, ma abbastanza comprensibile. Era ad ogni modo affare politico–religioso interno di uno stato, e riguardava solo il medesimo. Comunque, se sevizie ci furono, eran 100 volte meno severe del trattamento che i finti vincitori francesi e belgi – alleati degli statunitensi – fecero subire nel ‘44 e nel ‘45 a centinaia di migliaia di «collaboratori» trucidati in massa o interminabilmente incarcerati (a Bruxelles il mio Capo dello Stato Maggiore della Divisione Wallonie, ufficiale d’una correttezza esemplare, figlio e nipote dei Ministri della Guerra, languì in galera per 17 anni!). Nell’Iraq Meridionale durante la Guerra del Golfo l’ayatollah Abolkassem KHOEI – per istigazione degli emissari statunitensi – ci costituì un Consiglio provvisorio che avrebbe dovuto sostituire l’Amministrazione centrale, e alla resa dei conti la propria collaborazione, la poté ripagare con la fune di canapa che gli orlò la barba arrossata all’henna. Ma aveva 92 anni, si ritrovò meramente dentro una «residenza sorvegliata» e non gli doverono mancare cure o premure speciali: gli si procurò addirittura uno stimolatore cardiaco! Saziatosi degli anni, il sant’uomo ha finito poco fa col rendere tranquillamente all’Iddio di Maometto la sua bell’anima particolarmente pugnace e battagliera. A paragonare ciò con l’ignominia che nel ‘45 in Francia conobbe il suo equivalente, glorioso Maresciallo d’Armata PÉTAIN, diventato – sull’isola del Re – il più vecchio ergastolano del mondo all’età di 95 anni! Chi mai sentì parlare, all’epoca, d’una qualsiasi portaerei statunitense che minacciosamente venisse ad incrociare in prossimità di quell’ergastolo francese? E a bersagliare con raffiche dei suoi aerei il carcere del più illustre vincitore della Prima Guerra Mondiale? Ahimè, sciita non fu il Maresciallo d’Armata PÉTAIN! Da mezzosecolo oramai il corpo suo è in attesa d’essere trasferito in terra di Verdun – fra i suoi soldati. Ma guarda caso, a Bassorah, non ci schizza mica fuori il petrolio dell’isola del Re!
Piantati in asso nel ‘91, quegli sciiti, dunque, sarebbero dovuti risuscitare nel ‘92. Per mesi e mesi la stampa e la radiotelevisione ne avevano parlato pochissimo, e neanche si sapeva che fine mai avessero fatto, ma poi di botto furon fatti rispuntare a colpi di titoloni in bellissima vista.
Dopo che nel ‘91 aveva fatto cilecca la conquista finale dell’Iraq, e nella primavera e nell’estate ‘92, poi, l’orco Saddam HUSSEIN, presunto occultatore del bichilometrico cannone, fu messo al bando, tutto d’un tratto riemersero a galla i turbanti sciiti, agitati in un batter d’occhio sia in America che in Europa dai cacciabubbole che subissarono di sprecati fuochi d’artificio gli schermi blu mondiali. In effetti, al Sig. BUSH, gli premeva, costi quel che costa, migliorare la propria misera graduatoria elettorale, riesumando il malfattore HUSSEIN ora ridipinto per l’occasione da antisciita! Ed in pochi giorni il Sig. BUSH si rivelò ardente alfiere e paladino dei suoi amiconi sciiti di vecchia data, tanto speditamente mandati nel dimenticatoio nel ‘91! Perché mai, gran Dio, lanciarsi in quella bolgia? Ed intanto che neppure uno statunitense su mille avrebbe potuto fare i nomi delle sette in opposizione ai sunniti e agli sciiti! Poc’importa! A fine agosto ‘92 in alcuni giorni la portaerei statunitense «Independance», fu fiondata in fretta e furia nel profondo del golfo Persico – coi suoi 70 aerei da bombardamento, i quali scorrazzarono per lungo e per traverso l’Iraq sciita e furono poco dopo sostituiti coi Mirage 2000 e Tornados inviati con urgenza dai francesi e inglesi, i vassalli più docili di tutti. Che pagliacciata! Ci s’immaginerebbe, forse, una flotta aerea statunitense sorvolare la Francia repubblicana ai tempi, in cui il Sig. COMBES scacciava dal suo paese migliaia di religiosi e religiose cattolici indigesti al suo anticlericalismo? Ma nell’Iraq del ‘92 – in nome della sacrosanta protezione d’una setta quasi a tutti ignota – gli aerei statunitensi, inglesi e francesi sfrecciavano incessantemente nel cielo, andando in cerca d’un qualche incidente militare che avrebbe consentito di scatenare un nuovo eccidio terroristico! Volevano ad ogni prezzo stanare quell’eretico di Saddam HUSSEIN dal suo covo e falciargli l’erba sotto i piedi! Ansiosi anche di strozzare definitivamente l’Iraq, tagliandogli ogni accesso petrolifero al golfo Persico, feudo oramai degli USA. E Saddam HUSSEIN, ben conscio del fatto, che la lotta sarebbe stata impari e le sue truppe e il suo popolo sarebbero stati stritolati, si mordeva la lingua e dava il tempo al tempo. Ma che pensare, invece, d’un capo di stato, il quale, accorgendosi che l’elettorato sta abbandonandolo, si scaglia in un’insana smargiassata terroristica nell’Iraq Meridionale per poter barattare le consistenti cataste di cadaveri arabi contro qualche magro voto in più a Chicago o Arkansas? Ecco chi è colui che a tal fine risuscita le furiose guerre religiose del XVIÿ secolo punteggiato dai Carli IX e Caterine de’ Medici con un ammiraglio De COLIGNY che rispunta campeggiando sormontato dal turbante sciita! E ciò a rischio di scandalizzare fino all’esasperazione centinaia di milioni di sunniti in Asia e in Africa, o far insorgere – non si sa mai – un conflitto internazionale di un’ampiezza ancor più grande, spingendo gli arabi devoti alla propria fede di nuovo dalla parte dei loro fratelli spirituali dell’Iraq, da cui si distaccarono momentaneamente nel ‘91 sotto le pressioni di BUSH e compagnia bella!
