Eccomi, Signore, nuovamente in ginocchio, abbattuto come un albero dalla grande bufera. Tu forse mi hai atteso per anni a questa umiliazione suprema.
Il cuore non resiste più
Ho cercato di stordirmi nel fiume ininterotto della mia attività, e invece mi riscopro sempre cosciente. Volevo dimenticarmi, darmi assente, scoprire la gioia dell'incoscenza, e invece sono ancora più presente di un tempo e mi sento un incubo oscuro.
Ora risalirò ancora le strade dell'infanzia, vorrei quasi dire le strade della magia. Starò qui, alla finestra, ad attendere che il sole rinasca e m'incendi.
Ti saluterò ad ogni alba con la penna in mano, come altri tengono in mano la vanga o la cazzuola. E insieme riprenderemo il nostro lungo dialogo, come allora, quando ti pregavo scrivendo: per quel bisogno di sincerità e per non contraddirmi, secondo la legge nascosta nell'essere delle cose.
Ho bisogno di scavarmi e di aprire un sfogo al cuore che mi fa grande pena; ho bisogno della parola vivae profonda, e perciò mi fermerò a evocare dalle oscurità quelle sillabe che ognuno ode nel silenzio.
(Padre D. M. Turoldo)
sabato 29 novembre 2008
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
2 commenti:
non conosco Padre Turoldo.
queste parole sono uno spaccato del cuore. sei anche tu in questa situazione?
un abbraccio nel Signore.
si.
Posta un commento