Chi ci separerà dall'amore di Cristo? (Rm 8,31b-35.37-39)
“ Fratelli, se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui? Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio giustifica. Chi condannerà? Cristo Gesù,
che è morto, anzi, che è risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi? Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcuna altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, Nostro Signore. “
S. Paolo conclude qui, con parole commosse, la sua meditazione sul piano di salvezza e, in particolare, sul dono dello Spirito, effuso nel cuore dei cristiani. Nei vv. 31-33, l’opera di salvezza compiuta da Dio in Cristo è sintetizzata in quel “per noi”;, espressione che appare due volte riferita a Dio e una a Cristo.
Sapere che Dio e Cristo sono per noi, sono dalla nostra parte, così come lo era lo Spirito (cfr. Rm 8,26), dà coraggio al cristiano. S. Paolo ripete così il suo messaggio sull'amore di Dio che già appariva nell'indirizzo della Lettera ai Romani, quando definiva i suoi destinatari come «amati da Dio» (cfr. Rm 1,7). Sul tema dell'amore di Dio era poi tornato successivamente, con indimenticabili espressioni: «La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori... Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi» (Rm 5,5.8). Ora l'amore di Dio, divenuto visibile nel dono che il Padre
fa di suo Figlio nella croce, è contemplato nelle conseguenze che riguardano la vita presente del cristiano. Anzitutto è sconfitta l'immagine di un Dio adirato, che deve essere temuto dall'uomo e placato con impossibili sacrifici. Il triplice «per noi» (vv. 31.32.34) è sottolineato da Paolo per ribadire come il credente non possa avvicinarsi con angoscia al suo Dio, ma debba essere mosso a fiducia nel suo indefettibile amore.
Eliminata così la paura più radicale, e cioè che Dio sia un giudice inesorabile per questa umanità peccatrice, vengono superati anche i timori che riguardano gli affanni presenti, come le ansietà per le tribolazioni, per le
ristrettezze economiche, per l'incertezza del futuro, per la morte (v. 35). Anche le apprensioni per forze misteriose, incontrollabili (vv. 38s.), sono fugate dalla certezza della potenza dell'amore di Dio, manifestatosi
in Cristo.
Il brano si conclude allora con il tono trionfale di un inno di lode, perché il cristiano non è soltanto “vittorioso” ma
addirittura “stravincitore”; (v. 37) nelle varie difficoltà: «Nulla potrà mai separarci dall'amore di Dio, in Cristo
Gesù, nostro Signore» (v. 39).
“Trattami pure male” diceva Lucia al marito “Dio è dalla mia parte, Dio mi ricompenserà “. E lui bestemmiava, acido e irraggiungibile.
La scena si ripeteva ogni mattino, quando lei faceva suonare la sveglia alle sei per andare a messa; e lui urlava: «Mi svegli e potrei dormire ancora mezz'ora, con la fatica che mi aspetta poi al lavoro!». E giù bestemmie a quello che lui chiamava“ il tuo Dio ”. Lucia credeva proprio di avere ragione: anzi il livore e le bestemmie del marito, diceva, non la toccavano. Forse le davano l'ebbrezza di essere “ perseguitata “. Ma un mattino, su consiglio di un prete attento, la sveglia così perentoria non suonò. «Non ha suonato», lui le disse, quasi se l'aspettasse. «E non suonerà più», disse lei allegramente: «andrò a messa pian piano se per caso mi sveglierò». Lui fece finta di niente: un mattino, due, tre, poi sbottò: «Ma Dio non è più dalla tua parte?».
Sì, Dio era dalla parte di Lucia, cioè del suo matrimonio. Quale Dio? Colui che «non ha risparmiato suo Figlio, ma lo ha dato per tutti noi» (v. 32): non il Dio che ci serve per avere ragione (perfino quando l'abbiamo!), non il Dio che si impone con sveglie più o meno perentorie o con le nostre ansie di fare (e far fare) ciò che abbiamo in testa, bensì il Dio che dona, che non risparmia (altro che solo una bella idea!) nemmeno ciò che ama di più: il Figlio.