Giusto al contrario, nel ‘92 in piena Europa, quando bisognava por fine alle liquidazioni razziste di parecchi milioni di bosniaci diseredati, per scalogna, di nafta: «Neanche un casco blu statunitense,– rifaceva il Sig. BUSH con un’impassibilità da beccamorti! – sarebbe inviato in soccorso di Sarajevo» – come se i caschi blu ad altro non sarebbero serviti, che a proteggere i percorsi degli autocarri della Croce Rossa carichi di approvvigionamenti umanitari! Col materiale terroristico unico al mondo in possesso agli statunitensi, gli agressori serbi – tanto falsi leoni, quanto miseri di armi sofisticate – sarebbero stati probabilissimamente spazzati via in men che non si dica. Da non scordare che nel maggio ‘41 coi mezzi di gran lunga più scarsi HITLER mandò a fondo l’intera Jugoslavia in soli 10 giorni, dopo che il figlio di CHURCHILL e la spia statunitense DONOVAN avevano ordito contro di lui a Belgrado un colpo di stato particolarmente perfido (a quell’epoca là gli USA non erano neanche in guerra!). Ma stavolta – davanti al dramma bosniaco – il Sig. BUSH, con una sufficienza pressoché ostentata, diceva seccamente: No! La Bosnia non è interessante né dal punto di vista finanziario, né da quello elettorale. Risultato: la si ha condannata a morire. Ed essa non se la caverà. Al contrario, i cadaveri iracheni e, soprattutto, la liquidazione fisica di Saddam HUSSEIN avrebbero aiutato di molto la propaganda elettorale – e la sciabola fu súbito sguainata! Facendo lo spaccone e gonfiando le piume, impugnato il ferro della vendetta, il Sig. BUSH colmava l’aria delle strombettate! Da fine agosto ‘92 i bombardieri volavano attraverso tutto l’Iraq del Sud a getto continuo 24 ore su 24! «Magari – diceva BUSH tra sé e sé – Saddam HUSSEIN opponesse resistenza! E che si potesse colpire forte di nuovo! Un tantinello di sangue iracheno sulle schede elettorali non farebbe affatto male nelle malsicure elezioni novembrine!» Mai nella storia dell’universo si conobbe un’ipocrisia dalle smorfiacce simili. Nel ‘92 da Sarajevo a Bassorah, in spire terroristiche ci si sarebbe dispiegato tutt’un giuoco maligno di rinunce algidamente interessate e dei più marci compromessi spudoratamente religioso–petroliferi!.
Ci siamo: qui la putredine del mondo attuale. Prima legge: il volgare profitto materiale. Poi il disordine, l’impotenza e l’ipocrisia degli stati. – E se sia immorale! L’orizzonte dell’economia è ovunque invaso da ondate d’incubi neri. Sul piano internazionale le fregature s’accoppiano ai ragionacchiamenti sornioni. 20 «Trattati di pace» finti sono stati violati – ogni volta – la stessa identica sera del giorno della stipulazione! Centinaia di scrocconi diplomatici che dilapidano milioni in favolose spese di rappresentanza e ci si pavoneggiano davanti ai fiutoni della TV, con milioni di spettatori impotenti che – di fronte a questi rigiri striscianti – stralunano gli occhi grandi come saliere. Neppure l’ombra d’un programma per ripescare 300 milioni di russi in perdizione! Di fronte all’insolenza sicura degli aggressori serbi l’impantanarsi dell’Europa che va sguazzando nel fango è totale. I caschi blu si dánno da fare, convogliando i camion con le vettovaglie e, a volte, dandosela a gambe! Ognuno sa perfettamente che la Bosnia è spacciata e che i tre quarti ne sono già occupati dai serbi, i quali la svuoteranno dei suoi abitanti e non cederanno mai una spanna del terreno conquistato e «razzialmente purgato»! Perché mai ci s’arrabatterebbero? Lo sanno che, se le democrazie si turbano di tempo in tempo – è unicamente per salvare le apparenze e rassicurare i babbei! E si riuniranno solennemente 100 volte, dandosi appuntamenti per le trattative, di cui si sa benissimo che non ne uscirà fuori assolutamene nulla. E firmeranno dei papiri pesanti e pretenziosi, annullati prima ancora che siano levati i cappucci delle stilografiche. Questo è tutto, e nell’esecuzione di quel pietoso carnevale, non ci si andrà oltre. E’ proprio così. Quello che vi si ha costruito nel ‘45, è codesto mondo odierno, ipocrita, impotente e buffonesco in mezzo alla vera tragedia; è proprio esso, trasudante l’inutilità e nocivo, che voi, giovani europei d’oggigiorno, siete in punto di dover abbattere.
Europa nella meschinità La democrazia, il cui sfacelo vediamo a occhio, è anarchia, sono strade malridotte e con buche, è filibusteria.
Centinaia di avventurieri, retori, dementi infestati di ignoranza, appollaiatisi sugli strapuntini parlamentari e ministeriali, fanno coccodè e la ruota, agitando il vento. Gli stati se la sbarcano, trascinandosi di una bufera in un’altra. I bilanci precipitano a rotoloni in fondo ai baratri spalancati come crateri vulcanici. I debiti nazionali non si calcolano più in milioni, bensì in miliardi, portati via come i granelli di sabbia che segnano i margini dei mari immensi. Pure il crollo dei princípi è del tutto impressionante: l’uomo non ci crede più in un bel niente, tranne che nel quattrino e in null’altro che in quattrino – il Buddha, a cui tutto torna e da cui tutto dipende. L’ideale non è, che uno scherzo! ¡Quiero vivir! – commentano gli spagnoli. Desidero vivere! In effetti, sul suolo che si sgretola ovunque, non ci si vedon più che gambe all’aria. Lo strombazzamento dei sassofoni sta ritmando il crollo, crollo delle nazioni, crollo della morale, crollo del divino e dell’umano. E il tutto – in un’euforia che ciascuno considera reale. La vita – lo sentite voi – fa il bum! E la società! E gli stati ci hanno il naso che sciaguatta nella meschinità.
In mezzo a questo casino, l’Europa amministrativa, detta Mercato Comune, sulle zampettine di tartaruga è subentrata all’Europa unificata dalle nostre battaglie e s’è accampata a Bruxelles. Priva di faccia, è, anzitutto, un conglomerato, un’accozzaglia di circa 20mila funzionari onnipotenti, bilancivori variopinti dai privilegi materiali crescenti a getto continuo. Non li ha eletti alcuna comunità popolare. E’ un congresso di capi ufficio. In tutto quest’affare la democrazia non è che una bolla incolore e inconsistente che alla minima corrente d’aria si spegne e svanisce. Una volta divinizzata, la Democrazia in questo fine secolo ventesimo altro non è, che uno specchietto per le allodole. I partiti politici – rossi, bianchi, gialli o verdi, di sinistra, centristi o di destra che siano – sono tutti uguali e identici nella propria strepitosa inutilità. Erano persino incapaci – dovunque fosse – di stroncare o meramente attenuare la disoccupazione – problema sociale elementare. Al contrario, l’hanno accresciuta favolosamente. Nella loro Europa nana del Mercato Comune ogni anno un milione, 2 milioni di disoccupati in più – sopratutto giovani – agganciano la loro miseria agli attaccapanni dell’economia in fallimento. Gli stati schiacciano le popolazioni – quelle che ancora lavorano! – con le stangate fiscali da sterminio, divorando coi loro sperperi la metà – o più d’una metà – dei frutti della fatica d’ogni artefice audace. Gli stessi partiti cosiddetti «democratici», i quali avrebbero dovuto elaborare una soluzione economica per combattere la miseria in quel terzo mondo che loro medesimi nella loro liberazione bacchettata del ‘45 progettarono come un sacco della spazzatura, sono stati ugualmente impotenti d’affrontare l’invasione multirazziale di massa d’enormi contingenti cenciosi delle popolazioni straniere che per colpa propria hanno perso la bussola, straripando ora tutti i parapetti sociali.
E per soprammercato, codesti liquidatori politici sono tremendamente corrotti – sia per necessità elettorale (in fase nazionale un’elezione – con tutto il suo schiamazzo pubblicitario – costa delle fortune!), sia per bulimia personale o familiare (le consorti, uscite spesse volte da un bel niente e rapidamente abituatesi alle automobili di servizio e ai viaggi gratis et amore a Los Angeles e Tokyo, non vorrebbero mica tornare a far le portinaie o domestiche a giornata!). Anche i politici sguazzano nei marci maneggi, fatture di gentilezza e bustarelle, spillando gli interessi da rapina su contratti di stato, forniture ufficiali, opere pubbliche e su tutte le operazioni, alle quali gli intrallazzoni d’influenza possono allacciarci le loro venali pompe di aspirazione. Sicchè negli elettori – lo possono constatare tutti – i politici altro non suscitano, che un’estenuazione da morire, e in parecchi – una crescente ripugnanza addirittura. Sorgesse domani, in Europa o nelle sterminate distese russe, un riformatore d’ingegno, il quale, scopa in pugno, sapesse proporre alle masse un vero e proprio programma economico–sociale di salute popolare! Allora le mafie pseudodemocratiche vedrebbero spazzare speditamente via il loro pullulamento viscoso di onischi sazi! A quest’ora la democrazia sta sopravvivendo ancora se stessa – valga quel che vale,– solo perché al momento c’è penuria di becchini!.