Questo è il Dio che ci fa vincitori nel farci assomigliare a lui: disposti a donare quanto di più prezioso abbiamo o magari anche (soltanto?) un nostro puntiglio, un nostro punto di vista. E così scopriamo che «nulla ci può
separare dall'amore di Dio»: nemmeno le (momentanee) incomprensioni dell'altro/a o le provocazioni o i fallimenti di un figlio o le “ persecuzioni “ di suocero o nuore o cognati o fratelli.
Meraviglioso amore che continua ad abilitarci a donare, se lo vogliamo, piuttosto che a pretendere!
Se l'albero conosce la solidità delle proprie radici, resta sicuro anche nella tempesta; se Cristo è morto e risorto per noi e se noi restiamo in lui, come possiamo ancora temere per il nostro amore? Radica, o Signore, in noi questa certezza, rendila più forte di ogni filtro d'amore, più forte della fiducia nei nostri sentimenti di oggi, più forte di tutte le nostre armi, più forte della morte (cfr. Ct 8,6).
Lo stesso fra Leonardo riferì che un giorno il beato Francesco, presso S.Maria degli Angeli, chiamò frate Leone e gli disse: «Frate Leone, scrivi».
Questi rispose: «Eccomi, sono pronto».
«Scrivi », disse, «quale è la vera letizia ». «Viene un messo e dice che tutti i maestri di Parigi sono entrati nell'Ordine; scrivi: non è vera letizia. Così pure che sono entrati nell'ordine tutti i prelati d'Oltr'Alpe,arcivescovi e vescovi, non solo, ma perfino il Re di Francia e il Re d'Inghilterra; scrivi: non è vera letizia. E se ti giunge ancora
notizia che i miei frati sono andati tra gli infedeli e li hanno convertiti tutti alla fede oppure che io ho ricevuto da Dio tanta grazia da sanar gli infermi e da fare molti miracoli; ebbene io ti dico: in tutte queste cose non è la vera letizia».
«Ma quale è la vera letizia?».
« Ecco, io torno da Perugia e, a notte profonda, giungo qui, ed è un inverno fangoso e così rigido che, all'estremità della tonaca, si formano ghiaccioli d'acqua congelata che mi percuotono continuamente le gambe fino a far uscire il sangue da siffatte ferite. E io tutto nel fango, nel freddo e nel ghiaccio, giungo alla porta e, dopo aver a lungo picchiato e chiamato, viene un frate e chiede: “ Chi è “ Io rispondo: “ Frate Francesco “.
E quegli dice: “ Vattene, non è ora decente, questa, di andare in giro, non entrerai “.
E poiché io insisto ancora, l'altro risponde:
“ Vattene, tu sei un semplice e un idiota, qui non ci puoi venire ormai; noi siamo tanti e tali che non abbiamo
bisogno di te “.
E io sempre resto davanti alla porta e dico: “ Per amor di Dio accoglietemi per questa
Notte “.
E quegli risponde: “ Non lo farò. Vattene al luogo dei Crociferi e chiedi là “.
Ebbene, se io avrò avuto pazienza e non mi sarò conturbato, io ti dico che qui è la vera letizia e qui è la vera virtù e la salvezza dell'anima “. (Fonti francescane, Editio Minor, Assisi 1986, 144s.).
Traducete nella vostra vita questa parola: nulla «potrà mai separarci dall'amore di Dio» (Rm 8,39).
La vita è un'opportunità, coglila.
La vita è bellezza, ammirala.
La vita è beatitudine, assaporala.
La vita è un sogno, fanne una realtà.
La vita è una sfida, affrontala.
La vita è un dovere, compilo.
La vita è un gioco, giocalo.
La vita è preziosa, abbine cura.
La vita è una ricchezza, conservala.
La vita è amore, godine.
La vita è un mistero, scoprilo.
La vita è una promessa, adempila.
La vita è tristezza, superala.
La vita è un inno, cantalo.
La vita è una lotta, afferrala corpo a corpo.
La vita è una tragedia, accettala.
La vita è un'avventura, rischiala.
La vita è felicità, meritala.
La vita è la vita,difendila.
(Madre Teresa di Calcutta).
martedì 18 novembre 2008
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1 commento:
Chi ci separerà dall'amore di Cristo? Ricordo ancora l'appassionato stupore del mio cuore quando lessi per la prima volta, da sola, meditandole, queste parole. Dinanzi ai miei occhi si dischiuse un panorama infinito d'amore, in cui vivere, muoversi, esistere, rimanendo nel Cuore di Dio.
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