Dal ‘45 a questa parte lo scacco dato alla democrazia è stato totale: in politica, economia, morale e in vita sociale. E tutto ciò – giusto nel momento, in cui, mezzorovinata e strozzata dalle ambizioni mondiali degli statunitensi che sono pazzi della loro riuscita momentanea, l’Europa sotto pena di perire dovrà far fronte su tutti i campi ad impegni ineluttabili. Il mondo comunista, insensato sin dall’inizio (nel 1917), in quanto basato sulla lotta suicida delle classi, con una selvatichezza delirante ha fatto massacrare decine di milioni di ricalcitranti. Per fortuna, dal ‘42 a questa parte l’ordine europeo ha sempre messo in fuga i Soviet – dal Golfo Finnico fino alle vette dei picchi caucasici. Da allora ben 20 popoli dell’Est sono riusciti a farsi salvare senza l’imbecillità criminale degli americani di ROOSEVELT che subissavano STALIN di materiale bellico altamente distruttivo. Le bande alleate, infatti, non solo consentirono a questo tiranno di vincere la Seconda Guerra Mondiale, ma da regalo inaudito gli consegnarono per giunta – nel maggio ‘45 – tutt’Europa Est, e bisognò attendere pressoché un mezzosecolo affinché gli schiavi di Varsavia, Praga, Bucarest, Sofia e dietro a loro in seguito tutti i popoli della Russia riuscissero da sé stessi ad ottenere libertà, senza che un solo governo «democratico» dell’Ovest li avesse aiutati in checchessia a far saltare le loro garrotte.
Ed ora si tratta di ristabilire ordine in quel favoloso campo di rovine. Soltanto per riassestare la Germania Est, fra l’89 e il ‘92 la Germania Ovest s’è dissanguata dandosi fondo alle vene: da rifare era tutto, gli obsoleti stabilimenti inquinanti l’ambiente ed allestiti dai Soviet, appestavano l’aria; le loro macchine vetuste erano incapaci di sostenere alcuna concorrenza moderna. Si ha dovuto demolire ogni cosa e trovare migliaia di ricostruttori privati non sprovvisti d’audacia, mentre che nel frattempo le masse operaie, ridotte alla disoccupazione nel corso degli anni della ricostruzione, ora potrebbero sussistere fisicamente solo grazie alle indennità che raggiungono delle somme astronomiche. Si badi soprattutto che l’operaio della Germania Est, disinteressato lungo i 50 anni per ogni iniziativa personale e ucciso in nuce dall’egualitarismo sovietico, ha perso quell’antico gusto di lavoro ben fatto alla maniera tedesca che il lassismo comunista e l’assenza di qualsiasi incentivazione avevano scioccamente dilapidato. E’ tutt’un tessuto sociale, quello che andrebbe riordinato, come se prima non fosse mai esistito – un’opera immane. La Germania Ovest, però, ridiventata opulentissima e intraprendentissima, a quest’opera da giganti, ci ha dedicato tutte le proprie forze, facendo valorosamente fronte alla prova molto, ma molto difficile, ragion per cui dovrà ancora faticare per anni sudando sette camicie, prima che avrà reso vitalità e dinamismo a quella Germania Est che è stata totalmente snaturata dopo il ‘45 per l’aberrazione staliniana e che gli Alleati medesimi avevano messo su alla fine delle ostilità.
Ciononostante, la Germania Est è stato il paese meno arretrato fra quelli dominati dall’URSS, rappresentando, al tempo stesso, non appena una ventesima parte di essi (19 milioni d’abitanti sui 400 milioni!). Chi, quando e come si assumerà l’incarico di rimettere in piedi i restanti 19 ventesimi, completamente scardinati ed in preda all’incoerenza? Quindi, se non li si salva rapidamente e con un’efficienza tutt’esemplare, saranno sommersi dall’anarchia... Ed allora?... Li ne tireranno fuori gli USA? Proprio coloro, cioè, che durante la Seconda Guerra Mondiale in maniera così sostanziale aiutavano STALIN ad affondarli?... Ma se loro stessi sono in piena crisi economica, e nello scarso sforzo mondiale volto a prestar aiuto ai popoli della Russia nel ‘91 la partecipazione statunitense ha inciso del solo 3%, il che é quasi insignificante! Gli USA, costituendo la nazione più materializzata sulla Terra, per assicurarsi le ricchezze petrolifere del Kuwait – sì che hanno mobilizzato gli uomini e il denaro di tutt’il mondo, ma quello era un investimento, e mica un’opera filantropica. Caso mai, li indurrebbe nella tentazione, forse, il petrolio siberiano – nell’interesse dei megaprofitti del loro ipercapitalismo USA dai denti di pescecane e per la massima gloria del loro nuovo «ordine mondiale»? O che sarà così? Ad ogni modo, l’ex URSS non significa solo petrolio, essendoci lì non unicamente dei barili da riempire, ma anche ben 300 milioni d’esseri umani da sfamare e richiamare in vita.
Ed è, davvero, l’Europa, proprio quell’Europa vacillante d’oggigiorno, che avrà da fare l’essenziale, lo voglia o no. Abbiamo, dunque, visto che il ristauro dell’URSS in rovine rappresenterebbe uno sforzo almeno 20 volte superiore a quello che attualmente sta facendo la Germania Occidentale. Quest’ultima a tal fine ha dovuto svuotare le proprie casse. Potrà, forse, riempirle e rovesciarle 20 volte di più per risuscitare economicamente e industrialmente il gigantesco spazio russo del tutto indispensabile per un’Europa forte? E al di fuori della Germania, chi? La Francia diffidente – e ben la si capisce – è perennemente attaccata ai propri quattrini, e già esita d’accogliere un pugno di rifugiati croati e bosniaci, intanto che la Germania – malgrado tutte le sue preoccupazioni – ne ha accolti, con una generosità criticata, più di 200mila! Allora, ripescherebbe domani 300 milioni di bancarotti dell’Est?... Gli inglesi?... Questi qui ci hanno le pieghe dei pantaloni impeccabili, gli ombrelli rigidi come bastoni dei bovari e le loro donne portano i cappelli infioccati di nastri e maestosi come i transatlantici. A parte ciò, i loro portafogli sono gualdrappati di elastici! D’altronde, precipitano solennemente rotolon rotoloni pure loro, dopo che CHURCHILL, sborniandosi e scoreggiando, ha svenduto il loro impero nel ‘45... Chi altro, a prima vista, avrebbe voglia di darsi da fare? sopratutto, di «sborsare»? Si moltiplicano le conferenze schiamazzanti a più non posso, che non partoriscono mai altro che embrioni.
La collaborazione finanziaria coi russi frastornati è consistita tuttora solo in mancette, scucite obtorto collo dai rastrellaquattrini ad un GORBACIOV e un ELTSIN, i quali trottavano, frugando per vari Paesi, la scoppola nella mano tesa...
I miliardi della droga e il futuro della Russia E poi?... Viene da domandarsi, se sarà il gigantesco consorzio della droga – uno dei più potenti al mondo – quello che in fin dei conti prenderà in mano le enormi terre intorpidite dell’ex URSS... Di primo acchito potrebbe sembrare bizzarro, però non lo è affatto. La mafia mondiale degli stupefacenti possiede miliardi di dollari provenienti da mille gigantesche frodi e stende i suoi tentacoli dappertutto. Se ne troncano alcuni di qua e di là, ma senza ottenere risultati molto significanti. Cionondimeno, attualmente sia in Occidente che in America la mafia si sente braccata: si sorvegliano le banche, il lavaggio del denaro olezzante ed i trafficanti che saltano un po’ troppo agli occhi. Non si ha impedito, sicuramente, che la droga diventi una delle industrie più ricche e fruttuose dell’universo mondo, né che tale industria abbia fatto guadagnare, quest’anno, più denaro di non importa quale gruppo industriale. Eppure, dopo assestato un certo numero di colpi contro di essa in Occidente e negli USA, nell’ambito europeo dei marci maneggi della droga, ci s’è imposta una certa prudenza. E’ allora, esattamente, che la mafia degli stupefacenti ha scoperto le immense possibilità nuove nella Russia devastata. La legge del libero mercato, concessa ai russi, ha facilitato il traffico delle droghe, dette «leggere», di cui i raccolti vi coprono 35 volte più spazio che nel Marocco, il quale, però, da solo e in maniera pericolosissima rifornisce l’intera Europa. I confini della nuova unità russa passano vicino a tutt’una serie di paesi produttori di droghe pesanti, particolarmente – presso l’Afghanistan, che ne è il più importante fornitore nel mondo. Essendo stati una volta tali traffici più o meno sorvegliati, ora invece le frontiere orientali altro non sono, che un colabrodo, e permettono la penetrazione all’interno della Russia – vuol dire verso la mafia – degli stock di droghe pesanti di una mole inimmaginabile mai prima. La mafia internazionale che non sapeva più dove investire ancora le proprie montagne di miliardi ha così in un anno individuato il paese della cuccagna, il quale – contro i suoi angelici, anzi archiangelici assegni – le forniva contemporaneamente un campo di manovre, la mercanzia e le reti nuove di zecca per espandersi verso l’Occidente.
In tal modo, quei marci capitali sono in punto di provvedere l’ex URSS di una parte sostanziale dei miliardi che la sua risurrezione esige e che tutte le democrazie le rifiutano – gentilmente, beninteso,– ma con un egoismo e una mancanza di visione politica sorprendenti. Codesta fase è oramai superata. Di recente, solo alcuni mesi fa, la mafia s’è resa conto che questo rifugio immenso e quasi invulnerabile potrebbe consentirle di fabbricare oltre alle droghe naturali, pure quelle chimiche, di gran lunga più mortifere. Numerosi stabilimenti sovietici sono dismessi, e migliaia di ingegneri e scienziati, avendo perso la loro condizione precedente ed essendo cacciati nella miseria più nera, dovevano lasciarsi tentare. Gli si offrivano delle laute ricompense – a coloro, cioè, che nel miglior dei casi mai guadagnavano più dell’equivalente di 7 dollari USA al mese (nell’agosto ‘92 il rublo valse 205 volte meno d’un dollaro USA), e parecchi si sono lasciati imbrogliare e ci han ceduto. In Russia l’industria delle droghe chimiche sta per assumere delle dimensioni favolose. Essa vizia la gioventù russa che viene già sospinta dalla miseria verso le evasioni pericolose e che la TV alla moda nuova, piena zeppa dei film statunitensi imperniati sulla violenza e sulla droga sta intossicando tragicamente. Il traffico è andato molto più lontano – verso la Polonia, ove contaminava già gravemente la popolazione, e verso la Cechia. Da lì, in un anno o due, è passato in Germania, e poi – in tutt’Europa. Quest’ultima nutriva una vaga speranza di poter contenere le masse degli stupefacenti provenienti dall’America e dall’Africa, malgrado che la mafia impiegasse tutti i sotterfugi per camuffarli, presentandoli alle frontiere persino sotto forma di finti legumi secchi color naturale. Ma i democratici occidentali – e gli USA – forniscono per niente alla mafia un formidabile trampolino nuovo, lasciandola sostituirsi – nell’ambito finanziario – all’Europa in Russia, ed in tal modo le droghe di origine vegetale e chimica provenienti dall’Est potranno prossimamente sommergerli tutti.
Un particolare supplementare: approfittandosi dell’abandono in cui permangono le vaste distese intorno alla Centrale elettronucleare di Cernobyl, pure là le piantagioni di papavero hanno alzato i loro fiori della morte, essendo, però, smisuratamente enormi, simili ai grandi garofani allargati che s’innalzano sugli steli alti un metro e mezzo.
Si badi, che questi terreni danneggiati da emanazioni d’origine nucleare sono impregnate delle sostanze radioattive, le quali favoriscono in maniera sensazionale la crescita di tali garofani di papavero dalle misure del tutto abnormi! Ho visto le foto di queste piante gigantesche. E’ tremendo. La droga arrivata da Cernobyl produrrebbe nel mondo le scelleratezze supplementari che andranno ad aggiungersi a tutte le altre? Si conosce la mafia mondiale degli stupefacenti, le sue possibilità pressoché illimitate, la forza della sua organizzazione segreta e il cinismo dei suoi crimini. E voi, giovani d’Europa, n’eravate la preda, già attesa in agguato da quei trafficanti di sciagure, i quali in seguito al fallimento comunista stanno per disporre d’un potenziale produttivo straordinario. Un domani la Russia e il suo prolungamento – l’Europa – sono sul punto di conoscere un boia nuovo che succederà a LENIN e a STALIN appena rovesciati. Chi – fra tutti i nostri paesi stremati – avrebbe mai supposto l’apparizione di un tale concorrente: la Russia, addirittura, che ha subíto uno scacco ed è affamata e pronta a tutto? Invece è qui, mentre altri concorrenti non ci sono. Tale è la verità e la minaccia terribile per il futuro prossimo – una in più...
Aspettando senza decidere niente, l’Europa si disonora, impantanata com’è da 2 anni a questa parte e sguazzando nel fango della putrefazione russa e sui Balcani convulsi, e sia nel primo che nel secondo caso è riuscita a fare una pietosa cagata. Gli USA agganciano i propri missili alle stive degli aerei spia dell’«Independance» e schierano centinaia di cacciabombardieri in Arabia Saudita nella ferma intenzione d’ottenere – costi quel che costa – una risposta che gli consentirebbe di concludere vittoriosamente la loro guerra terroristica nel golfo Persico! Da non scordare che, spingendo forzatamente la via del petrolio fino a Bassorah, BUSH renderà un giorno o un altro accessibili al integralismo isdraeliano i vasti spazi del Nilo–Eufrate, a cui i loro profeti hanno sempre sognato, sicché quest’avventura di Bassorah risulta estremamente allettante. Per cattivarsi definitivamente – oltre all’elettorato avverso a Saddam HUSSEIN – pure quell’ebraico, talvolta reticente, BUSH non ha esitato a prorogare un avallo finanziario fantastico di 10 miliardi di dollari USA all’Israele, nel contempo più d’una volta condannata dall’ONU per le sue spedizioni brigantesche in Palestina, a Jaffa, nel Libano e in Siria. Già prima dell’avallo recente dei 10 miliardi di dollari USA un israeliano riceveva ogni anno dagli Stati Uniti un sussidio 300 volte superiore a quello d’un africano! C’è da domandarsi, di quale paese sarebbe presidente il Sig. BUSH in futuro: quello degli USA? Dell’Israele? O di tuttedue insieme?...
I bosniaci e i croati vengono sterminati a mitragliate dai serbi. 2 milioni e 500mila uomini, donne e bambini sono scacciati dal loro suol natio. L’Israele, invece, è grossa e grassa, luccicante come un vitello d’oro: per le lobbies ebraiche negli USA, gli conta solo quello! Gli ebrei della Russia vogliono sfuggire l’ex URSS, prendendo rotta verso la messianica Israele. Nel ‘92 si sono visti stanziare dagli USA 10 volte più dollari USA che non ne hanno ricevuti i 400 milioni di abitanti dei vari popoli della Russia e dell’Est messi insieme! Questi ultimi, invece, aspetteranno in vano che nel quadro dell’«ordine mondiale» del Sig. BUSH s’intraprenda a tirarli fuori dal disastro! Costui ha altre gatte da pelare, altri bidoni di petrolio da riempire e altri ebrei da coccolare. Nella Casa Bianca, allo sportello degli iracheni e dei bosniaci, c’è attaccato un gran cartello: «CLOSED»! Chiuso! Voler penetrare oltre vuol dire avere la certezza di farsi rompere il naso. Europei, non insistete: qui l’affare è regolato una volta per tutte.
La potenza dell’Asia e il dramma dell’Africa Completamente sprofondati nella gran bassezza da noi descritta, i mestieranti dell’Europa Est e di quella Ovest, così come i predatori degli USA (continuasse o meno quella zucca del Sig. BUSH a rigirare per la Casa Bianca come in un vaso d’aceto) sin da ora hanno da affrontare all’estero le consistenti forze nuove che con molta probabilità daranno loro un fastidio mortale nel corso del prossimo secolo. In effetti, il XXIÿ sarà, anzitutto, il secolo dell’Oceano Pacifico. E non solo quello del Giappone, Corea, Taiwan, Hong–Kong e Singapore, fertili di espedienti e già in piena fioritura, bensì pure il secolo d’un milione e mezzo di cinesi operosi e sobri, portatori – nel proprio intelletto – della sintesi di parechi millenni d’anni di altissima civilizzazione. Sviati sotto MAO per 50 anni di marxismo, i cinesi hanno ricominciato molto saggiamente, riscuotendo successi dapprima nella loro modernizzazione economica, invece di fare stoltamente – come dei GORBACIOV e degli ELTSIN – una rivoluzione politica, automaticamente condannata al fiasco, in quanto era già svanita l’essenza stessa di questi paesi e poiché in sostituzione del comunismo si offrivano loro soltanto dei modelli desueti, corrotti e falliti già dappertutto. I cinesi hanno agito al contrario di Mosca, ricostruendo l’economia prima di giocare ai riformatori politici, inventando dei metodi avanzati, come l’avevan fatto i giapponesi, e creando – come questi ultimi – una solidarietà sociale che raddoppia tanto il rendimento del lavoratore, quanto quello dell’industriale. Risultato: una volta ristrutturatisi, i cinesi entro 25 anni potranno raggiungere con le proprie vaste schiere la massa dei 2 miliardi degli asiatici tenaci e in possesso della tecnica più avanzata del mondo. E tutti insieme faranno sorgere la loro ricchissima unità di fronte ad un’Europa delle «democrazie», scarsamente congiunta oppure disgiunta e cinque volte meno numerosa, dal sangue depravato dall’AIDS e incancrenita da milioni di insoliti neoarrivati che fuggono dall’Africa o s’infiltrano dall’Est. Tale Europa sarà svuotata per giunta del senso morale, d’un ideale sociale e di confidenza in sé stessa. E non avrà più peso.
Malgrado tutto, non possiamo mica impigrirci scioccamente nel nostro vermicaio europeo; dobbiamo trarre le lezioni: quelle della digestione pertinace, delle scoperte tecniche e dei modi sociali tanto efficienti del mondo giallo. E il tutto – sotto pena di perire...politicamente squilibrati?
Slittando nella propria stridente bulimia, gli USA (pure essi, finalmente, dissanguati smorti dai deficit astronomici) regali, non ne faranno, se i medesimi non frutteranno. Ma che cosa mai potrebbero fruttare? Lasceranno alle ex colonie alcuni scarti agricoli comunemente invendibili – tutte storie per salvare le apparenze,– e subito dopo il rubinetto si richiuderà. Presa per la gola dai suoi propri problemi, l’Europa non fuorvierà esageratamente – essa non più – su quelle distese immense, prossimamente desolate. La Croce Rossa, i medici volontari e quelle poche forniture caotiche di ranci da sopravvivenza per il 2 o il 3% degli africani bisognosi non saranno che dei miseri pannicelli caldi somministrati sulle ossa sezionate. Ed in ciò di nuovo si vede, quale è stata la follia dei vincitori nel ‘45, che alla cieca gettavano un quarto dell’umanità nell’abisso. Russia, Asia ed Africa: problemi giganteschi, che il 6% degli europei dovrà affrontare durante tutto il secolo prossimo.
Il passato e la felicità Il passato è stato liquidato sotto i nostri propri occhi. anni fa il mondo operaio, pur malpagato, godeva d’una certa stabilità. Non c’erano splendide banche ad ogni 30 metri delle viuzze popolari, ma le modeste economie di carattere quasi generale assicuravano parecchia serenità. In quanto al contadino, col suo grano, cavoli, olive, carote e maiali più o meno se la cavava benone e si recava al suo campo, canterellando un antico ritornello, in groppa al suo ciuccio dalle orecchie drizzate come megafoni. Fu l’Europa dei campi, di quelli puri e semplici, nido e sussistenza della vita. Nella Prima Guerra Mondiale più della metà dei morti «caduti per la Francia» o «caduti per la Germania» furono contadini. E ciò non è quasi più credibile. Eppure era proprio così: più del 50%. Attualmente nelle campagne, i villani rimanenti ci fanno il 7% della popolazione. E anche questo è provvisorio: fra poco in tutt’Europa non ce ne sarà più del 5% o del 4%. E saranno minacciati per giunta d’essere sommersi di immense eccedenze statunitensi a prezzi ribassati. Le popolazioni rurali rappresentando un peso sempre crescente per gli stati, non potranno più sussistere in Europa, che a colpi di sovvenzioni, le quali incidono soltanto del 60% degli aiuti accordati dai cassieri del Mercato Comune. Gli agricoltori fanno oggi negli Stati Uniti solo il 3% della popolazione.
E si tratta, inoltre, di un ceto contadino incrinato che s’è industrializzato quasi del tutto e ce la fa a tirare avanti materialmente unicamente a forza di tostare, macinare, triturare o surgelare i prodotti, i quali vengono ottenuti in fretta dalle catene di produzione e per via della speculazione, hanno perso il loro sapore e sono imballati in plastica bell’e luccicante, buona solo ad adescare gli acquirenti. Prima della Seconda Guerra Mondiale il mondo dell’agricoltura costituiva l’essenza stessa dei popoli europei, i quali curavano con uno zelo geloso la bellezza e la qualità dei podotti dei loro raccolti – dei veri capolvori di pazienza, intanto che a ora, invece, si sentono sommersi dal mercantilismo statunitense. Dal canto suo, il lavoratore delle città è stato trasformato in un complemento imperfetto della macchina che lavora meglio di lui, più veloce di lui e prende spesso il suo posto. Acquistare una macchina supermoderna significa poter impiegare il 50% di operai in meno, vuol dire creare il 50% di disoccupati in più. La macchina sarà l’inumana padrona del XXIÿ secolo.
Prevedendo un licenziamento sempre possibile del lavoratore, in migliaia di focolari familiari è stato necessario raddoppiare la capacità di sopravvivenza, mettendo all’opera la donna, perché il suo salario serva di compensazione nel caso, se quello dell’uomo venisse un giorno a mancare. Da qui il disordine nei rapporti intimi: la stanchezza delle coppie, la noia di fronte ai lavori domestici, scontri d’incomprensione fra i caratteri estenuati, divorzi e bambini ogni volta meno numerosi ed affidati agli anonimi asili nido. Eppure a tutti i piccini è necessaria la tenerezza – alimento insostituibile per l’equilibrio infantile. Il costante utilizzo, d’altronde, dei supermercati, diventati un indispensabile complemento dei focolari a doppio introito e dei bimbi declassati, ha eliminato quell’essenziale elemento stabilizzante della società, il quale è rappresentato dai milioni di imprese commerciali di modeste dimensioni, annunciando la scomparsa delle classi medie. Lo stato è divenuto il mostro finanziario del mondo contemporaneo che gratta a grandi rastrellate una parte d’anno in anno maggiore degli utili famigliari, spesso artificiosi, ma cionondimeno faticosamente acquisiti, anche se un qualunque sussulto economico può improvvisamente spiaccicarli. L’umanità si crede libera; ma in che cosa lo è? – L’ipercapitalismo domina la società. E’ una nuova forma di schiavitù, di cui le dorature non celano per nulla la crudeltà. Un tempo un povero – se povero era – poteva più o meno reggere al colpo, e ci bastava ben poco. Oggigiorno, invece, l’implacabile asprezza della vita moderna coi suoi consumi esasperati e spese in continuo incremento soggioga o soffoca un diseredato. L’uomo intimamente onesto finisce per essere ritenuto un sempliciotto, prendendoci il sopravvento colui che è il più maligno, il massimo faccendiere, il meno scrupoloso. E se i soldi mancano, si prendono in prestito, ben al di là delle proprie possibilità e col rischio di venir tiranneggiati – messo il coltello alla gola – dai propri creditori. Per i 9 decimi delle famiglie le carte di credito sono diventate dei passaporti falsi per il tranello teso dalla ricchezza, la quale ci sfugge ogni volta, sicché si vuole sempre acchiapparla di nuovo.
Un giovane non capisce neppure che un tempo si poteva vivere altrimenti. Teoricamente la vita moderna è, ben certo, più agiata di una volta, ma – solo per alcuni: essa respinge, infatti, all’inferno i popoli interi non evoluti. Quanto alla maggioranza degli uomini e donne che lavorano sodo, sono ricchi solo del denaro, il quale svanisce e gli scappa fra le dita, dileguandosi come l’acqua sotto l’arena.L’uomo moderno si sposta dentro milioni di automobili–ripostiglio che gli dánno l’illusione di evadere dalla realtà, ma le vie così percorse ci traviano: le città più sovrappopolate sono appestate dall’asfalto, mentre l’aria ci sporca i polmoni ed insozza il sangue, e nei nostri viali rumorosi, gli ultimi uccellini ci fuggono dagli alberi pure contraddistinti dal fogliame stinto. Dappertutto gli stabilimenti buttano in alto i fumi nerastri inquinanti e sempre più asfissianti. Nel secolo prossimo, poi, ci saranno delle fabbriche piazzate persino nei più slontanati campi di riso o di manioca nel Laos, dai manciù e in Polinesia. L’immenso scompiglio umano si sta precipitando da ogni parte, come un flusso acqueo puzzolente e rancido, e la natura stessa è diventata rondine dalle ale floscie. Di fronte alle difficoltà quasi sovrumane che attendono l’ingresso dell’Europa nel XXIÿ secolo c’è da chiedersi, se esse saranno almeno alleviate dalle nuove scoperte, le quali potrebbero offrire dei mezzi straordinari per reagirci?... – Quesito capitale!!!
FINE PARTE PRIMA
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento