mercoledì 23 dicembre 2009

Auguri di un Santo Natale!


Auguri di un felice Santo Natale. Come tutti gli anni continuiamo a leggere le fesserie sulla falsa data della nascita di Cristo, solstizi, divinità pagane, ecc.
Quest'anno una bella notizia, giunta dallo studio dei rotoli di Qumran, ci riempe tutti di gioia: la data del 25 Dicembre ha trovato una prova storica sulla sua veridicità. Del resto i pagani festeggiavano il solstizio il 21 e non il 25, già in questo c'era un falso e un abuso della parte avversa.

Buon Natale.

Nei Tre con la Mamma!

Giovanni della Trinità

mercoledì 18 novembre 2009

Notturno nuziale

Quando tu venisti, una notte, verso il suo letto, al buio,
e le dicesti, piano, già sopra di lei: Non ti vedo, non ti sento.
E la ghermisti con artiglio d'aquila, e tutta la costringesti nella tua forza
riplasmandola in te con tal furore ch'ella perdette il senso d'esistere.
E uno solo in due bocche fu il rantolo e misto fu il sangue e fu il ritmo perfetto,
e dal balcone aperto la notte guardava con l'occhio d'una sola stella
rossastra,
e il sonno che seguì parve la morte, e immoti come cadaveri
la tristezza dell'ombra vi vegliò sino all'alba.

(Ada Negri)

Il dono

Il dono eccelso che di giorno in giorno
e d'anno in anno da Te attesi, o Vita
(e per esso, lo sai, mi fu dolcezza
anche il pianto), non venne: ancor non venne.
Ad ogni alba che spunta io dico: "È oggi":
ad ogni giorno che tramonta io dico:
"Sarà domani". Scorre intanto il fiume
del mio sangue vermiglio alla sua foce:
e forse il dono che puoi darmi, il solo
che valga, o Vita, è questo sangue: questo
fluir segreto nelle vene, e battere
dei polsi, e luce aver dagli occhi; e amarti
unicamente perché sei la Vita. (Ada Negri)

martedì 20 ottobre 2009

Ho esagerato!

SORELLINA PERDONAMI!!!!!!

domenica 16 agosto 2009

Non mollo!

Oggi mentre girovagavo per lo spazio internauta, ho trovato il blog di un gruppo di amici, o meglio di quelli che credevo un gruppo di amici. Orbene, ero preparato alla battaglia contro i miei nemici, ma non lo ero ancora contro quella per mano di coloro che reputavo amici e fratelli in Cristo. Il doloro è stato forte, vi assicuro. D'altronde sono un passionale e passionalmente amo. Ma altrettanto passionalmente combatto. Quindi sappiano questi soggetti, che tradire la mia amicizia vuol dire farsi un nemico che non morirà mai. Bene, cari amici, ci vedremo presto sui campi di battaglia, ma ricordatevi, ci sarà una sola fine: la vostra sconfitta!

Questo è il solo fatto certo.

(quando la battaglia sarà terminata pubblicherò anche fatti, nomi e date. Per ora lascio fare alla cosiddetta "giustizia umana", ma dopo arriverà la mia).

mercoledì 5 agosto 2009

Italia diffamata.

Ai membri di Benedetto XVI - L'umile lavoratore nella vigna del Signore
Augusto Prinsen

Oggi alle 9.13
RispondiItalia diffamata

Non per virtù, ma per amore di vita tranquilla, per timore di altre responsabilità oltre a quelle, già pesanti, della scrittura, sempre ho evitato di sedermi su sgabelli o poltrone di potere e di autorità, in quel mio piccolo campo che è la carta stampata, di libri e giornali. (Manzoni, su quel don Ferrante cui va un poco della mia simpatia: «Non gli piaceva né obbedire né comandare»).

Eppure, talvolta mi diverto a far liste di «reati» cui, ne avessi per assurdo il potere, legherei sanzioni almeno pecuniarie. Una di quelle multe andrebbe a quei miei colleghi che indulgessero all'abitudine -che è solo italiana- dell'autodiffamazione nazionale. Cadrebbero sotto la mannaia le parole di cui ogni giorno grondano i "media", oltre che i bar: «all'italiana», per indicare cosa approssimativa se non truffaldina; «non c'è niente da fare, tanto siamo in Italia»; «solo in Italia può succedere che...»; "et similia". E le mie sanzioni scatterebbero non solo per amore dell'Italia (che pure non mi è per niente estraneo: tra le colpe più gravi del fascismo c'è l'averci derubati della possibilità di pronunciare senza sensi di colpa quel bel nome di 'patria', terra dei padri, che uno come il papa, che non ha i nostri complessi da Ventennio nazionalista, usa con libertà). Non comunque -almeno, non innanzitutto- per amore dell'Italia; ma di quell'altra patria i cui confini sono quelli stessi del mondo e che chiamiamo Chiesa.

E' infatti cosa inoppugnabile: la polemica antitaliana è in realtà Polemica anticattolica nasce con Lutero e diventa poi -dilagando alla grande sino ai nostri giorni- uno dei capisaldi della propaganda protestante. E, al suo seguito e sul suo esempio, di ogni propaganda anticlericale, illuminista, massonica; e chi più ne ha più ne metta. Il cattolico è, con sprezzo, il «papista»; ma il papa -che è l'Anticristo per la teologia dei «riformatori» ed è l'Oscurantista, il Repressore per ogni «progressista»-, il papa è quasi sempre italiano, sta comunque a Roma; e l'Italia, di cui è Primate, è la sua superdiocesi, da cui viene la maggioranza dei santi, dei fondatori, dei teologi. Denigrare cultura e costumi italiani, così profondamente forgiati dal cattolicesimo, diffamare questo Paese che da sempre dà il nerbo della classe dirigente della Chiesa, vuol dire polemizzare con il cattolicesimo.

Non si tratta, ripeto, di ipotesi, ma di realtà benissimo documentate: sino ai primi decenni del Cinquecento, il nostro prestigio è altissimo e senza discussioni, in Europa. «Italiano» è sinonimo di colto, di civile, di ammirevole (e ammirato fu anche il giovane Lutero, fraticello ancora timorato che, andando a Roma, disse di essere passato di meraviglia in meraviglia, strabiliato persino dalla efficienza degli ospedali...). Sino all'esplodere della furibonda propaganda di quel tedesco e degli altri riformatori contro «la Bestia romana», in nessuna lingua troverete mai espressioni come «all'italiana» in senso negativo. Al contrario!

E' una diffamazione che ha fatto fortuna, sino al punto di convincere gli stessi diffamati. Scorrete i giornali di ogni tendenza e avrete quotidiana conferma che l'autodiffamazione nazionale (praticata, senza eccezioni né limiti, da quasi tutti, per una volta unanimi) sempre si accompagna all'esplicita o almeno implicita nostalgia di una Riforma mancata, al complesso di inferiorità verso una mitica Europa nordica e di tradizione protestante, considerata come modello cui tendere. «Un Calvino, uno Zwingli, un Cromwell: ecco ciò che è mancato all'Italia per diventare un Paese civile»: questo il "leit-motiv" della pubblicistica laicista, sulle orme dei suoi "maîtres-à-penser". Per restare al solo nostro secolo, un Croce, un Gobetti, un Gramsci, un Einaudi, un Mussolini stesso: tutti convinti che le nostre magagne fossero senza confronti nel mondo e derivassero tutte dal cattolicesimo, castratore e corruttore di popoli. E di quel popolo soprattutto che, il papa, ha la sventura di avercelo in casa.

Non ho nulla, è chiaro, contro il protestantesimo (anche se, pur fraternamente ossequiandolo, lo lascio volentieri ad altri; né sono affatto convinto che si identifichi con termini come «civile», «moderno», «progressista» e via magnificando). Ma neanche mi piace cadere nella trappola di un anticattolicesimo superficiale quando non faziosamente interessato.

Ecco perché ci andrei con mano pesante con chi in quella trappola ci si ficca volontariamente e, se credente, non si accorge del trucco che vi sta dietro. Paghi la multa e si renda conto che c'è un motivo preciso se gli italiani -e, si badi bene, essi soli, nel mondo, a conferma che c'è qui qualcosa che va ben al di là di difetti oggettivi- hanno fatto dell'autodiffamazione e della sfiducia in se stessi in quanto popolo lo sport nazionale.

Autore: Vittorio Messori
Fonte: Pensare la storia. Una lettura cattolica dell'avventura umana, Paoline, Milano 1992, p. 55-57


Che dire.... standing ovation!

martedì 4 agosto 2009

I cristiani bruciati vivi in Pakistan sono vittime della Legge islamica .

Si fa presto a dire che in Pakistan i Cristiani sono perseguitati dai “fondamentalisti” islamici. Il massacro di ieri – 7 persone bruciate vive dalla folla, donne e bambini compresi – dimostra che non è così. Dagli anni Settanta, cioè da quando nel Paese fu introdotta la Sharia, la comunità cristiana è nel mirino della Legge islamica. Con i governi di Ali Bhutto e Zia ul-Haq passano le indecenti leggi sulla “blasfemia” che negli ultimi anni hanno permesso di arrestare e minacciare con la pena capitale chi appartiene ad altre minoranze religiose (in Pakistan vivono oltre 2 milioni e mezzo di cristiani).

Questa legislazione è stata rinforzata da Nawaz Sharif nel ’91, lo stesso Sharif dipinto come un eroe del Pakistan democratico dopo che la Corte Suprema pakistana gli aveva dato ragione nella disputa con il generale Musharraf. Per protestare contro le leggi sulla blasfemia, in quel periodo, il vescovo di Faisalabad decise di suicidarsi.

Nei giorni scorsi, la folla islamica ha fatto scempio della comunità di Goan accusando i cristiani di aver insultato il Corano. Che adesso il governo pakistano si dolga dell’accaduto (il ministro delle minoranze Bhatti ha detto che “la folla è stata sviata dagli estremisti”, cioè dai chierici che predicano contro i cristiani) e abbia spedito i Ranger a riprendere il controllo della situazione (50 arresti tra i “fondamentalisti” nelle ultime ore) conta davvero poco.

Ieri Benedetto XVI ha chiesto di pregare per i “cristiana discriminati e perseguitati a causa del nome di Cristo”. In effetti, in Pakistan, basta affermare che “Gesù è figlio di Dio” per rischiare una condanna a morte (articolo 295 del Codice Penale, è reato “accostare qualcosa o qualcuno alla venerazione del nome di Allah e del Profeta Maometto”). Quindi, se la legge dice che i cristiani sono blasfemi e vanno puniti con l’esecuzione capitale perché il governo pakistano si stupisce tanto se la folla incitata dai mullah dà fuoco alle chiese e a chi ci prega dentro? Con la scusa del fondamentalismo si legittima lo stato di fatto.

Il 28 ottobre del 2001, a Lahore, i miliziani islamici freddarono 15 cristiani in una Chiesa. Un messaggio molto chiaro e 3 settimane dall’inizio della Guerra in Afghanistan. Il 25 settembre del 2002, altri 7 cristiani che si occupavano di beneficenza furono tolti di mezzo a Karachi; vennero ritrovati incaprettati e con la bocca coperta da nastro adesivo. Nel novembre del 2005, 3.000 “fondamentalisti” attaccarono e distrussero chiese e luoghi di culto cristiani in tutto il Paese. Il governo non mosse un dito per perseguirli.

Nel febbraio del 2006, dopo la pubblicazione delle vignette danesi su Maometto, a essere prese di mira furono le scuole cristiane in Pakistan; in quel caso la polizia riuscì a trattenere a stento la folla. Qualche mese dopo, un pakistano cristiano venne selvaggiamente picchiato perché stava bevendo acqua da una fontana pubblica. Dissero che “il cane cristiano ci stava avvelenando”. Quell’estate, altri 3 cristiani furono feriti seriamente e di un altro si sono perse le tracce dopo che la folla aveva assaltato un villaggio nei pressi di Lahore, bruciando le case e dissacrando le Bibbie.

Il 5 dicembre 2007, la prima kamikaze pakistana coperta dal burqa si fece esplodere davanti a una scuola cattolica. Negli ultimi due anni si è perso il conto degli arresti per blasfemia, delle conversioni forzate all’Islam, delle minacce rivolte ai cristiani ma anche al Papa dai chierici inferociti per il protrarsi della “occupazione dei Crociati” in Afghanistan.

Ieri il presidente pakistano Ali Zardari è intervenuto per dire che le violenze di Goan “Vanno contro lo spirito dell’Islam e le norme della società civile”. Viene da chiedersi quali pensando alle leggi in vigore in Pakistan.

http://www.loccidentale.it/trackback/76195

venerdì 31 luglio 2009

Vediamo di fare un poinino di chiarezza via

vi invito a leggere il Principio persona di Vittorio Possenti, lì è ben spiegato come al momento della fecondazione c’è uno scambio di informazioni quelle portate dallo spermatozoo e quelle portate dall’ovulo. La commistione di queste informazioni è il dna che è un nuovo “sistema” di informazioni. Nè quelle dello spermatozzoo nè quelle dell’ovulo. L’informazione dna si forma quindi al momento della fecondazione, e rimarrà uguale identica fino alla morte di quell’…(sedetevi!) individuo.
Oh Yeah! Mi dispiace disilludervi ma vi hanno ingannato
Possenti è un filosofo ora sono allo studio, ma se mai tornerò a casa poi vi posto gli scenziati (sì s-c-i-e-n-z-i-a-t-i) che cita alcuni mi pare anche atei

ecco il panorama cambia, anche perchè non c’è niente di rilevante che cambia da tre, due, un mese

Purtroppo l’etica è vista come una legge, ovvero un insieme di precetti imposti o dalla chiesa o dal duce o da di pietro

Invece no! L’etica è su un piano completamente diverso dalla legge

Prima dell’etica viene la gnoseologia, ovvero prima devo sapere cos’è un uomo, poi cosa succede se premo un grilletto, poi la mia posizione poi la posizione dell’uomo e SOLO DOPO mi interrogo se la mia azione è giusta, efficiente, conveniente

ecco l’etica sta tra le cose del solo dopo:
io posso capire se è conveniente sparare come posso capire se il mio sparo farà morire l’altro
posso, magari bo’ se mi va, chiedermi se è giusto uccidere un altro uomo

ecco ogni azione è una scelta di responsabilità non una scelta fra le leggi del papa o di di pietro o di berlusconi

quindi la ragione mi fa conoscere l’oggetto e lo scopo degli oggetti e delle azioni
la morale mi dice che cosa è bene o è male fare in rapporto allo scopo di quell’oggetto o di quell’azione

la morale perciò non è posta da nessuno ma fa parte delle regole con cui va il mondo

per chi ci crede è posta da Dio che creando come ha “posto” la legge di gravità così ha “posto” il diritto naturale. ma questo lo fa Dio, non la Chiesa, la Chiesa attraverso il magistero può scoprire il diritto naturale rapportandolo a ogni azione o situazione sociale come il fisico scopre le leggi fisiche rapportandole a ogni nuova scoperta

per chi non crede è posta bo… mettiamo dalla natura in sè, comunque vale lo stesso discorso di sopra
è chiaro che gli sarà più difficile accettare il magistero della chiesa, ma i filosofi e i politici non son tutti preti e se dicono qualosa lo dicono per ricerca non perchè hanno un prete che gli sta al collo con la lupara

per cui il filosofo prende quello che dice la scienza, quello che dice la sua esperienza e la riflessione dei filosofi precedenti e trae le conclusioni

se il dna si forma in quel momento e non potrebbe essere altrimenti perchè sennò che cosa sarebbe un embrione se non avsse dna? le cellule non avrebbero ragione di stare insieme…
se è così, io non me la sentirei di accompagnare la tipa in farmacia…
Auguri papà!

(ricevuto dagli amici del Fronte Cattolico Nazionale)

giovedì 30 luglio 2009

'SPRETATO' EX-DIRETTORE SPIRITUALE VEGGENTI MEDJUGORJE

Citta' del Vaticano, 29 lug - Papa Benedetto XVI ha firmato nello scorso mese di marzo il decreto di 'riduzione allo stato laicale' del francescano p. Tomislav Vlasic, per molti anni direttore spirituale dei sei 'veggenti' del santuario di Medjugorje, in Bosnia Erzegovina, che dal 1981 sostengono di avere quotidiane apparizioni della Madonna. E' stato lo stesso francescano a chiedere di essere liberato da ogni obbligo ecclesiastico, dopo che la Congregazione per la Dottrina della Fede aveva iniziato l'anno scorso un'inchiesta a suo carico, perche' sospetto di diffondere ''eresia e scisma''.

Nei primi anni del 'fenomeno-Medjugorje' Vlasic fu uno dei principali protagonisti del movimento che si andava creando attorno alle quotidiane apparizioni della Madonna. A meta' degli anni '80 il francescano fu pero' costretto a lasciare Medjugorje dopo la rivelazione che aveva avuto un figlio da una suora, e si trasferi' in Italia dove fondo' la comunita' Regina della Pace. Nel 1990, l'allora vescovo di Mostar, mons. Pavao Zanic, da sempre molto scettico nei confronti delle presunte apparizioni mariane, aveva definito p. Vlasic ''l'autore di Medjugorje''.

Dal febbraio 2008, a Vlasic era stato imposto di vivere ritirato in un convento francescano all'Aquila, mentre era in corso un'inchiesta vaticana a suo carico. La Congregazione per la Dottrina della Fede aveva infatti aperto un fascicolo su Vlasic, che ''nel contesto del fenomeno Medjugorje'' lo accusava di ''divulgazione di dubbie dottrine, manipolazione delle coscienze, sospetto misticismo, disobbedienza ad ordini legittimamente impartiti ed addebiti 'contra sextum''', ovvero di peccati di natura sessuale, a cui si aggiungeva il sospetto di diffondere ''eresia e scisma''. Vlasic, pero', non aveva rispettato le misure disciplinari che gli venivano imposte, ed era stato quindi colpito dall''interdetto', che gli proibiva di ricevere i sacramenti e partecipare al culto pubblico, senza pero' privarlo del proprio ufficio ecclesiastico.

(asca)

domenica 26 luglio 2009

SCOZIA: dire "MAMMA e PAPA'" diventa vietato! ...offende i gay.

Adesso, anche l'atto più naturale é primordiale dellessere umano, dire "mamma e papà" rischia di diventare tabù e di essere considerato "linguaggio discriminatorio" perché offenderebbe i gay.
Accade oggi in Scozia ...accadrà domani in tutta Europa?

SCOZIA. DIRE “MAMMA E PAPA’” E’ OMOFOBICO: VIETATO!

Gli infermieri e gli altri professionisti della sanità dovrebbero evitare di usare i termini "mamma" e "papà" riferendosi alle relazioni familiari , perchè queste parole risulterebbero offensive alle coppie omosessuali con bambini. Lo dice una direttiva del Servizio Sanitario Nazionale della Scozia.
Pubblicata in accordo con la leadership di una organizzazione gay Stonewall Scotland, la pubblicazione è intitolata Fair For All - The Wider Challenge: Good LGBT Practice in the NHS. Ne ha scritto ampiamente Americans for Truth l'11 febbraio scorso.
La direttiva richiede "la politica della tolleranza zero per il linguaggio discriminatorio" nella sanità scozzese. E' considerato come linguaggio discriminatorio l'uso delle parole che si adoperano per la famiglia tradizionale composta da padre, madre e figlio, secondo quello che indica il Servizio Sanitario.
"LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender) possono e devono avere bambini, l'orientamento sessuale o l'identità di genere non ha nulla a che fare con l'essere buoni genitori o crescere bene un bambino", viene affermato nel libretto.
"Le diverse circostanze possono condurre a una varietà di strutture familiari e di modelli parentali. E' importante sapere questo. Quando parlate con i bambini considerate di usare "genitori", "tutori" o "custodi", al posto di "madre" e "padre"", continua la direttiva.
Seguendo le stesse linee, viene precisato che l'uso delle parole "marito", "moglie" e "matrimonio" non è accettabile, poichè tali termini escludono lesbiche, gay e bisessuali. Invece, gli operatori della sanità potrebbero usare le parole "partners" e "parenti stretti". Ma siccome quest'ultimo termine può ingenerare equivoci, perchè si può intendere un legame di sangue, la direttiva dice che è preferibile usare "parner" o "amico intimo" per evitare confusioni.
"Questo permette al paziente di identificare e scegliere chi è importante per loro", giustifica il Servizio Sanitario.
Altra raccomandazione è di assicurare che l'ambiente sanitario deve essere rassicurante per le persone LGBT, mettendo anche poster e riviste gay e lesbiche in esposizione.
"Manifesti con immagini positive di coppie omosessuali, con materiale dello stesso tipo di coppie di sesso opposto, dovrebbero essere mostrate in tutti i reparti", così si suggerisce.
Per assicurare il comfort e la sicurezza delle persone LGBT negli ambienti sanitari, il Servizio Sanitario richiede che nella registrazione dell'identità sessuale non devono essere inclusi solamente i termini "maschio" e "femmina", ma deve essere incluso anche "altro", dove uno può sbizzarrirsi a indicare di quale genere sessuale è.
Nelle linee guida per implentare la protezione della gente LGBT, la direttiva richiede che tutti i funzionari devono sottoscrivere un impegno a combattere il linguaggio discriminatorio tra i lavoratori.
Naturalmente tutte queste idee strampalate pubblicate nella direttiva sono state pagate con le tasse dei contribuenti…



Fino a quando la Vergine riuscirà a trattenere la mano del Figlio?

venerdì 24 luglio 2009

"Ama e fà ciò che vuoi" - Sant'Agostino

«Ama e fa’ ciò che vuoi»: è una delle frasi più famose e più citate di Agostino. Pochi però sanno in quale contesto essa si trovi e che cosa significasse nelle intenzioni dell’autore. Il contesto è l’interpretazione della Prima lettera di Giovanni, alla quale il vescovo d’Ippona dedicò un ciclo di dieci omelie, le prime otto predicate dal 14 aprile (domenica di Pasqua) al 21 aprile (ottava di Pasqua) del 407. La frase in questione si trova nell’omelia 7, predicata sabato 20 aprile. Agostino sta commentando i versetti 4-12 del capitolo 4 dell’epistola giovannea, un passaggio cruciale del testo sacro, lì dove Giovanni afferma solennemente che «Dio è amore» e che «in questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio […] come vittima di espiazione per i nostri peccati». Nel consegnare suo Figlio al sacrificio della croce, Dio ha dunque rivelato ciò che Egli è, ossia Amore. Anche Giuda, potrebbe obiettare qualcuno, ha consegnato Gesù alla morte, ma il suo fu tradimento; forse che anche Dio ha tradito suo Figlio? No, risponde Agostino, perché il medesimo atto cambia di valore a seconda dell’intenzione con cui viene compiuto: nel caso di Dio, si trattava di amore, nel caso di Giuda di tradimento. Così, anche noi dobbiamo anzitutto porre alla base del nostro agire l’amore per il prossimo; in questo modo, ad esempio, sgridare potrà essere un atto d’amore (come succede tra padre e figlio), mentre al contrario essere gentili senza amore potrebbe essere solo un comportamento interessato (come tra mercante e cliente). Ecco allora l’invito: «Ama e fa’ ciò che vuoi (Dilige et quod vis fac)»: non un’esaltazione del sentimento e del capriccio, bensì un’esortazione alla responsabilità per il bene del prossimo. Qui sotto il testo integrale dell’omelia agostiniana.

OMELIA 7
1. Questo mondo è per tutti i fedeli che cercano la patria ciò che fu il deserto per il popolo d’Israele. Essi vagavano per il deserto ma cercavano la patria: tuttavia, sotto la guida del Signore, non potevano fallire la meta. La loro strada era il comando stesso del Signore. Sebbene essi andassero vagando per quarant’anni, quel loro cammino può essere compiuto in pochissime tappe, note a tutti. Si attardarono non perché abbandonati dal Signore, ma perché Dio voleva provarli. Ciò che anche a noi il Signore promette, è una dolcezza ineffabile, un bene, come dice la Scrittura e come spesso vi abbiamo ricordato, che occhio umano non vide, né orecchio udì, né mai s’è presentato allo spirito dell’uomo (Is 64, 4; 1 Cor 2, 9). Siamo provati dai lavori della vita temporale e le tentazioni della vita presente ci aprono gli occhi. Ma se non volete morire di sete, in questo deserto della vita presente, bevete l’acqua della carità. Essa è la fonte che il Signore ha voluto apprestarci quaggiù, affinché non venissimo meno lungo la strada: beviamone in abbondanza e quando saremo arrivati in patria, ne berremo ancor più abbondantemente. È stato letto da poco il
Vangelo; nelle stesse parole con cui si è conclusa la lettura del brano evangelico, di che cosa avete sentito parlare se non di carità? In realtà noi abbiamo stretto un patto con Dio per cui se vogliamo che egli ci condoni i peccati, anche noi dobbiamo perdonare i peccati che sono stati commessi contro di noi (cf. Mt 6, 12). Ma è appunto la carità che fa perdonare i peccati. Togli dal cuore la carità ed esso conserverà l’odio e non saprà perdonare. Là ci sia la carità ed essa sicuramente perdona, perché non si chiude in se stessa. Tutta quanta questa Epistola, che abbiamo voluto commentarvi, non fa altro, come vedete, che raccomandarci quell’unico bene che è la carità. Non bisogna neanche temere che, ripetendo sempre la stessa raccomandazione, la carità venga in odio. Che cosa si dovrà poi amare, se la carità diventa oggetto di odio? Se da questa carità noi siamo indotti ad amare tutte le altre cose, come dovremmo amare la carità stessa? Ciò che non deve mai stare lontano dal cuore, non stia lontano neppure dalla bocca.
2. Voi, o miei figlioli, già siete da Dio e l’avete vinto (1 Gv 4, 4): chi avete vinto se non l’anticristo? Poco prima Giovanni aveva affermato: Chiunque dissolve Gesù Cristo e afferma che egli non è venuto nella carne, non proviene da Dio (1 Gv 4, 3). Vi abbiamo spiegato, se ricordate, come tutti coloro che violano la carità negano che Gesù Cristo sia venuto nella carne. Non c’era bisogno che Gesù arrivasse in terra se non a causa della carità. Egli ci raccomanda quella carità di cui parla lui stesso nel Vangelo: Nessuno può aver maggior amore di chi dà la vita per i suoi amici (Gv 15, 13). Il figliuolo dell’uomo avrebbe mai potuto dare per noi la sua vita, senza rivestirsi della carne, nella quale potesse morire? Chi dunque viola la carità, qualunque cosa dica con la lingua, nega con la sua vita che Cristo è venuto nella carne; ed egli è un anticristo, dovunque si trovi, in qualsiasi luogo sia entrato. Che cosa dice Giovanni a quelli che sono cittadini della patria alla quale sospiriamo? Voi lo avete vinto. Come l’hanno vinto? Perché colui che sta in voi è più grande di colui che è nel mondo (1 Gv 4, 4). Perché costoro non attribuissero alle proprie forze la vittoria e non venissero vinti dall’arroganza che è frutto di superbia (il diavolo vince chi riesce a rendere superbo) ma conservassero, secondo il suo volere, l’umiltà, che cosa dice loro? Lo avete vinto. Chiunque sente dire: avete vinto, alza la testa, si pavoneggia, e vuole essere lodato. Ma non esaltarti, considerando invece chi in te ha vinto. Perché hai vinto? Perché colui che sta in voi è più grande di colui che è nel mondo. Sii umile, porta il Signore Dio tuo, sii la cavalcatura di colui che ti monta. È un bene per te che lui ti diriga e lui stesso guidi il cammino. Se non avessi lui seduto in sella, potresti alzare la testa, potresti dar calci: ma guai a te, che resteresti senza un reggitore; perché questa libertà ti conduce alle belve per essere da loro divorato.
3. Questi sono del mondo. Chi? Gli anticristi. Avete già udito chi siano. E li riconoscete, se voi non lo siete: chi infatti lo è, non li riconosce. Essi sono nel mondo: perciò parlano delle cose del mondo ed il mondo li ascolta (1 Gv 4, 5). Chi sono quelli che parlano delle cose del mondo?
Volgete pure l’attenzione a coloro che parlano contro la carità. Avete sentito le parole del Signore: Se perdonerete agli uomini i loro peccati, anche il vostro Padre dei cieli perdonerà i vostri peccati; ma se non perdonerete, neanche il Padre perdonerà a voi (Mt 6, 14-15). È la verità che lo afferma; che se, al contrario, non è la verità, puoi pure contraddire. Se sei cristiano e credi a Cristo, sai che lui disse: Io sono la verità (Gv 14, 6). Si tratta, dunque, di una affermazione vera e sicura. Senti invece gli uomini che parlano il linguaggio del mondo. Ti dicono: perché non ti vendichi e lasci che l’altro si glori di averti fatto questo? Orsù! fagli capire che ha a che fare con un uomo. Parole del genere si sentono dire tutti i giorni. Quelli che le dicono parlano il linguaggio del mondo; ed il mondo li ascolta. Soltanto quelli che amano il mondo pronunciano parole del genere e soltanto quelli che amano il mondo le ascoltano. Chi ama il mondo e trascura la carità nega, come avete sentito, che Gesù sia venuto nella carne. Che forse il Signore ha agito così nella carne? Quando era schiaffeggiato, volle forse vendicarsi? Quando pendeva dalla croce, non disse forse: Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno (Lc 23, 34)? Se lui, che ne aveva il potere, non minacciava, perché mai tu minacci, perché avvampi d’ira tu che sei sottoposto all’autorità altrui? Egli è morto perché così volle, e non minacciava; tu non sai quando morirai e minacci?
4. Noi veniamo da Dio. Qual è la ragione? Vedete se c’è altra ragione che non sia la carità. Noi veniamo da Dio. Chi conosce Dio, ci ascolta: chi non è da Dio, non ci ascolta. Questo è il segno che ci fa riconoscere lo spirito di verità e lo spirito dell’errore (1 Gv 4, 6). Chi ci ascolta ha lo spirito di verità; chi non ci ascolta ha lo spirito di errore. Vediamo di che cosa ci ammonisce e ascoltiamo piuttosto lui che ammonisce in spirito di verità; non gli anticristi, non gli amatori del mondo, non il mondo. Se siamo nati da Dio, Dilettissimi... Attenzione al seguito. Ci aveva prima detto: Noi siamo da Dio. Chi conosce Dio, ci ascolta; chi non viene da Dio, non ci ascolta. Questo è il segno col quale riconosciamo lo spirito di verità e quello dell’errore. E così ci aveva reso attenti al fatto che chi conosce Dio lo ascolta, chi non lo conosce non l’ascolta; e questo è il criterio di distinzione tra spirito di verità e d’errore. Vediamo dunque cos’è questa sua ammonizione, che dobbiamo sentire da lui. Dilettissimi, amiamoci a vicenda. Perché? Perché forse ci ammonisce un uomo? Perché l’amore viene da Dio. Ha posto un valido fondamento al dovere della carità dicendo che essa viene da Dio: ma ci dirà ancora di più, se ascoltiamo attentamente. Ha appena detto: L’amore viene da Dio; e chiunque ama, è nato da Dio e ha conosciuto Dio. Chi non ama, non conosce Dio. Perché? Perché Dio è amore (1 Gv 4, 7-8). Che cosa poteva dire di più, o fratelli? Se non ci fosse in tutta questa Epistola e in tutte le pagine della Scrittura nessuna lode della carità all’infuori di questa sola parola che abbiamo inteso dalla bocca dello Spirito, che cioè Dio è carità, non dovremmo chiedere di più.
5. Vedete dunque che agire contro l’amore, significa agire contro
Dio. Nessuno dica: io pecco contro un uomo, quando non amo il fratello (sentite!); e peccare contro un uomo è cosa da poco; purché non pecchi contro Dio! Ma come non pecchi contro Dio, quando pecchi contro l’amore? Dio è amore. Lo diciamo forse noi? Se fossimo noi a dire: Dio è amore, forse qualcuno di voi si scandalizzerebbe e direbbe: che cosa ha detto? Che cosa ha voluto dire, affermando che Dio è amore? Dio ci ha dato il suo amore, ci ha donato il suo amore. L’amore proviene da Dio: Dio è amore. Eccovi, o fratelli, nelle vostre mani le Scritture di Dio: questa Epistola è una di quelle canoniche; si legge in tutte le chiese, è ammessa sull’autorità del mondo intero, essa stessa ha edificato il mondo. Senti ciò che ti vien detto da parte dello Spirito di Dio: Dio è amore. Se osi, ormai, agisci pure contro Dio e non amare il fratello.
6. Come conciliare le due espressioni appena ricordate: L’amore proviene da Dio, e l’amore è Dio? Dio è Padre e Figlio e Spirito Santo: il Figlio è Dio da Dio e lo Spirito Santo è Dio da Dio; questi tre sono un solo Dio, non tre dèi. Se il Figlio è Dio, se lo Spirito Santo è Dio e se ad amare è solo colui nel quale abita lo Spirito Santo, allora veramente l’amore è Dio; Dio, però, perché procede da Dio. L’Epistola ha le due espressioni: L’amore proviene da Dio e l’amore è Dio. La Scrittura solo del Padre non afferma che viene da Dio. Quando ti incontri nelle parole da Dio, o si intende parlare del Figlio o dello Spirito Santo. Dice l’apostolo Paolo: L’amore di Dio è diffuso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato (Rm 5, 5); e da qui comprendiamo che è lo Spirito Santo l’amore. È esso, infatti, quello Spirito Santo, che i cattivi non possono ricevere; è esso la fonte di cui la Scrittura dice: Abbi una sorgente d’acqua in tua esclusiva proprietà e nessun estraneo la usi con te (Prv 5, 16-17). Tutti quelli che non amano Dio sono estranei, anticristi. E anche se entrano nelle basiliche, non possono annoverarsi tra i figli di Dio; non appartiene loro questa fonte di vita. Anche il malvagio può avere il battesimo; può avere anche il dono della profezia. Sappiamo che il re Saul aveva il dono della profezia; egli perseguitava il santo David e tuttavia fu ripieno dello spirito di profezia e incominciò a profetare (cf. 1 Sam 19). Anche il malvagio può ricevere il sacramento del corpo e del sangue del Signore: di costoro infatti è detto: Chi mangia e beve indegnamente, mangia e beve la propria condanna (1 Cor 11, 29). Anche il malvagio può portare il nome di Cristo, dirsi cioè cristiano ed essere malvagio; di costoro è detto: Disonoravano il nome del loro Dio (Ez 36, 20). Anche il malvagio dunque può avere tutti questi sacramenti; ma il malvagio non può possedere la carità restando malvagio. È questo il dono proprio dei buoni; questa la sorgente ad essi esclusiva. Lo Spirito di Dio vi esorta a bere di questa fonte; lo Spirito di Dio vi esorta a bere di se stesso.
7. In questo si è manifestata la carità di Dio per noi. Abbiamo in queste parole l’esortazione ad amare Dio. Potremmo forse amarlo, se lui per primo non ci avesse amato? Se siamo stati pigri nell’amarlo, non siamolo nel corrispondere al suo amore. Per primo egli ci ha amati; e neppure ora siamo disposti ad amarlo. Egli ci ha amati quando eravamo
peccatori, ma ha distrutto la nostra iniquità; ci ha amati quando eravamo ammalati, ma è venuto a noi per guarirci. Dio dunque è amore. In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi, che egli ha mandato in questo mondo il suo Figlio Unigenito, affinché potessimo vivere per mezzo suo (1 Gv 4, 9). Il Signore stesso ha detto: Nessuno può avere maggior amore di chi dà la sua vita per i suoi amici, e l’amore di Cristo verso di noi si dimostra nel fatto che egli è morto per noi. Quale è invece la prova dell’amore del Padre verso di noi? Che egli ha mandato il suo unico Figlio a morire per noi. Così afferma l’apostolo Paolo: Egli che non risparmiò il suo proprio Figlio, ma lo diede per noi tutti, come non ci ha dato insieme con lui tutti i doni? (Rm 8, 32). Ecco, il Padre consegnò Cristo e anche Giuda lo consegnò; forse che il fatto non appare simile? Giuda è traditore; dunque anche il Padre è traditore? Non sia mai, tu dici. Non lo dico io ma l’Apostolo: Lui che non risparmiò il proprio Figlio, ma lo diede per tutti noi. Il Padre lo diede e Cristo stesso si diede. L’Apostolo infatti dice: Colui che mi amò e diede se stesso per me (Gal 2, 20). Se il Padre diede il Figlio ed il Figlio se stesso, Giuda che cosa fece? Una consegna è stata fatta dal Padre, una dal Figlio, una da Giuda: si tratta di una identica cosa: ma come si distinguono il Padre che dà il Figlio, e il Figlio che dà se stesso e Giuda il discepolo che dà il suo maestro? Il Padre ed il Figlio fecero ciò nella carità; compì la stessa azione anche Giuda, ma nel tradimento. Vedete che non bisogna considerare che cosa fa l’uomo ma con quale animo e con quale volontà lo faccia. Troviamo Dio Padre nella stessa azione in cui troviamo anche Giuda: benediciamo il Padre, detestiamo Giuda. Perché benediciamo il Padre e detestiamo Giuda? Benediciamo la carità, detestiamo l’iniquità. Quanto vantaggio infatti venne al genere umano dal fatto che Cristo fu tradito? Forse che Giuda ebbe in mente questo vantaggio nel tradire? Dio ebbe in mente la nostra salvezza per la quale siamo stati redenti; Giuda ebbe in mente il prezzo che prese per vendere il Signore. Il Figlio ebbe in mente il prezzo che diede per noi, Giuda pensò al prezzo che ricevette per venderlo. Una diversa intenzione dunque, rese i fatti diversi. Se misuriamo questo identico fatto dalle diverse intenzioni, una di esse deve essere amata, l’altra condannata; una deve essere glorificata, l’altra detestata. Tanto vale la carità! Vedete che essa sola soppesa e distingue i fatti degli uomini.
8. Dicemmo questo in riferimento a fatti simili. In riferimento a fatti diversi troviamo un uomo che infierisce per motivo di carità ed uno gentile per motivo di iniquità. Un padre percuote il figlio e un mercante di schiavi invece tratta con riguardo. Se ti metti davanti queste due cose, le percosse e le carezze, chi non preferisce le carezze e fugge le percosse? Se poni mente alle persone, la carità colpisce, l’iniquità blandisce. Considerate bene quanto qui insegniamo, che cioè i fatti degli uomini non si differenziano se non partendo dalla radice della carità. Molte cose infatti possono avvenire che hanno una apparenza buona ma non procedono dalla radice della carità: anche le spine hanno i fiori; alcune cose sembrano aspre e dure; ma si fanno, per instaurare una disciplina, sotto il
comando della carità. Una volta per tutte dunque ti viene imposto un breve precetto: ama e fa’ ciò che vuoi; sia che tu taccia, taci per amore; sia che tu parli, parla per amore; sia che tu corregga, correggi per amore; sia che perdoni, perdona per amore; sia in te la radice dell’amore, poiché da questa radice non può procedere se non il bene.
9. In questo sta l’amore. In ciò si è manifestato l’amore di Dio in noi: che Dio mandò il Figlio suo Unigenito in questo mondo, affinché noi viviamo per mezzo suo. In questo è l’amore, non nel fatto che noi abbiamo amato, ma nel fatto che lui stesso ci ha amati. Noi non abbiamo amato lui per primi: infatti egli per questo ci ha amati, perché lo amassimo. E Dio mandò il Figlio suo quale propiziatore per i nostri peccati: propiziatore, sacrificatore. Egli immolò la vittima per i nostri peccati. Dove trovò la vittima? Dove trovò quella vittima pura che voleva offrire? Non la trovò e offrì se stesso. Carissimi, se Dio così ci amò, dobbiamo anche noi amarci vicendevolmente (1 Gv 4, 9-11). Pietro — disse — mi ami? Ed egli rispose: Ti amo. Pasci le mie pecore (Gv 21, 15-17).
10. Nessuno mai vide Dio (1 Gv 4, 12). Dio è invisibile; non bisogna cercarlo con gli occhi ma col cuore. Se volessimo vedere il sole, toglieremmo gli impedimenti agli occhi del corpo, per poter vedere la luce; così se vogliamo vedere Dio, purghiamo quell’occhio con cui Dio può essere visto. Dove si trova questo occhio? Ascolta il Vangelo: Beati i mondi di cuore, perché essi vedranno Dio (Mt 5, 8). Nessuno si faccia un’idea di Dio seguendo il giudizio degli occhi. Costui si farebbe l’idea di una forma immensa oppure prolungherebbe negli spazi una grandezza immensurabile, come questa luce che colpisce i nostri occhi e che egli stende all’infinito quanto può; oppure si farebbe di Dio l’idea di un vecchio dall’aspetto venerando. Non devi avere pensieri di questo genere. Se vuoi vedere Dio, hai a disposizione l’idea giusta: Dio è amore. Quale volto ha l’amore? quale forma, quale statura, quali piedi, quali mani? nessuno lo può dire. Esso tuttavia ha i piedi, che conducono alla Chiesa; ha le mani, che donano ai poveri; ha gli occhi, coi quali si viene a conoscere colui che è nel bisogno; dice il salmo: Beato colui che pensa al povero ed all’indigente (Sal 41 [40], 2). La carità ha orecchi e ne parla il Signore: Colui che ha orecchi da intendere, intenda (Lc 8, 8). Queste varie membra non si trovano separate in luoghi diversi, ma chi ha la carità vede con la mente il tutto e allo stesso tempo. Tu dunque abita nella carità ed essa abiterà in te; resta in essa ed essa resterà in te. È mai possibile, o fratelli, che uno ami ciò che non vede? Perché allora, quando si fa la lode della carità, vi sollevate in piedi, acclamate, date lodi? Che cosa vi ho mostrato? Vi ho forse mostrato alcuni colori? Vi ho messo innanzi oro e argento? Vi ho sottoposto delle gemme tolte da un tesoro? Che cosa di grande ho mostrato ai vostri occhi? Forse che il mio volto nel parlarvi si è mutato? Io sono qui in carne ed ossa, sono qui nella stessa forma in cui ho fatto il mio ingresso; anche voi siete qui nella stessa forma in cui siete venuti. Ma si fa la lode della carità e uscite in acclamazioni. Certamente i vostri occhi non vedono nulla. Ma come essa vi piace quando la lodate, così vi piaccia
di conservarla nel cuore. Capite, o fratelli, ciò che voglio dire: io vi esorto, per quanto il Signore lo concede, a procurarvi un grande tesoro. Se si mostrasse a voi un vaso d’oro cesellato, indorato, fatto con arte, ed esso attraesse i vostri occhi e attirasse a sé la brama del vostro cuore, e la mano dell’artista vi piacesse così come il peso della materia e lo splendore del metallo, forse che ciascuno di voi non direbbe: “oh, se avessi quel vaso”? Ma lo avreste detto inutilmente, poiché non era in vostro potere averlo. Oppure, se uno volesse averlo, penserebbe di rubarlo dalla casa di un altro. A voi vien fatto l’elogio della carità; se essa vi piace, abbiatela, possedetela; non è necessario che facciate un furto a qualcuno, non è necessario che pensiate di comprarla. Essa è gratuita. Tenetela, abbracciatela: niente è più dolce di essa. Se di tal pregio essa è quando viene presentata a voce, quale sarà il suo pregio quando è posseduta?
11. Se volete conservare la carità, fratelli, innanzitutto non pensate che essa sia avvilente e noiosa; non pensate che essa si conservi in forza di una certa mansuetudine, anzi di remissività e di negligenza. Non così essa si conserva. Non credere allora di amare il tuo servo, per il fatto che non lo percuoti; oppure che ami tuo figlio, per il fatto che non lo castighi; o che ami il tuo vicino allorquando non lo rimproveri; questa non è carità, ma trascuratezza. Sia fervida la carità nel correggere, nell’emendare; se i costumi sono buoni, questo ti rallegri; se sono cattivi, siano emendati, siano corretti. Non voler amare l’errore nell’uomo, ma l’uomo; Dio infatti fece l’uomo, l’uomo invece fece l’errore. Ama ciò che fece Dio, non amare ciò che fece l’uomo stesso. Amare quello significa distruggere questo: quando ami l’uno, correggi l’altro. Anche se qualche volta ti mostri crudele, ciò avvenga per il desiderio di correggere. Ecco perché la carità è simboleggiata dalla colomba che venne sopra il Signore (cf. Mt 3, 16). Quella figura cioè di colomba, con cui venne lo Spirito Santo per infondere la carità in noi. Perché questo? Una colomba non ha fiele: tuttavia in difesa del nido combatte col becco e con le penne, colpisce senza amarezza. Anche un padre fa questo; quando castiga il figlio, lo castiga per correggerlo. Come ho detto, il mercante, per vendere, blandisce ma è duro nel cuore: il padre per correggere castiga ma è senza fiele. Tali siate anche voi verso tutti. Ecco, o fratelli, un grande esempio, una grande regola: ciascuno ha figli o vuole averli; oppure, se ha deciso di non avere assolutamente figli dalla carne, desidera per lo meno averne spiritualmente: chi è che non corregge il proprio figlio? Chi è quel padre che non dà castighi (cf. Eb. 12, 7)? E tuttavia sembra che egli infierisca. L’amore infierisce, la carità infierisce: ma infierisce, in certo qual modo, senza veleno, al modo delle colombe e non dei corvi. Questo mi ha ricordato, fratelli miei, di dirvi che quei violatori della carità hanno operato scisma: come odiano la carità, così odiano la colomba. Ma la colomba li accusa: essa proviene dal cielo, i cieli si aprono, resta sopra la testa del Signore. E perché? Per udire: Questi è colui che battezza (Gv 1, 33). Allontanatevi, o predoni; allontanatevi, o invasori della proprietà di Cristo. Nelle vostre proprietà, dove volete fare da padroni, avete osato affiggere i
titoli del Signore. Egli conosce i suoi titoli; rivendica la sua proprietà; non distrugge i titoli, ma entra e prende possesso. Così non viene distrutto il battesimo di chi viene alla Chiesa Cattolica, affinché non venga distrutto il titolo del suo Re. Ma che cosa avviene nella Chiesa Cattolica? Il titolo viene riconosciuto; il possessore entra sotto i suoi propri titoli, là dove il predone entrava con titoli non suoi.

giovedì 23 luglio 2009

Roma: la protesta dei disabili finisce con le multe per intralcio al traffico. Linea dura della polizia contro i manifestanti in carrozzina.

Oltre al danno, pure la beffa: hanno chiesto loro i documenti, li hanno filmati e li hanno tutti multati per intralcio al traffico e blocco stradale. Mattinata calda per le persone con disabilità alla manifestazione di protesta davanti ai cancelli della sede della regione Lazio a Roma. A ricevere a casa un verbale di contestazione infatti non saranno le automobili parcheggiate momentaneamente in seconda fila per consentire ai disabili di risalire su pulmini e vetture attrezzate, ma proprio le persone disabili in carrozzina che durante la manifestazione hanno stazionato sul manto stradale di via Rosa Raimondi Garibaldi, la via – laterale rispetto alla grande arteria stradale della Cristoforo Colombo – in cui si è assiepato il gruppo di circa duecento persone composto da disabili, loro familiari e operatori dei centri di riabilitazione.A quanto pare, l’autorizzazione arrivata dalla questura prevedeva che i manifestanti potessero sostare solamente sul marciapiede: il grande numero di persone ha però “sconfinato” sul manto stradale e la strada è stata chiusa al traffico. Fra la sorpresa e l’incredulità generale, il responsabile dell’ordine pubblico, Roberto Vitanzo, ha detto a manifestanti e giornalisti che “un gruppo di persone hanno impedito il flusso del traffico: ad ognuno di loro verrà recapitato un verbale”. Vitanzo ha affermato che “abbiamo dovuto chiudere la strada perché non potevamo caricarli in quanto disabili, però li abbiamo filmati e procederemo alla loro identificazione per blocco stradale”. Lungo l’intero arco della manifestazione, la zona era stata presidiata la polizia e carabinieri in tenuta antisommossa, con vetture di servizio e camionette, per una presenza complessiva stimabile fra i trenta e i quaranta operatori delle forze dell’ordine.

23 Luglio 2009

Che vergogna.......

venerdì 10 luglio 2009

Il cattocomunisto non è morto.

di Padre Piero Gheddo

L'infatuazione di tanti cattolici per il comunismo, tipica degli anni Settanta, ha provocato seri danni e lasciato tracce evidenti ancora oggi. Il rimedio? Tornare ad annunciare Cristo e nessun altro.

[Da «il Timone» n. 56, Settembre/Ottobre 2006]

Galli della Loggia afferma ("Corriere della Sera", 18 giugno 2006) che il catto-comunismo è morto. Personalmente non ne sono convinto. Ho visto nascere e affermarsi questo surrogato della fede cristiana e ricordo molto bene quanto la Chiesa ha sofferto in quegli anni. Paolo VI è stato il Papa martire del secolo XX per quella ventata di follia ideologica che lo contestava aspramente, quando, per citare un fatto simbolico, il Papa fu costretto a ritirare l’assistente ecclesiastico da associazioni nate nell’ambito cattolico e approdate nell’adesione a ideologie e modelli di società condannati dalla Chiesa. Dopo il crollo del muro di Berlino (1989) e di quasi tutti i 31 paesi a regime comunista nel mondo, è scomparso il sogno di una “rivoluzione mondiale”, sono sfioriti i miti della Cina di Mao, la Cuba di Fidel Castro, il Vietnam di Ho Chi Minh e le molte “guerriglie di liberazione”. In questo senso il catto-comunismo è morto, ma temo che la mentalità profonda generata da quella follia ideologica è ancora ben viva in alcune stampe e gruppi e associazioni di radice cristiana.

Per “cattocomunismo” non s’intende quello storico di Franco Rodano e Claudio Napoleoni, nato durante la Resistenza e nel dopoguerra confluito nel PCI con il “Partito della sinistra cristiana”; ma quello popolare e movimentista, nato dal dissenso cattolico nel “sessantotto” del post-Concilio e poi in Cile nel 1972 con “i cristiani per il socialismo”, quando era comune sentir dire in ambienti cattolici che “il socialismo è l’unica speranza dei poveri”. Vedo nel “catto-comunismo” tre elementi che penso sussistano tutt’oggi, ripeto, come mentalità di fondo.

1) Anzitutto il complesso d’inferiorità dei cattolici per quanto riguarda la capacità di leggere la società e la storia: si pensava che, in campo sociale e politico, i comunisti avessero dei criteri di giudizio più corretti, storicamente più efficaci. A quel tempo si leggeva sulla stampa cattolica (anche di studio) che “la Chiesa non ha elementi per dare giudizi sulle realtà politico-economico-sociale del nostro tempo… Bisogna ricorrere all’analisi scientifica della società condotta da Marx e dai suoi discendenti”. Era politicamente corretto non parlare della “Dottrina sociale della Chiesa”; Paolo VI aveva usato questa terminologia nel Sinodo episcopale sulla giustizia nel mondo nell’ottobre 1971, ma in seguito preferì usare altre parole per non essere definito reazionario. Chi ha rilanciato con forza la “Dottrina sociale della Chiesa” è stato Giovanni Paolo II nel suo primo viaggio internazionale a Puebla (Messico, gennaio 1979), parlando dei problemi sociali dell’America Latina.

2) L’ideologia cattocomunista diceva che per una buona convivenza civile nella società italiana dominata da una “cultura” sempre meno cristiana, il primato era da dare alla dimensione orizzontale della vita, ai problemi sociali; il che poi portava con sé il primato dello stato, del “servizio pubblico”, con la demonizzazione di scuole cattoliche e ospedali cattolici (definiti “per i ricchi”). Era già chiaro a quel tempo che per “servire i poveri” la statalizzazione di tutti i servizi e le attività sociali ed economiche non solo non è positiva, ma diventa facilmente e quasi inevitabilmente negativa dei poveri stessi; anche qui, è un giudizio che non tiene conto dei fattori spirituali e culturali, ma solo di quelli materiali, economici, politici. Quando il cattocomunismo si affermava, i modelli esaltati di liberazione dei poveri erano appunto la Cina di Mao, il Vietnam di Ho Chi Minh, il Mozambico di Samora Machel e via dicendo; insomma i paesi a regime comunista, che hanno schiavizzato i loro popoli, peggiorando le loro condizioni di vita. Ma poteva venire qualcosa di buono da ideologie e regimi che combattevano Dio e perseguitavano la Chiesa?

3) Il terzo aspetto negativo del cattocomunismo, conseguenza di quanto sopra, è secondo me una diminuzione dell’affetto per la Chiesa cattolica e, in ultima analisi, un appannamento della fede e dell’appartenenza alla comunità di Cristo che ci trasmette la fede, il dono più grande che Dio ci ha fatto dopo la vita. Certamente solo Dio vede la fede nel cuore e nei pensieri di ciascuno, ma noi tutti sperimentiamo che la fede non è solo un fatto di intelletto, ma anche di cuore, di passione; e questo vale anche per la preghiera, cibo indispensabile e quotidiano per mantenere la fede: si prega bene quando ci si sente a casa propria, quando tutta la persona è contenta e ringrazia Dio di averle dato la fede e la Chiesa. Se invece viene meno per vari motivi l’amore, la passione e la gioia di appartenere alla Chiesa, tutto il resto è in pericolo.

Dico questo non per un preconcetto aprioristico, ma per concrete esperienze fatte in quegli anni. Il comunismo non era (e non è, per quel che ancora sussiste) un semplice partito e progetto politico, ma un’ideologia sostitutiva della religione e tutti i suoi principi e processi storici sono stati condannati più e più volte dalla Chiesa universale e dalle Chiese locali che l’hanno sperimentato. Possibile che la Chiesa abbia sempre sbagliato nel giudicare un movimento durato più d’un secolo? Personalmente ho conosciuto sacerdoti e laici credenti che negli anni settanta erano conquistati da questa ideologia con barbagli messianici, religiosi. Erano talmente convinti del pensiero e delle soluzioni che erano quelle del comunismo e dei partiti comunisti, da allontanarsi a poco a poco dalla Chiesa, da cui finivano per trovarsi fuori quasi senza volerlo. Ma tutta la loro vita era cambiata, mentalità, giudizi, compagnie, discorsi, letture. Debbo anche dire che a volte questi amici erano i più generosi, ricchi di umanità. Paolo VI diceva, nel discorso della Pasqua 1970 (mi pare) che “i più grandi valori umani senza Cristo diventano facilmente disumani”. Frase fortissima su cui bisognerebbe riflettere.

La domanda che dobbiamo farci è questa: cosa verrà dopo il catto-comunismo? Galli della Loggia prevede che il movimento finisca in un’ideologia libertaria, radicale e consumista, dominante anche nella sinistra italiana. Come credente e missionario prego e spero che ci sia invece uno sbocco positivo di un’esperienza che aveva certamente una grande carica morale ed ideale, come tutto il “sessantotto” del resto, quando personalmente facevo conferenze intitolate: “Vogliamo tutti un mondo nuovo, ma a partire da Cristo”; il catto-comunismo partiva invece dall’”analisi scientifica della società”, che era quella marxista-leninista-maoista. Credo si debba tornare all’unità d’intenti e di azione del movimento cattolico italiano e alla “missione alle genti” secondo il Vaticano II e la “Evangelii Nuntiandi” di Paolo VI (1975) e la “Redemptoris Missio” di Giovanni Paolo II (1990).

In altre parole, specialmente oggi, nel tempo della globalizzazione e della sfida dell’islam ai cristiani, per noi missionari la priorità dev’essere molto chiara e condivisa: tornare ad annunziare Cristo. Ad esempio, se invece di una lettura economicista e ideologica della povertà del terzo mondo a cui non crede più nessuno (“Loro sono poveri perché noi siamo ricchi”), ci impegnassimo tutti assieme a trasmettere l’esperienza delle giovani Chiese, che tutti i popoli e le culture hanno anzitutto bisogno di Gesù Cristo e che i missionari sono inviati ai popoli soprattutto per questo scopo? Madre Teresa diceva: “La più grande disgrazia dell’India è di non conoscere Gesù Cristo”. La lotta contro la fame nel mondo ha bisogno di ricuperare questa verità, necessaria anche in Italia per sollevarci dal nostro disumano modello di sviluppo e ridare al nostro popolo l’unico orizzonte autentico di speranza in un futuro migliore.


Ricorda
«Qui ci limiteremo a dire che la scarsa presenza della cultura cristiana nel dibattito culturale contemporaneo (incredibile, dopo che la storia ha dimostrato in pieno, nel nostro secolo, la fondatezza di tutti i suoi assunti) è causata sopratutto dall’azione di quei cattolici. i quali, chiudendo gli occhi sulle terrificanti cose che tutti abbiamo vissuto, preferiscono seguire le indicazioni di alcuni falsi maestri ormai scomparsi, e vedere nei comunisti e nelle sinistre ’laiche’ i più efficaci difensori degli interessi dei poveri e della gente meno difesa. L’amore evangelico (oggi si usa dire ’la solidarietà’) per i poveri, determina perciò quei cattolici alla collaborazione sistematica coi comunisti e i loro eredi, e con le sinistre in genere, verso cui - sopratutto certi sprovveduti - assumono atteggiamenti quasi da discepolo a maestro». (Eugenio Corti, "Le responsabilità della cultura occidentale nelle grandi stragi del nostro secolo", Mimep-Docete 1998, p. 29).

venerdì 26 giugno 2009

Che cos'è la verità.

Severino: Noi siamo invitati a parlare della verità. E' importante che si sia stati invitati, perché la cosa peggiore è voler parlare della verità. Quando si vuole parlare della verità, magari si vuol dire che cosa è la verità e magari ci si mette anche a fare propaganda in favore della verità. Cerchiamo quindi tutti di salvaguardare il nostro "essere invitati". Parliamo della verità, perché ci è chiesto; diffidiamo di coloro che invece, in prima persona, si fanno avanti e si propongono di parlare della verità.


Secondo Lei non è riduttivo considerare la verità come un farmaco, come un "rimedio", come un qualcosa che ci protegge, e non come una ricerca un po' superiore a questo, che va oltre?

Nella storia della nostra civiltà, nella storia dell'Occidente, la verità ha avito il compito di essere un "rimedio". Platone diceva ai giovani che bisogna cominciare a fare filosofia intorno ai trent'anni. Perché? Perché i giovani devono ancora imparare a vivere e a soffrire. Il giovane è l'essere umano che soffre poco. Ci rendiamo quindi conto che il dolore è il dato in relazione al quale prendiamo ogni decisione.
Porre, come ha fatto l'Occidente, la verità in relazione al dolore, non è riduttivo. Che la verità abbia avuto il compito di salvare dal dolore non è affatto riduttivo! Però il senso che la verità può avere non si deve ridurre al senso che la verità ha avuto nella cultura occidentale.



Dobbiamo considerare la verità solo come uno strumento, o come qualcosa di più elevato?

La domanda è bella perché bisognerebbe innanzi tutto che ci mettessimo d'accordo sul significato di questa parola: "verità". Penso che parliamo a vanvera se, innanzi tutto, non ci intendiamo sul significato della parola "verità". Penso che l'accertamento del significato di questa parola costituisca l'avventura più straordinaria che l'uomo abbia compiuto.
Che cosa intendo dire? Prima di conquistare i pianeti, prima di conquistare il centro della terra, prima di dominare le civiltà, è necessaria quell'avventura che consiste nel poter sapere qualcosa che non possa essere assolutamente negata. Quindi, innanzi tutto, pensiamo all'evocazione compiuta dai Greci: la verità come l'assolutamente innegabile, ma innegabile in modo tale che né cambiamento di epoche, né mutazione di cultura, né uomini, né Dei la possono cambiare. Neanche un Dio onnipotente può cambiare il contenuto della verità.
Questo è ciò che i Greci pensano. Lo sviluppo della nostra conversazione deve riferirsi a questo nucleo, a questo ombelico, che permane lungo tutta la nostra storia.
Anche quando non si crederà più che esista una verità, ci si riferirà a quel senso che la verità possiede all'inizio, cioè come assoluta innegabilità, incontrovertibilità.



Qual è il rapporto tra l'uomo e la verità. L'uomo alla ricerca della verità, come deve cercarla?

C'è un modo di pensare la verità che non potrà mai condurre alla verità. Si dice che l'uomo cerca la verità: si pensa che la verità sia altrove, perché se la cerchiamo non è qui con noi. Allora ci mettiamo in cammino per cercarla. Questa è l'immagine che lei ha enunciato chiaramente: questa è l'immagine di tutta la tradizione occidentale, anche scientifica. Laggiù c'è la verità, e noi ci diamo da fare per raggiungerla. Magari possiamo, a questo proposito, usare una metafora evangelica, molto bella: ci mettiamo a "bussare alla porta della verità".
Proviamo a riflettere su ciò che implica questa immagine del cammino che si deve percorrere per raggiungere la verità. Se io domando: questo cammino, che deve arrivare alla casa della verità, questo cammino è compiuto nella verità? Può esser compiuto questo cammino nella verità, se ci mettiamo, se partiamo dal principio che la verità sia laggiù, chiusa in una casa? Se la verità è chiusa là, il cammino percorso è nella non verità. Allora se bussiamo alla porta non ci sarà aperto.
Questo che cosa vuol dire? Che se noi ci mettiamo nella prospettiva dominante, in cui la verità è qualche cosa che va ricercato, accostato, a cui ci si debba avvicinare, noi non la troveremo mai. L'alternativa è incominciare a pensare alla verità come ciò in cui noi tutti, già da sempre, siamo. Nell'altro modo il discorso è chiuso, e non arriveremo mai ad una verità lontana.



Esiste una sola verità o sono possibili tante verità?

Quando si parla di verità e si dice: è "l'innegabile", a tal punto che nemmeno un Dio può negarla, ci rifaremo al modo in cui l'intera tradizione occidentale ha inteso la verità, cioè come "una". Una molteplicità di verità si negano tra di loro.
Come può venire in mente il concetto di una molteplicità di verità.? L'idea di una verità molteplice, conflittuale, internamente conflittuale (a verità del cristiano, la verità del marxista, la verità del capitalista, la verità del democratico, la verità del comunista), questo concetto conflittuale di verità è l'esito della distruzione inevitabile di quel grandioso concetto di verità, al quale alludevo prima: la verità come rimedio del dolore.
Tutta la complessa storia dell'Occidente è, per così dire, scandita in due gradi tempi: dapprima si cerca che cosa sia l'innegabile, si cerca di dire cos'è ciò che è innegabile, perché i candidati sono molti.
Negli ultimi duecento anni ci si rende invece conto, attraverso un lungo processo, che il senso tradizionale della verità è destinato a tramontare. Ma il tramonto della verità non è il tramonto di un qualche cosa che si studia nella lezione di filosofia, a scuola. Il senso della verità anima le opere, le istituzioni dell'Occidente: Chiesa, Stato, economia, iniziative pratiche, prassi. Se pensate alla verità come un qualche cosa che non abbia a che vedere con la vita non stareste capendo niente di ciò che il pensiero filosofico ha inteso con questa parola. La verità è ciò che alimenta l'intera tradizione.
Allora io affermo qualcosa di grave: la tradizione filosofica è necessariamente destinata al tramonto. Quel tramonto porta a quel concetto di molteplicità di verità.
Diqui, se noi dovessimo andare avanti a discutere, la discussione dovrebbe prendere questa piega: per quale motivo tramonta quella tradizione, in cui ci sono tutti i grandi valori ai quali noi per lo più crediamo? Il valore della morale, il valore cristiano, il valore democratico, il valore delle leggi naturali, il valore della democrazia.



Lei prima ha ricordato come la verità debba essere un qualcosa che non può essere negato, di inattaccabile. Nel corso della storia si è data come verità, con il Cristianesimo, Dio. "Dio-verità". Lei non pensa che dire "Dio-verità" vuol dire porre come verità il mistero della vita? Affidare a Dio i misteri senza però risolverli, cosa che invece adesso si sta facendo? Lei non pensa a ciò?

Lei dice che la verità emerge. Lei dà un'enfasi particolare al Cristianesimo. Già questo è un qualche cosa che non è possibile accettare, perché, quando il Cristianesimo parla di verità e dice: la verità è Cristo, e Cristo è il figlio Dio, quando il Cristianesimo usa la parola "verità", non la inventa il Cristianesimo.
La parola "verità" non è inventata dal Cristianesimo.
Il Cristianesimo attribuisce alla fede i caratteri che la filosofia greca ha attribuito a quella che Aristotele chiamava "filosofia prima", la "proto-philosophia", cioè verità. Anche Aristotele pensa: l'innegabile, l'indubitabile, il certissimo, l'assolutamente non discutibile. Tutti questi tratti, tutti questi elementi, il Cristianesimo li attribuisce alla fede. Se uno ha fede, non può dire: "Mah, io credo, forse che sì forse che no". No. Chi crede è assolutamente certo, crede di affermare qualche cosa di assolutamente innegabile.
Questo per quanto riguarda l'aspetto "formale" della verità, cioè i caratteri, i tratti della verità. Il Cristianesimo non inventa il senso della verità. Ma non inventa neanche Dio. E non inventa neanche ciò per cui Dio è così caratterizzante all'interno del Cristianesimo, come Dio creatore, perché il concetto cristiano di creazione, è creazione dal nulla, ex nihilo. Il Cristianesimo, la teologia - la grande teologia cristiana, perché si tratta di grandi esperienze che, pur venendo messe in discussione, mantengono una dimensione gigantesca - parla di creazione come creatio ex nihilo. Per il Cristianesimo la creazione è creazione dal nulla? Questo nihil, questo nulla non è inventato dal Cristianesimo, ma sono i Greci per primi a pensare, in un senso assolutamente radicale, il senso del nulla.



Gli imperativi morali possono essere considerati come un risvolto della verità? Un risvolto che rischia d'essere, spesso, soffocante?

Io finora ho lasciato parlare la nostra storia. Non sono io che credo che la verità e Dio sono soffocanti. Io vi ricordo che l'età contemporanea è radicata in questa convinzione. Sono duecento anni che il nostro tempo sta allontanandosi da Dio.
Oggi, ad esempio, si pensa che il Cristianesimo sia in rimonta. Vent'anni fa si pensava al Cristianesiomo come a un grande fenomeno in declino; oggi invece è in rimonta, ma nonostante questo andamento sinsoidale, la direzione generale, la tendenza fondamentale del nostro tempo, è verso il declino di tutte le grandi forme della civiltà.
Questo non sono io a dirlo. Io sono quello che descrive una struttura, che spesso è perduta di vista: questo discorso su Dio non mi appartiene, appartiene alla storia dell'Occidente. Questo non perché io sia un sostenitore di Dio, ma perché sostengo che l'ateo e il credente abbiano un'anima comune. Sia l'ateismo sia l'affermazione di Dio sono lotte in famiglia all'interno di un comune modo di pensare: quel modo di pensare che crede che l'uomo sia un essere effimero, che esce dal nulla e che ritorna nel nulla. In relazione a quel modo di pensare, il credente e l'ateo hanno la stessa anima.
Vale la pensa di sentire il mio discorso solo se non è mio, se non è prodotto di un individuo. Il cosiddetto "mio" discorso allude a qualche cosa che sta oltre la storia dell'Occidente, di cui fin qui abbiamo parlato.



Vorrei riallacciarmi al tema dell'unità e della molteplicità della verità. A mio giudizio occorre capire se, col processo tecnologico, ci sono delle verità che si vengono a scoprire, ed altre verità che vengono confutate. Il processo tecnologico può implicare il raggiungimento di una verità assoluta?

Avevamo accennato al fatto che la tradizione, non soltanto il pensiero dell'Occidente, è destinata a tramontare. Oggi, soprattutto dopo il crollo del socialismo reale, restano in piedi ancora grandi forze della tradizione occidentale. Le indicavamo prima. Lo stesso capitalismo, che è un grande modo di pensare, il comunismo, che è un altro grande modo di pensare, il cristianesimo, la democrazia, ecc. Avevo accennato prima al fatto che ognuna di queste forze oggi in campo crede di servirsi della tecnica per realizzare il proprio mondo di valori. Il cristiano vuol servirsi della tecnica per realizzare il mondo cristiano. Questa è l'illusione, perché la tecnica ha un proprio scopo: quello di incrementare all'infinito la capacità dell'uomo di trasformare il mondo. Questa è la verità dominante all'interno dell'Occidente, è la verità che depotenzia tutte le altre forme di verità all'interno della storia dell'Occidente. Il problema di tutti i problemi è proprio qui. Ma il senso che la verità possiede all'interno della storia dell'Occidente, e per il quale siamo destinati alla civiltà della tecnica, questo senso della verità è l'unico possibile? La mia risposta è un "no" grande come un cielo.



La verità non è mai stata trovata: non abbiamo mai avuto una risposta certa. Secondo Lei non è possibile ipotizzare che la verità stia proprio nell'esistenza, nel vivere, nella "verità come vita"?

La verità non è mai stata trovata perché la possediamo già da sempre. Non è che sia, ripeto, quella casa laggiù in cui si debba entrare. A costo di scandalizzarvi, ricordo che a Gesù, quando è sulla croce, il ladrone dice: "Signore oggi ricordati di me". Gesù gli risponde: "Quest'oggi tu sarai con me in Paradiso". Ciò a cui questo discorso - che tento di portare alla luce, al di là della storia dell'Occidente - porta è l'affermazione: "Badate, voi, noi, tutti, siamo già da sempre in Paradiso".
La radice greca di Paradiso vuol dire "esser presso gli Dei", "essere presso il divino". Quindi io sono lontanissimo dal dire: la verità non è mai stata trovata. Non è mai stata trovata perché l'abbiamo sempre. E' forse il linguaggio - qui verrebbe fuori il tema del linguaggio - che la occulta?
Per tornare al cielo, questa volta non stellato, la verità è come il cielo. Se un cacciatore pensa agli uccelli e spara agli uccelli, non vede il cielo. Ma il cielo splende sempre al di sopra della sua testa. Lui crede di non vedere altro che i volatili, le migrazioni degli uccelli e magari pensa a un cielo e "Chissà mai quando mai lo vedrò! Chissà mai se lo troverò".
No, il cielo è qui da noi. Noi siamo nel cielo.


1997, E.Severino

domenica 21 giugno 2009

E venne il grande giorno!

Ancora pochi giorni e finalmente sarò tuo. Gli uomini lo sai, nella loro prudenza, ci chiedono prima di fidanzarci in previsione del matrimonio eterno, ma....... io sono tuo. Sono sempre stato tuo, fin dall'inizio dei tempi. Non potebbe essere altrimenti, morirei piuttosto che scappare da te. Sò cosa c'è fuori dalle mura di questo castello, ci sono stato, vi ho viaggiato. Conosco posti gelidi, esseri orrendi e mostri di ogni tipo. Conosco la via per andare, ma anche la Via per tornare. E sono tornato, a Te. Ed ora,che mi appresto a essere tuo per sempre, la gioia scende e solca le mie guance, il mio cuore impazzito si scaglia fuori dal mio petto per esplodere in mille pezzi, infiniti, per quanti sono gli uomini. No, non ci riesco, eppure ero molto bravo in quello, ma non ne ho quasi ricordo: odiare. Odiare è essere morti dentro, è essere già all'inferno, perchè l'inferno è gelo, solitudine e odio. Ed io oggi mi avvicino e prendo per sempre la tua mano e sulle mie incerte gambe malate, accanto ti cammino, o mio Amato. A te ho anelato, anche quando ero convinto di scappare. E più scappavo e più mi avvicinavo. Che mistero Divino! Più cercavo fuori e più entravo in me, precipitando nel profondo del mio inferno per poi, improvvisamente su quelle strade, udire la tua voce, incontrare i tuoi occhi e il tuo volto. Oh mia Gioia, mio Amore, Amato e Amante, mio Tutto e Solo, a te ormai stò per legare la mia vita con lacci d'amore profondi come il mare.

venerdì 12 giugno 2009

Giochino della mia sorellina.

Domande per conoscersi e presentarsi... ^^
Se volete, fate copia e incolla sul Vs. blog e svelatevi! ^^

1.Che nome ti sarebbe piaciuto avere?
Il mio, nessun altro.

2.Ti piace l'epoca in cui sei nato?
No, mi sarebbe piaciuto ai tempi della Vecchia Europa, o Roma imperiale ai tempi di Cesare, e sarei stato un celto.

3.Il tuo segno zodiacale.
Bilancia

4.Il tuo ascendente.
Bilancia

5.Il colore degli occhi che ti sarebbe piaciuto avere.
Capelli ok, occhi...? boh, forse verdi.

6.i capelli lunghi o corti? ricci o lisci?
Come John Travolta in Grease!

7.La parte del tuo corpo che vorresti cambiare...
nessuna, anche se la malattia ha cambiato il mio corpo, va bene così.

8.Sei un tipo determinato?
Molto a volte anche troppo!

9.Hai un progetto per il tuo futuro?
Si. Andare a fare il pescatore sull'oceano in Messico. Ma tanto non accadrà.

10.Hai un sogno che vorresti realizzare? Sì. Vivere in una foresta del nord, una di quelle piene di folletti.

11.Il lato del tuo carattere che ti piace.
la disponibilità verso tutti?

12.Ti arrabbi spesso?
frequentemente, sopratutto con i mediocri e gli arroganti.

13.Che cosa provi in questo momento?
desiderio di solitudine. Come in ogni momento nonostante il mio carattere allegro.

14.Un aggettivo per descrivere cio' che c'è in questo momento infondo al tuo cuore.
silenzio e pace.

15.Il sentimento che ti rispecchia piu' spesso.
passione sanguigna per la vita

16.C'è qualcosa che vorresti dire a qualcuno ma non hai il coraggio, o non trovi le parole adatte?
Si, a mia moglie, al mio migliore amico e alla mia...... sorellina Fulvia.

17.Dici spesso t.v.b?
quasi mai, non è nella mia natura.

18.A chi?
Moglie, figli e amici, quelli veri.

19.Per chi ti faresti in 4 pur di vederlo/a serena/o?
i miei figli e mia moglie.

20.A chi affideresti un giorno il segreto piu' prezioso che hai?
A mia moglie.

21.Puoi contare sui tuoi amici?
Qualcuno, spero.

22.Credi nella loro amicizia?
Si.

23.Ti fidi di loro al 100%?
Si.

24.Su chi di loro ti affidi piu' spesso?
Marco e Fulvia.

martedì 5 maggio 2009

APPELLO AI GIOVANI EUROPEI In esilio, l’8 agosto ‘92. Leon Degrelle

Parte II°

Scoperte moderne O che salveranno tutto le scoperte moderne? I progressi scientifici del mondo contemporaneo sono spesso veramente stupendi. Ma il loro splendore non nasconderà mica le loro deficienze? Grazie alle trovate nei campi genetico e farmaceutico delle ricerche scientifiche contemporanee e alla loro diffusione su scala mondiale, si vive più a lungo. Le donne che – si sa – non muoiono mai, adesso hanno superato l’età media di 80 anni. E adorano essere prese per delle pastorelle irrequiete, il che è maraviglioso! Ma chi è che pagherà le pensioni a codesti milioni di intrepide ottuagenarie? E quelle degli uomini che fra poco vorranno far altrettanto? E i milioni di tonnellate di medicamenti supplementari che questi paralitici, bronchitici e storpi, tutta questa gente dalle voci tremanti reclameranno in coro presso la Previdenza sociale?... E le migliaia di stabili, in cui alloggiare quelle vecchiaie prolungate? E i divertimenti, i viaggi che occorrerà organizzare per poter ornare di sogni romantici i cervelli indeboliti ed i corpi barcollanti?... In futuro gli stati, schiacciati sotto i loro oneri attuali, dovranno affrontare i detti pesi addizionali che raddoppieranno il fardello, sotto cui i governi stanno già crollando. In carenza delle nascite, per alimentare tali fondi di anzianità incessantemente prorogata, sfondati come la botte delle Danaidi, sarà disponibile non più di’una metà dei lavoratori contribuenti alla Previdenza sociale. Allora, ci risiamo: da dove mai gli stati attingeranno quei benedetti miliardi per gli indistruttibili anziani e anziane?...

I ricercatori stanno a lambiccarsi il cervello, escogitando centinaia di altre meraviglie e cospargendo di stelle l’ombra. E’ vero. Si è arrivati, p. es., a raddoppiare la produzione del latte. Risultato: gli statunitensi lo gettano nei fiumi! E gli europei hanno dovuto stoccare nei propri frigoriferi del Mercato Comune un miliardo di chili di burro invendibile! Altrove, nel contempo, centinaia di migliaia di donne e ragazzini muoiono di fame e sete – in un mondo, in cui gli aerei giungono da Parigi a Tokyo in poche ore, ma un barattolo di latte in polvere o una coppa di yogurt ci metteranno un anno per arrivare oppure per non arrivare, addirittura, nei paesi che soffrono la fame! E sovente non ci si ritrova più: in Russia si fa il caffè di mattoni, i quali nel Brasile si fanno di caffè! Degli altri inventori hanno consentito di stimolare forzatamente la crescita dell’onesto bestiame d’ogni specie in maniera tale da raggiungerne il massimo sviluppo in tempi dimezzati. Risultato: non si sa più dove mai cacciare tanta di quella carne sanguinolenta, e ci s’azzuffa alle frontiere per dar assalto ed appiccare fuoco ai mezzimontoni e mezzimaiali, dei quali gli inglesi e i danesi non sanno più che farne!
A forza di astuzie, intelligenza e passione per le novità s’è riusciti a fare della TV una vera meraviglia. Risultato ancora: le folle rimangono incollate ai piccoli schermi per 3 ore e mezzo giornalmente, finendo col perdere completamente la bussola – alla mercé di non importa quali malelingue o qualunque ciancicone. Le demenze più sconcertanti, loro, incantati, le bevono tutte ed in linea con varie balle, cavolate ed affabulazioni così profuse prendono decisioni in merito alle proprie sorti e a quelle altrui, incapaci più di pensare e mai più essendo guidati dalle proprie idee, bensì dalle immagini, reiterate, spesso allucinanti e quasi sempre deleterie per la personalità dello spettatore. minuti della TV esercitano mille volte maggior impatto che cento studi obiettivi di scienziati o esperti, i quali a gran fatica raggiungerebbero 2 o 3 migliaia di lettori, mentre un damerino sul piccolo schermo avrà pacificamente 2 o 3 milioni di telespettatori beati e conquistati sin da prima delle sue baggianate.

La TV è la grande avvelenatrice del secolo. Basta che certi annunciatori siano sistemati ai posti chiave da alcune personalità politiche ben piazzate o dai manipolatori della grana che fanno i giocolieri di miliardi, regolando l’esistenza dei teleprogrmmi,– e codesti elargitori d’abbracci creano l’opinione pubblica, dominandola e tormentandola. In virtù di quale diritto?... Che cosa resta della «democrazia» alla fine d’una tale fregatura delle folle messe nel sacco? Zero! I pasticcieri del microfono e quelli al di sopra di loro dettano legge, l’unica legge, diventando questo spadroneggiamento di giorno in giorno più soffocante.

Gli uomini schizzano come frecce verso la Luna, il Nettuno e il Giove – come se si andasse a Lourdes o a Sestrières. L’energia nucleare è capace di sviluppare migliaia di bolidi di fuoco scintillanti e lampeggianti – fra i deserti dell’Arizona, i ghiacci della Siberia e le sabbie petrolifere del Kuweit! Mille scoperte sbalorditive pongono così il mondo, gli affari e i focolari familiari a portata d’ogni ricercatore o d’ogni molestatore.

E il bilancio?
Si va avanti?
Si è più felici?

Oppure la felicità sta degradando? Ultimamente al confine messico–statunitense si ha constatato che in un solo anno 28 operaie d’una fabbrica di cosmetici avevano partorito 28 neonati privi del cervello! Sarebbero dei fatti occasionali? Contraccolpi d’invenzioni valutate male? Ad ogni modo, 28 madri desolate hanno potuto per alcune ore cullare fra le braccia dei pupi amorfi, di cui il cervello era stato risucchiato dalle invenzioni mostruose o prodigiose! Senza dubbio alcuno, il mondo a venire poggerà su di un enorme punto interrogativo.

Malgrado tutto, un giovane deve ammettere senza vani rincrescimenti questo mondo nuovo così com’è: con le sue magagne, ma anche con ciò che si può ottenere di entusiasmante – con questi orizzonti estesi all’infinito, questi sport spesso distorti dall’uso delle droghe, ma ripristinati tramite le norme disciplinari e gli sforzi armonici dell’emulazione, con queste possibilità di acquisire cognizioni nuove grazie ai viaggi e – con la sua cultura più esatta e più estesa, anche se a volte bofonchia nello scompiglio e nell’assurdo. I riformatori d’ingegno s’arrampicheranno sul carro del XXI secolo, senza impedire, però, che gli enormi problemi d’ordine economico–sociale assillino il mondo già sommerso dalle complicazioni politiche, sociali e razziali. Se l’Europa vuol sopravvivere, dovrà superare queste complicazioni, costi quel che costa: tale è la sfida d’oggigiorno, una sfida tutta cruda che spaventa i deboli e deve stimolare, invece, i cuori dei forti. Una sfida che rileva non solo le circostanze d’un giorno o d’un tempo, bensì s’estende a tutto ciò che è di più intimo e di più costante in fondo all’essere umano, quale che esso sia. Se HITLER riscendesse un domani nello Walhall e riapparisse sbadatamente nella Cancelleria del terzo Reich, dovrebbe sicuramente ricorrere a concetti e metodi nuovi, trasformando profondamente la propria opera creativa. Non riprenderebbe, infatti, tutti i vecchi progetti insabbiatisi in mezzo alla strada, ma pur mantenendo fermamente i suoi princípi, li modellerebbe secondo le necessità dell’attualità. Le sue visioni sul problema dell’agricoltura, o sulla collaborazione delle donne nell’ambito della vita pubblica, o sull’ecologia – di cui egli fu il vero fondatore nel ‘33,– e sulla ripartizione razziale dei popoli, e persino sul riordinamento planetario delle ricchezze subirebbero, senza dubbio alcuno, dei ritocchi o persino delle realizzazioni diverse da quelle che hanno marcato la prima metà del XX secolo.

Rendere agli animi una vita spirituale Sarebbero poche le restanti probabilità di salvare la posta in gioco europea?... Il gioco è incalzante, esatto. Eppure sussistono cento motivi per lottare e sperare, e una ferrea volontà val più di mille impotenze. Nel ‘40 un REYNAUD, primo ministro chicchiriante della Francia «democratica», pavoneggiandosi, esclamava: «Noi vinciamo, poiché siamo i più forti.» Un mese più tardi attraverso tutto l’Occidente le democrazie al gran completo crollavano come i castelli di carte! REYNAUD, imbarazzato, fuggiva (con 29 chili d’oro) fino ai Pirenei, ove ebbe un incidente per colpa d’una roccia malcapitata! La vicenda era andata male! Il buonuomo DEMOS rimase fuori combattimento! I suoi conti furono regolati in qualche settimana. Si vede che tutto può cadere, ma un uomo di vero carattere è capace di ripristinare tutto. Per operare l’innovazione dei tempi futuri, basta solo che le volontà siano tese verso un potente sforzo dell’innovazione materiale. E non è che sia malata unicamente l’economia mondiale o l’ordinamento politico della società: è l’universo morale dei popoli che è colpito e intossicato da una folle corsa verso le comodità, apparentemente piacevoli, eppure spesso tragicamente devastanti. L’essere umano della nostra epoca s’è lasciato sfuggire i mille anni del cristianesimo e di religiosità: ciascheduno ha voluto «vivere» e godersi in sovrabbondanza gli agi e le piacevolezze, e senza neanche rendersene conto, è diventato schiavo delle gioie mediocri, limitate ad un benessere superficiale. E ci si muove soltanto radenti al suolo. Come si fa a restituire una vita spirituale alle anime pressoché spente, in cui la fiamma più non sale, smorzata com’è sotto le ceneri che poco a poco si rendon fredde? Chi è che la rianimerà? Chi è che su codesti carboncelli, divenuti di color terra, farà soffiarci l’ispirazione, da cui scaturirà il fuoco spirituale? Senza di esso, invece, sarebbe perso tutto. Occorre che la donazione, la generosità, l’amore per gli uomini, la volontà di dare e il sacro fervore di un ideale straripante di verità rinnovino la vita interiore di ciascun essere. Il cuore dell’uomo non è soltanto un ricettacolo per dei godimenti passeggeri: è un giardino incantato coi suoi colori e profumi. Il cuore dell’uomo desidera elevarsi attraverso il confuso sottobosco dell’esistenza. Rivoluzione politica? – Sì! Rivoluzione tecnico–economica? – Sì! Quella sociale? – Sì! Ma dominando l’esistenza dei suoi effluvi, e soprattutto – una rivoluzione delle anime! La felicità non è che un sottoprodotto di discoteca. L’uomo deve ridiventare, anzitutto, essere spirituale, teso verso tutto ciò che innalza e nobilita: se no, quantunque gradevole sia la decorazione, la vita risulta solo una mangiatoia, in cui ci si sazia e l’essenziale non esiste più.

Secolo delle élite .

L’anima c’è.


E c’è pure intelligenza. Una rivoluzione non si fa a colpi di spacconate, e meno ancora a colpi di vacue ingiunzioni dal fracasso di latta. Qualsiasi rivoluzione che arricchisce è frutto d’una lunga preparazione intellettuale. Quello futuro, sarà più che mai un secolo delle élite e del coordinamento delle loro scoperte: saranno i migliori, i più capaci – e solo loro – a coinvolgere, a dirigere e a mutare la società. E’ finito il tempo, in cui l’essere umano poteva preparare il proprio slancio nel lassismo, faciloneria, ignoranza e pigrizia. L’operaio dovrà cessare lui stesso d’essere un manovale ignorante, come lo è stato troppo a lungo. A forza del lavoro e della preparazione mentale dovrà trasformarsi in un tecnico altamente qualificato. Le industrie moderne – e costosissime – assumeranno soltanto dei collaboratori ben scelti. Domani non ci sarà più posto per i mediocri, i quali andranno a raggiungere l’enorme lupanare degli scansafatiche e parassiti spacciati, chiuso ad ogni avvenire. Nel secolo prossimo, a forza di fatica, costanza, elasticità dello spirito e potenza del carattere bisognerà che v’innalziate al livello intellettuale e alle conoscenze tecniche che marcheranno con la loro indelebile impronta i futuri condottieri d’uomini e di popoli. Che i giovani si mettano bene in testa che è proprio in quella misura, in cui lavorerà il loro cervello e s’amplieranno le loro cognizioni tecniche ed in cui loro stessi diventeranno parte organica dell’élite, che potranno riuscire nell’innovazione della società.

I tempi nuovi prenderanno a zampillare a mano a mano che voi, giovani ragazzi e ragazze del XXI° secolo, già accampati alle nostre porte, v’impegnerete – coi metodi e idee nuove, ma anche con un ideale ardente, come quello dei vostri predecessori dei tempi eroici,– ad adempiere il grandioso compito del rinnovamento della società sbandata. Giovani camerati d’Europa, ora spetta a voi. Siate pronti – materialmente, ben certo, ma soprattutto spiritualmente e intellettualmente – agli scontri più duri, compiendo la vostra avanzata illuminata dall’animo ed essendo disposti a tutti i sacrifici, coi cervelli perfettamente nutriti e ordinati ed i corpi forti. Allora, quantunque aspra sia la lotta, le solide braccia vostre potranno innalzare sui vostri scudi quella vittoria che i deboloni hanno creduto oramai divenuta inaccessibile.

Solo coloro che hanno fede sfidano e rovesciano il destino! Credeteci! E lottate!
Il mondo, lo si perde o lo si prende! Prendetelo!


Nel deserto umano, in cui belano tanti montoni, siateci leoni !

Forti come loro! E come loro intrepidi!

E che v’aiuti l’Iddio!

Salve, camerati!


Léon DEGRELLE
Agosto 1992.

APPELLO AI GIOVANI EUROPEI In esilio, l’8 agosto ‘92. Leon Degrelle

I° parte

Contro i buffoni democratici Anche noi avemmo l’età di 20 anni. Quei giorni non rinverdiranno più, pur vibrando i nostri animi ed i nostri cuori finora delle idee e degli slanci spirituali che ancora infiammano, indubbiamente, anche voi, giovani camerati nostri europei d’oggigiorno. Ferventi nazionalisti, noi sconvolgemmo – fin nel più intimo della sua coscienza – l’animo della nostra Patria, volendo recuperarla dai pantani politici, in cui stava soffocando, restituirle fiducia nella sua missione, rimettere ordine nelle sue istituzioni, ristabilire la giustizia sociale nel quadro di un’indissolubile collaborazione delle classi e realizzare soprattutto la rivoluzione degli animi che avrebbe liberato gli uomini del materialismo assillante. Nel giugno ‘41, poi, echeggiando le scampanate da un campanile all’altro, schioccò l’ora delle grandi possibilità europee. Soldato semplice prima, in seguito – caporale, sergente, ufficiale e poi Comandante la 28a Divisione Waffen SS Vallonia, come centinaia di migliaia di volontari del vecchio continente nostro, contribuii, sul fronte Est, alla creazione – inizialmente poco compresa, pur essendo inevitabile – d’un’Europa che avrebbe federato delle forze diverse, eppure reciprocamente complementari delle nostre Patrie, minacciate allora di morte dal comunismo sovietico, il quale sin dal 1917 accanitamente aspirava a far passare sotto il suo knut tutti i popoli del mondo intero.

Dapprima, certo, noi tutti, combattenti non tedeschi, eravamo molto differenti da un Paese all’altro: spagnoli, norvegesi, francesi, bosniaci, neerlandesi, estoni; le dure prove e le sofferenze sostenute, però, ci ravvicinarono rapidamente a vicenda, sigillando poi la nostra unità. Amicizia, ma diversità. L’Europa respirava in noi, e, passata la bufera, ciascuna delle nostre Patrie, fiera dell’onore riscosso dalle sue armi e del sacrificio offerto dai suoi morti, fece risplendere e magnificò la personalità del proprio popolo nel fascio delle nostre civilizzazioni riunite. Sconfitti e drappeggiando i tamburi, noi quell’Europa nostra nascente del ‘42, la vedemmo dopo il ‘45 raggrinzarsi nella banalità e mediocrità ed abbandonarsi perdutamente ad un furioso bisogno del godere, senza neanche indovinarne l’effimera fragilità. E ciò le offuscò l’animo, decomponendone le caratteristiche morali e spirituali. Domani va ricostituito il tutto. Questa devozione alle nostre Patrie e all’Europa che le federava, noi, vostri predecessori della Seconda Guerra Mondiale, la pagammo terribilmente cara: fummo trattati con le forche, incassammo mille colpi e conoscemmo i ruscelli d’amarezza; ci si mescolò col fango, si assassinò le persone a noi più care, ci si braccò ovunque con una rabbia demoniaca. Eppure la nostra fede è rimasta integra, e non solo: resistendo a tutto, non rimpiangiamo nulla. Malgrado che i nostri corpi siano invecchiati, se ritornasse l’occasione di rialzare le nostre bandiere, ripartiremmo senz’indugio, ubbidendo al richiamo del dovere con lo stesso vigore, lo stesso piacere e la stessa risoluzione mai sgretolati. Al presente, se ancora bisogna che morsichiamo le redini nel profondo d’un esilio tanto interminabile, quanto crudele, noi rimaniamo e rimarremo, cari camerati d’Europa, vostri compagni fino all’ultimo respiro nostro.

A dire il vero, neanche voi avete oggi la vita facile. In tutti i paesi, infatti, i giudici indaffarati e servili, schiamazzanti e gloglottanti, vi trottano alle calcagna – tutt’uno sventolio di sottogonne,– reinventando quotidianamente il Codice civile e quello penale per scoprire – democraticamente, ben certo! – dei nuovi pretesti che consentano d’ingabbiarvi nei loro ergastoli e sopprimere con le ammende aggrovigliate coloro che non accettino di baciare la pianta dei piedi di quella virago sacrosanta che è la loro «democrazia» da minchioni. Tutto il sistema delle acrobazie del parlamentarismo poggia, effettivamente, sul mantenimento dei rispettivi riti, e centinaia di deputati in quella ladroneria dei minestrai elettorali vengono eletti o rieletti, solo se appoggiati da una rastrellata preliminare di milioni, centinaia di milioni, e a volte persino di miliardi, che assicurano la sopravvivenza e l’imballaggio finanziario della loro macchineria elettorale. Le folle ben sazie dell’andazzo credono sempre meno in tali pantalonate, in cui per avere un uovo si deve dare un bue. Scovati nella loro tana, le greggi dei politicanti, visibili dappertutto, sono ridotte allo stremo, dibattendosi sui pruni. E si vota sempre meno, perché non ci si crede più da nessuna parte a quelle strepitose promozioni con agganci giusti. Non si raglia più assieme ai somari. Nei nuovi stati liberati dell’Est, in Polonia, p. es., la quale dovrebbe ancora provare meraviglia per il regaluccio «democratico» del tutto recente, il 65% dell’elettorato non vi si è presentato per votare! Idem in Ungheria! Quanto al Libano, gli elettori ci si sono dichiarati in sciopero! Nella Francia del ‘92 l’assetto ufficiale del governo è costituito solo dal 18% dei votanti, dai socialisti, cioè.

Tali fratonzoli luminai buoni a nulla e dallo spirito a tracolla difendono con un furore pressoché ridicolo il loro potere sempre più traballante. Ma osar rinfacciargli direttamente nel muso, che le loro compagini governative sono foderate di fatture fasulle e nutrite di estorsioni con la copertura del sangue di emofiliaci e che nel Belgio, in particolare, un ex primo ministro socialista di nome COOLS e dalle mani rapaci è stato fatto secco dal sicario d’uno dei suoi colleghi ministeriali specializzato nei racket, vi costa seduta stante esser considerato «criminale fascista». Far notare che i 9 decimi dei parlamentari, ignoti e incapaci, non servono assolutamente a niente, se non ad intascare i lauti guiderdoni, vi trasforma in un intollerabile guastafeste! Agli oppositori, che denunciano la sterilità delle fandonie prodotte dalle assemblee di 300, 400 oppure 500 crani (il più spesso – vuoti!), gli s’impedisce ogni accesso costruttivo alla TV, così come ai comizi di massa, ove potrebbero fornir lumi al popolo fregato. Per difendere di fronte alle sciocche folle la propria verginità democratica, i meschini intrigantelli del regime rivestono pomposamente i loro tripponi con la sciarpa ufficiale rossa bianca e blu e radunano le orde dei parassiti multirazziali e multicolore, affluiti alla rinfusa dai loro deserti bruciacchiati!

E ovunque: negli ambiti politico, sociale, economico e morale,– c’è pandemonio; stando alle ultime inchieste giornalistiche, infatti, il 68% dei francesi si dichiarano schifati. Ogni paese è oppresso da imposte folli che smorzano qualsiasi voglia di creare il nuovo. 20mila funzionari irresponsabili e altezzosi, mai eletti da nessuno, incoronano della loro impotenza mezz’Europa – quella tremolante e quella del Mercato Comune autocratico, sballottato nelle crisi a ripetizione e soffocato per giunta dai reucci sindacali, i quali stanno a maneggiare solo le petarde demagogiche. Non ci si produrrà mai altro che uova covate. Da spaccamontagne, il Mercato Comune trascina pietosamente dietro alle sue scemenze 16 milioni di disoccupati irrecuperabili. Voi, giovani ragazzi e ragazze dell’Europa reale, volete sostituire questo sperpero e furfanteria rovinosa con un’unione di stati sani sotto l’autorità d’un vero capo benamato, rispettato e liberamente scelto dal popolo. Tale unione sarà socialmente giusta e razzialmente protetta. Essa sola porrà fine alla dominazione arbitraria, agli assalti da dragoni e battibecchi degli usurpatori, che non meritano neppure l’acqua che bevono e che hanno approfittato della disfatta del ‘45 per fare i rodomonti, mentire ogni giorno, inebetire i popoli e addomesticarli.

Ma toccare l’onnipotenza dei pascià «democratici», rimestando gli intrighi nei loro panieri di chiocciole, vuol dire maneggiare la dinamite. E spesse volte ne avrete piene le tasche, dovendo sfidare tanti scrocconi e parassiti. Ma ciò non è d’ostacolo, bisogna esserci pronti, munirsi d’una costanza incrollabile e mai commettere azioni riprovevoli. Il popolo ha da sapere, che i princípi della nostra dottrina: responsabilità, tenacia, purezza e competenza d’un potere forte, cooperazione intelligente delle classi, esaltazione delle virtù fondamentali della società,– sono indispensabili. La vita vale, solo se è tesa verso la perfezione e la grandezza. Noi crediamo nello splendore delle stelle. La caccia all’uomo, che subite alla fine del nostro secolo, e le mordacchie, che vi occorre mandar giù, noi – vostri predecessori – le abbiamo conosciute come voi, o, può darsi, persino più di voi. Parecchie volte pure noi siamo stati privati d’ogni uso delle libertà pubbliche, e il nostro coraggio poteva perdere vigore. Così, mentre che un milione di belgi, p. es., sceglieva il rexismo, e nel ‘36 sotto la mia bandiera 33 deputati e senatori venivano democraticamente eletti al sufraggio universale, dal ‘36 al ‘40 noi non potemmo mai utilizzare neanche una volta la radio ufficiale che era però a disposizione di tutti i partiti, i quali bazzicavano la baraccaccia parlamentare! Sin da prima della Seconda Guerra Mondiale tale era l’intolleranza imbecille e il lavaggio dei cervelli nelle «democrazie»! E da allora eravamo degli appestati, in quanto volevamo sostituire un regime corrotto, anarchico e rovinoso con uno stato pulito, forte e popolare. Ed anche perché – oh massimo reato! – rifiutavamo d’essere complici nello scatenare la Seconda Guerra Mondiale «inutile e imbecille» (come lo diceva SPAAK), che i guerrafondai del marxismo e dell’ebraismo mondiale, sostenuti da un ipercapitalismo apolide dagli appetiti canini, imposero – per odio e fifa – all’Europa del settembre ‘39.

Quell’enorme guerra civile, dovemmo affrontarla soprattutto, quando, risoluto di trasformarsi l’Europa insanguinata del ‘40–‘41 in un pasticcio prima scelta, il comunismo si mosse verso i nostri paesi occidentali. Lottammo tenacemente, offrendo – durante quegli anni terribili – la nostra giovinezza ed il nostro sangue; conoscemmo il freddo, la fame e le interminabili sofferenze nelle immense distese ghiacciate del fronte Est. Parecchi milioni dei nostri compagni d’armi caddero, e migliaia degli altri – dopo tanti sacrifici – resistettero per lunghi anni agli orrori delle prigioni in propria Patria. I farabutti della birbantocrazia cosiddetta «democratica» parlano spesso ai creduloni delle crudeltà di allora, prendendo, però, una grande cura di addossarle ai propri avversari! Quanto alle crudeltà, è proprio l’URSS, alleata carinissima, che – battendo tutti i primati – le perpetrò sin dal 1917 nei confronti di decine di milioni di persone sul suo proprio territorio Gli inglesi, i primi arrivati al di là dell’Oceano Atlantico, ed i nuovi americani venutici su – negli USA nuovi fiammanti – vi ci fecero la mano, massacrando più di 4 milioni d’indiani d’America (200mila sopravvissuti sui 5 milioni) al fine di estirpare quella razza tramite un genocidio così enorme; e bollarono per giunta parecchi milioni di neri, stampigliando sulla loro carne il marchio di schiavitù. Sempre loro in Europa e Asia inaugurarono fra il ‘41 e il ‘45 la loro unica tattica della guerra nel XXÿ secolo – terrorismo,– sterminando centinaia di migliaia di civili coi propri bombardamenti elefantiaci di Amburgo, Colonia, Berlino, Dresda e poi Hiroshima e Nagasaki. Erano sempre loro quelli che dopo l’8 maggio ‘45 consegnarono alla tirannide dei Soviet – per circa 50 anni – i 100 milioni dei nostri compatrioti dell’Est! E ancora una volta furono proprio loro che fra il ‘45 e il ‘46 fecero perire di miseria e fame – nei propri campi nel terzo Reich e in Francia – un milione di prigionieri tedeschi, mentre i depositi statunitensi straripavano dei viveri lasciati deliberatamente inutilizzati. Sono loro, infine, che dopo la guerra permisero che parecchi milioni di civili in fuga – prussiani, slesiani, tedeschi, svedesi – fossero sterminati nel corso d’una «purga razziale» terribilmente selvaggia! Gli statunitensi, gli inglesi e i loro amici russi – recentemente rimbiancati con la lavatrice! – ben possono denunciare il razzismo dei serbi che assassinano le popolazioni civili della Croazia e della Bosnia per poter possedere dei nuovi territori «razzialmente purgati»: ciò non è che una ripetizione matematica degli stermini perpetrati dalle «democrazie» nel quadro del genocidio di oltre 4 milioni d’indiani in America e poi – dopo la Seconda Guerra Mondiale – sui territori confiscati allo stato tedesco! Al presente si sanno le orribili cifre: circa 2 milioni e 280mila rifugiati del terzo Reich perirono sulle strade dell’esilio, morendo di fame o assassinati dai sovietici e dai loro luogotenenti; altri 80mila furono dispersi; più d’un milione di sopravvissuti furono deportati in Siberia. Questi fatti abominevoli sono dettagliatamente descritti dallo storico Jacques de LAUNAY nel suo celebre libro «Il gran crollo» /«La Grande Débâcle»/. E’ comprensibile che nel ‘92 in Croazia e in Bosnia gli statunitensi e gli inglesi – intanto che i russi stavano proprio rimpicciolendosi! – si sono opposti ai conquistatori jugoslavi, ricorrendo a sole palinodie. E’ quello che facevano gli stessi serbi e avevano fatto o lasciato fare i loro cari alleati sovietici – a parecchie riprese e su vastissima scala! Quelle lacrime ipocrite, le versavano dei vecchi coccodrilli. I serbi nel ‘92, svuotando della popolazione civile le terre da loro invase, altro non erano che imitatori modesti! I loro maestri sono stati STALIN, CHURCHILL e ROOSEVELT – maestri sterminatori della prima metà del XXÿ secolo.

Guerre terroristiche e l’imperialismo statunitense E ancora, se le truppe della Seconda Guerra Mondiale consistessero non di soli omicidi occasionali! Ma dal ‘45 in poi si ha visto incessantemente riprodursi la tattica devastante della guerra terroristica, dovunque l’imperialismo statunitense abbia voluto imporsi. Così era nel Vietnam, con delle orde di donne e bambini, i quali, tutti nudi e bruciati vivi col napalm, fuggivano lungo le autostrade! Oppure in Iraq, ove 100mila o ben 200mila (non si sa, in effetti, quanti con esattezza!) civili sono stati sistematicamente e senza rischio alcuno falciati dalle mostruose raffiche terroristiche dei missili USA comandati dai computer! Come mai?... Per conservare intatti tanto la macchineria medievale e razzista del paese barile fabbricato poco fa dagli inglesi – il Kuwait, quanto gli emiri leccapiedi, rapaci quanto grifoni, foderati di miliardi di dollari USA e detentori ufficiali dei pozzi petroliferi sì cari ai gangster dell’ipercapitalismo statunitense – carnefici e spillagrana eterni! Saddam HUSSEIN, capo incontestabilmente popolare dell’Iraq, volendo recuperare quella provincia perduta dell’antica Mesopotamia e gestendo, anzitutto, uno stato solido in una regione straricca di petrolio, agli occhi dei capocci statunitensi era un seccatore da stanare, da sgozzare, da tirar giù dalla pertica! Le provocazioni iniziavano in primavera ‘89.

Occorreva, poi, riuscire a raggirare Saddam HUSSEIN, spingendolo ad un intervento che avrebbe fornito una parvenza di scusa per un’offensiva militare. Certo che la creazione artificiale e di freschissima data (‘62) dello stato di Kuwait fu inventata del tutto appositamente per mantenere sotto il controllo angloamericano i pozzi petroliferi, da cui in quella regione il petrolio sgorga in sovrabbondanza. La formazione di quel Kuwait fu escogitata altrettanto per sbarrare l’accesso principale al petrolio iracheno dalla parte del golfo Persico, dato che l’isola di Bouliban – principale ostacolo per le esportazioni del petrolio iracheno – è posseduta appunto dal Kuwait. Nel ‘69 il Kuwait accordò la cessione di quest’isola all’Iraq per 99 anni, ma un anno dopo il Kuwait, ripreso dagli statunitensi e dagli inglesi ed in preda al timore, ne fece disdetta. Conversando di questi problemi con Saddam HUSSEIN il 25 luglio ‘90 l’ambasciatore statunitense April GLAPPI appariva comprensibilissimo, come se il ritorno iracheno nel Kuwait gli sembrasse assai normale, e Saddam HUSSEIN allora credette che la tremenda campagna propagandistica mendace condotta in USA contro di lui nei mesi precedenti, fosse stata smontata, ed è così che cadde nel tranello diplomatico.

Sicché il 2 agosto seguente egli recuperava quasi liscio liscio senz’intoppo il Kuwait, il cui Emiro s’era gloriosamente messo i piedi in capo alla prima rotolata dei carri armati iracheni! Il caso, cioè, era abbastanza banale e simile a decine di quelli altri, accaduti precedentemente in terre arabe: nel Libano, parzialmente occupato dalle truppe israeliane, senza che nessuno le ricacciasse nel loro covo; in Giordania, alla Mecca, nello Yemen e pure in Siria, di cui erano state invase le Alture di Golan; senza scordare le terre degli Hashimiti! Ma stavolta Washington, trovando l’occasione tanto sognata di affermare in Oriente la propria supremazia, sbalordiva l’universo mondo con le stridenti urla. I barili di petrolio furono tenuti ben celati in retroscena: si sarebbe trattato, invece, di salvare la Libertà! il Diritto! la Civilizzazione! E chi è che non vi ci si sarebbe precipitato, udendo risuonare gli appelli di tanta virtù?... Ognuno su questa terra fu invitato a quell’hallalì, a cui accorsero i ficcanasi benintenzionati da tutte le latitudini, essendone i più zelanti proprio i rivali arabi – nella speranza di poter subentrare a Saddam HUSSEIN... in cambio dei dollari USA, beninteso! Nell’Egitto, affrettatosi d’accettare tal invito, BUSH annunciava la promessa di passare la spugna sui 7 milioni di dollari, dovuti agli USA da quel paese, se esso li avesse seguiti nell’impresa! Si correva l’estremo pericolo – delucidava Washington, intanto che a firma di W.SAFIRE l’«International Herald Tribune» arrivava persino ad affermare che da un momento all’altro su Nuova York, ci poteva cascare una bomba atomica di Saddam HUSSEIN!... Portataci nientemeno che dal diavolo stesso, sicurissimamente! Ed il 15 gennaio ‘92, allorché tutti erano pronti, si scatenò la carneficina della guerra: in alcuni giorni le spaventose armi del Sig. BUSH, mille volte superiori a quelle che avrebbe potuto mai procurarsi Saddam HUSSEIN, sterminarono migliaia di civili dappertutto in Iraq; il Kuwait fu ripreso quasi subito e senza ricorrere ai grandi combattimenti. Eppure, solo a malapena il Re d’Arabia Saudita ottenne allora dal suo compare statunitense nella ventura, che si fermasse il massacro, giacché era raggiunto l’obiettivo ufficiale ipocritamente proclamato in precedenza da BUSH sull’«International Herald Tribune», e cioè: «Il nostro scopo non è la conquista dell’Iraq, bensì la liberazione del Kuwait.

Tale liberazione rimise il Kuwait sotto la dominazione petrolifera degli USA, lasciando quello stato fantasma impegolato nel Medioevo vero e proprio, come prima. Ed essa fu ottenuta con una caterva d’armi terroristiche fornite dagli USA in un’abbondanza inaudita, e solo per via di fare le folle bere le fregnacce da sballo. La notizia menzognera più nefanda e abominevole spacciata agli statunitensi era quella della balla dei bebè kuwaitiani. Su mille giornali fu lanciata la comunicazione, destinata a sconvolgere migliaia di persone: in Kuwait 300 bebè sarebbero stati tirati fuori dalle incubatrici ed assassinati! Il 17 gennaio ‘91 la rete TV statunitense CNN /Cable News Network/ ne fece la sua delizia; e tutta la stampa distillò la nuova in 7 milioni di copie: «La descrizione delle truppe irachene che tirano fuori i bebè prematuri dalle incubatrici ha disgustato la coscienza della comunità mondiale.» Esatto, e per attribuirci un carattere ancora più mostruoso, BUSH ripeteva la storia dei bambini belgi, a cui i tedeschi avrebbero troncato le mani durante la Prima Guerra Mondiale. Dopo la vittoria degli alleati nel 1918 non si poté mai dimostrare al pubblico pervaso dall’indignazione alcuna di tali presunte vittime. – Per l’eccellente ragione che non ne era esistita una sola! Nient’altro che lavaggio di cervello! BUSH confirmò la frottola, corredandola persino di fronzoli in una nuova versione, sicchè la grande rivista francese «Identité» – su cui abbondano i professori universitari ed i maestri della Sorbonne – dava spazio a questa truffa nel suo N 16 del ‘92: «Lo stesso George BUSH ha dovuto far eco al barbaro atto, dichiarando in Arabia Saudita: “I bebè venivano strappati dalle incubatrici e scagliati per terra come legna da ardere”!» Immagini terribili, destinate a preparare l’opinione pubblica occidentale alla grande crociata a venire. Questo fatto che indignò «l’opinione pubblica internazionale» servì pure di trama per un film e fu oggetto d’un rapporto dell’Amnesty international.

Terminata la guerra, si ha appreso da una missione dell’Organizzazione Mondiale della Salute guidata dal Dott.David CHIU, che si trattasse d’una montatura orchestrata dalla ditta statunitense «HILL & KNOWTON» di relazioni pubbliche ed ordinata dall’Emirato del Kuwait – contro un ammontare di 60 milioni di franchi francesi! Come mai i bebè? – Siccome bisognava «ottenere un effetto emozionale tale, che la gente approvasse le risoluzioni dell’ONU». E furono fatti comparire anche i testimoni falsi e le biografie fasulle, in particolare – la testimonianza straziante di una ragazza, presentata come rifugiata e che in realtà era, invece, figlia dell’ambasciatore del Kuwait negli USA! Qui si raggiungono i colmi dell’ignominia! (ved. «Identité», N __ del ‘92).
E furon fertili di risultati, tali prese per i fondelli, sicché Saddam HUSSEIN fu battuto, ma solo parzialmente, al gran dispiacere del Sig. BUSH, il quale nel novembre ‘92 senza avere scalpato il Sig. Saddam HUSSEIN, come se si trattasse d’un SIOUX dei tempi beati, in cui i gloriosi antenati procedevano alle purghe razziali in USA, non poteva mica presentarsi agli elettori statunitensi ancora frastornati dal ricordo dei «300 bebè strappati dalle incubatrici» e «scagliati per terra come legna da ardere». Facendo quaresima, il presidente statunitense BUSH non si sognò sin dal ‘91, che di rifarsi del brutto affare. E nel ‘92 – di nuovo – moltiplicò, cinicamente, i pretesti mirati a provocare un altro conflitto. Dapprima innondò l’Iraq d’inquisitori delegati dell’ONU, i quali pretendevano di far emergere da ogni buco quelle armi d’una potenza fantastica, che venivano ascritte a Saddam HUSSEIN (mentre ne straripano gli USA!). BUSH esigeva addirittura di scavarle negli scantinati del Ministero di Agricoltura iracheno, e i reperti videro la luce del sole, ma erano solo cavoli e patate! Le centinaia di schizzinosi inquirenti dell’ONU conclusero, alla fine, le ben 14 ispezioni draconiane, affirmando ufficialmente nel rapporto finale da loro redatto, che le ricerche non avevano reso nulla e che non gli risultava esistente alcuna prova di installazioni militari. E neanche rintracciarono il famoso cannone lungo 2 chilometri e destinato, senz’ombra di dubbio, a far stornare al Sig. BUSH le palle da golf o sbalestrare il suo monopattino fuoristrada. Rimasta la bichilometrica bombarda occulta agli occhi del mondo dopo un anno di inchieste accanite, al Sig. BUSH, gli occorreva escogitare un’altra scusa, e lo divenne l’affare degli sciiti...

Tali sciiti appartengono a un clan religioso, diverso dai sunniti, i quali sono musulmani ortodossi. Il tutto, d’altronde, è intricatissimo, scomponendosi gli sciiti in 6 sette differenti e i sunniti – in 4. A 10mila chilometri di distanza, gretto, meschino e ignaro completamente delle traversie politico–religiose degli iracheni, BUSH ritenne scaltrissimo da parte sua inviare dai curdi nell’Iraq Settentrionale e dagli sciiti nell’Iraq Meridionale – alla vigilia della guerra del Kuwait – gli agenti CIA per sobillare queste minorità contro il sunnita Saddam HUSSEIN, intendendo di rovesciare quest’ultimo in quattro e quattr’otto e spezzarne il paese in 3 semistaterelli. Sin dal lancio del suo primo missile nel ‘91 BUSH aspettò, dunque, una rivolta simultanea. In realtà, invece, i curdi e gli sciiti s’agitarono pochissimo. In barba alla doppia trappola e alla distruzione del suo territorio, Saddam HUSSEIN da una barca di guai così neri, se la cavò benone. I curdi del Nord rimasero con un palmo di naso di fronte ai turchi – i loro nemici mortali, ben decisi di stritolarli un bel giorno; e quanto agli sciiti del Sud scatenati dagli agenti provocatori yankee, erano di nuovo impantanati, sguazzando da soli nelle spugnose paludi di Bassorah.

In piena guerra questo duplice tradimento doveva avere, evidentemente, delle conseguenze sul terreno: furono, infatti, arrestati alcuni capoccioni sciiti; uno di loro – si affermava – sarebbe stato impiccato. Triste, ma abbastanza comprensibile. Era ad ogni modo affare politico–religioso interno di uno stato, e riguardava solo il medesimo. Comunque, se sevizie ci furono, eran 100 volte meno severe del trattamento che i finti vincitori francesi e belgi – alleati degli statunitensi – fecero subire nel ‘44 e nel ‘45 a centinaia di migliaia di «collaboratori» trucidati in massa o interminabilmente incarcerati (a Bruxelles il mio Capo dello Stato Maggiore della Divisione Wallonie, ufficiale d’una correttezza esemplare, figlio e nipote dei Ministri della Guerra, languì in galera per 17 anni!). Nell’Iraq Meridionale durante la Guerra del Golfo l’ayatollah Abolkassem KHOEI – per istigazione degli emissari statunitensi – ci costituì un Consiglio provvisorio che avrebbe dovuto sostituire l’Amministrazione centrale, e alla resa dei conti la propria collaborazione, la poté ripagare con la fune di canapa che gli orlò la barba arrossata all’henna. Ma aveva 92 anni, si ritrovò meramente dentro una «residenza sorvegliata» e non gli doverono mancare cure o premure speciali: gli si procurò addirittura uno stimolatore cardiaco! Saziatosi degli anni, il sant’uomo ha finito poco fa col rendere tranquillamente all’Iddio di Maometto la sua bell’anima particolarmente pugnace e battagliera. A paragonare ciò con l’ignominia che nel ‘45 in Francia conobbe il suo equivalente, glorioso Maresciallo d’Armata PÉTAIN, diventato – sull’isola del Re – il più vecchio ergastolano del mondo all’età di 95 anni! Chi mai sentì parlare, all’epoca, d’una qualsiasi portaerei statunitense che minacciosamente venisse ad incrociare in prossimità di quell’ergastolo francese? E a bersagliare con raffiche dei suoi aerei il carcere del più illustre vincitore della Prima Guerra Mondiale? Ahimè, sciita non fu il Maresciallo d’Armata PÉTAIN! Da mezzosecolo oramai il corpo suo è in attesa d’essere trasferito in terra di Verdun – fra i suoi soldati. Ma guarda caso, a Bassorah, non ci schizza mica fuori il petrolio dell’isola del Re!
Piantati in asso nel ‘91, quegli sciiti, dunque, sarebbero dovuti risuscitare nel ‘92. Per mesi e mesi la stampa e la radiotelevisione ne avevano parlato pochissimo, e neanche si sapeva che fine mai avessero fatto, ma poi di botto furon fatti rispuntare a colpi di titoloni in bellissima vista.

Dopo che nel ‘91 aveva fatto cilecca la conquista finale dell’Iraq, e nella primavera e nell’estate ‘92, poi, l’orco Saddam HUSSEIN, presunto occultatore del bichilometrico cannone, fu messo al bando, tutto d’un tratto riemersero a galla i turbanti sciiti, agitati in un batter d’occhio sia in America che in Europa dai cacciabubbole che subissarono di sprecati fuochi d’artificio gli schermi blu mondiali. In effetti, al Sig. BUSH, gli premeva, costi quel che costa, migliorare la propria misera graduatoria elettorale, riesumando il malfattore HUSSEIN ora ridipinto per l’occasione da antisciita! Ed in pochi giorni il Sig. BUSH si rivelò ardente alfiere e paladino dei suoi amiconi sciiti di vecchia data, tanto speditamente mandati nel dimenticatoio nel ‘91! Perché mai, gran Dio, lanciarsi in quella bolgia? Ed intanto che neppure uno statunitense su mille avrebbe potuto fare i nomi delle sette in opposizione ai sunniti e agli sciiti! Poc’importa! A fine agosto ‘92 in alcuni giorni la portaerei statunitense «Independance», fu fiondata in fretta e furia nel profondo del golfo Persico – coi suoi 70 aerei da bombardamento, i quali scorrazzarono per lungo e per traverso l’Iraq sciita e furono poco dopo sostituiti coi Mirage 2000 e Tornados inviati con urgenza dai francesi e inglesi, i vassalli più docili di tutti. Che pagliacciata! Ci s’immaginerebbe, forse, una flotta aerea statunitense sorvolare la Francia repubblicana ai tempi, in cui il Sig. COMBES scacciava dal suo paese migliaia di religiosi e religiose cattolici indigesti al suo anticlericalismo? Ma nell’Iraq del ‘92 – in nome della sacrosanta protezione d’una setta quasi a tutti ignota – gli aerei statunitensi, inglesi e francesi sfrecciavano incessantemente nel cielo, andando in cerca d’un qualche incidente militare che avrebbe consentito di scatenare un nuovo eccidio terroristico! Volevano ad ogni prezzo stanare quell’eretico di Saddam HUSSEIN dal suo covo e falciargli l’erba sotto i piedi! Ansiosi anche di strozzare definitivamente l’Iraq, tagliandogli ogni accesso petrolifero al golfo Persico, feudo oramai degli USA. E Saddam HUSSEIN, ben conscio del fatto, che la lotta sarebbe stata impari e le sue truppe e il suo popolo sarebbero stati stritolati, si mordeva la lingua e dava il tempo al tempo. Ma che pensare, invece, d’un capo di stato, il quale, accorgendosi che l’elettorato sta abbandonandolo, si scaglia in un’insana smargiassata terroristica nell’Iraq Meridionale per poter barattare le consistenti cataste di cadaveri arabi contro qualche magro voto in più a Chicago o Arkansas? Ecco chi è colui che a tal fine risuscita le furiose guerre religiose del XVIÿ secolo punteggiato dai Carli IX e Caterine de’ Medici con un ammiraglio De COLIGNY che rispunta campeggiando sormontato dal turbante sciita! E ciò a rischio di scandalizzare fino all’esasperazione centinaia di milioni di sunniti in Asia e in Africa, o far insorgere – non si sa mai – un conflitto internazionale di un’ampiezza ancor più grande, spingendo gli arabi devoti alla propria fede di nuovo dalla parte dei loro fratelli spirituali dell’Iraq, da cui si distaccarono momentaneamente nel ‘91 sotto le pressioni di BUSH e compagnia bella!

Giusto al contrario, nel ‘92 in piena Europa, quando bisognava por fine alle liquidazioni razziste di parecchi milioni di bosniaci diseredati, per scalogna, di nafta: «Neanche un casco blu statunitense,– rifaceva il Sig. BUSH con un’impassibilità da beccamorti! – sarebbe inviato in soccorso di Sarajevo» – come se i caschi blu ad altro non sarebbero serviti, che a proteggere i percorsi degli autocarri della Croce Rossa carichi di approvvigionamenti umanitari! Col materiale terroristico unico al mondo in possesso agli statunitensi, gli agressori serbi – tanto falsi leoni, quanto miseri di armi sofisticate – sarebbero stati probabilissimamente spazzati via in men che non si dica. Da non scordare che nel maggio ‘41 coi mezzi di gran lunga più scarsi HITLER mandò a fondo l’intera Jugoslavia in soli 10 giorni, dopo che il figlio di CHURCHILL e la spia statunitense DONOVAN avevano ordito contro di lui a Belgrado un colpo di stato particolarmente perfido (a quell’epoca là gli USA non erano neanche in guerra!). Ma stavolta – davanti al dramma bosniaco – il Sig. BUSH, con una sufficienza pressoché ostentata, diceva seccamente: No! La Bosnia non è interessante né dal punto di vista finanziario, né da quello elettorale. Risultato: la si ha condannata a morire. Ed essa non se la caverà. Al contrario, i cadaveri iracheni e, soprattutto, la liquidazione fisica di Saddam HUSSEIN avrebbero aiutato di molto la propaganda elettorale – e la sciabola fu súbito sguainata! Facendo lo spaccone e gonfiando le piume, impugnato il ferro della vendetta, il Sig. BUSH colmava l’aria delle strombettate! Da fine agosto ‘92 i bombardieri volavano attraverso tutto l’Iraq del Sud a getto continuo 24 ore su 24! «Magari – diceva BUSH tra sé e sé – Saddam HUSSEIN opponesse resistenza! E che si potesse colpire forte di nuovo! Un tantinello di sangue iracheno sulle schede elettorali non farebbe affatto male nelle malsicure elezioni novembrine!» Mai nella storia dell’universo si conobbe un’ipocrisia dalle smorfiacce simili. Nel ‘92 da Sarajevo a Bassorah, in spire terroristiche ci si sarebbe dispiegato tutt’un giuoco maligno di rinunce algidamente interessate e dei più marci compromessi spudoratamente religioso–petroliferi!.

Ci siamo: qui la putredine del mondo attuale. Prima legge: il volgare profitto materiale. Poi il disordine, l’impotenza e l’ipocrisia degli stati. – E se sia immorale! L’orizzonte dell’economia è ovunque invaso da ondate d’incubi neri. Sul piano internazionale le fregature s’accoppiano ai ragionacchiamenti sornioni. 20 «Trattati di pace» finti sono stati violati – ogni volta – la stessa identica sera del giorno della stipulazione! Centinaia di scrocconi diplomatici che dilapidano milioni in favolose spese di rappresentanza e ci si pavoneggiano davanti ai fiutoni della TV, con milioni di spettatori impotenti che – di fronte a questi rigiri striscianti – stralunano gli occhi grandi come saliere. Neppure l’ombra d’un programma per ripescare 300 milioni di russi in perdizione! Di fronte all’insolenza sicura degli aggressori serbi l’impantanarsi dell’Europa che va sguazzando nel fango è totale. I caschi blu si dánno da fare, convogliando i camion con le vettovaglie e, a volte, dandosela a gambe! Ognuno sa perfettamente che la Bosnia è spacciata e che i tre quarti ne sono già occupati dai serbi, i quali la svuoteranno dei suoi abitanti e non cederanno mai una spanna del terreno conquistato e «razzialmente purgato»! Perché mai ci s’arrabatterebbero? Lo sanno che, se le democrazie si turbano di tempo in tempo – è unicamente per salvare le apparenze e rassicurare i babbei! E si riuniranno solennemente 100 volte, dandosi appuntamenti per le trattative, di cui si sa benissimo che non ne uscirà fuori assolutamene nulla. E firmeranno dei papiri pesanti e pretenziosi, annullati prima ancora che siano levati i cappucci delle stilografiche. Questo è tutto, e nell’esecuzione di quel pietoso carnevale, non ci si andrà oltre. E’ proprio così. Quello che vi si ha costruito nel ‘45, è codesto mondo odierno, ipocrita, impotente e buffonesco in mezzo alla vera tragedia; è proprio esso, trasudante l’inutilità e nocivo, che voi, giovani europei d’oggigiorno, siete in punto di dover abbattere.
Europa nella meschinità La democrazia, il cui sfacelo vediamo a occhio, è anarchia, sono strade malridotte e con buche, è filibusteria.

Centinaia di avventurieri, retori, dementi infestati di ignoranza, appollaiatisi sugli strapuntini parlamentari e ministeriali, fanno coccodè e la ruota, agitando il vento. Gli stati se la sbarcano, trascinandosi di una bufera in un’altra. I bilanci precipitano a rotoloni in fondo ai baratri spalancati come crateri vulcanici. I debiti nazionali non si calcolano più in milioni, bensì in miliardi, portati via come i granelli di sabbia che segnano i margini dei mari immensi. Pure il crollo dei princípi è del tutto impressionante: l’uomo non ci crede più in un bel niente, tranne che nel quattrino e in null’altro che in quattrino – il Buddha, a cui tutto torna e da cui tutto dipende. L’ideale non è, che uno scherzo! ¡Quiero vivir! – commentano gli spagnoli. Desidero vivere! In effetti, sul suolo che si sgretola ovunque, non ci si vedon più che gambe all’aria. Lo strombazzamento dei sassofoni sta ritmando il crollo, crollo delle nazioni, crollo della morale, crollo del divino e dell’umano. E il tutto – in un’euforia che ciascuno considera reale. La vita – lo sentite voi – fa il bum! E la società! E gli stati ci hanno il naso che sciaguatta nella meschinità.

In mezzo a questo casino, l’Europa amministrativa, detta Mercato Comune, sulle zampettine di tartaruga è subentrata all’Europa unificata dalle nostre battaglie e s’è accampata a Bruxelles. Priva di faccia, è, anzitutto, un conglomerato, un’accozzaglia di circa 20mila funzionari onnipotenti, bilancivori variopinti dai privilegi materiali crescenti a getto continuo. Non li ha eletti alcuna comunità popolare. E’ un congresso di capi ufficio. In tutto quest’affare la democrazia non è che una bolla incolore e inconsistente che alla minima corrente d’aria si spegne e svanisce. Una volta divinizzata, la Democrazia in questo fine secolo ventesimo altro non è, che uno specchietto per le allodole. I partiti politici – rossi, bianchi, gialli o verdi, di sinistra, centristi o di destra che siano – sono tutti uguali e identici nella propria strepitosa inutilità. Erano persino incapaci – dovunque fosse – di stroncare o meramente attenuare la disoccupazione – problema sociale elementare. Al contrario, l’hanno accresciuta favolosamente. Nella loro Europa nana del Mercato Comune ogni anno un milione, 2 milioni di disoccupati in più – sopratutto giovani – agganciano la loro miseria agli attaccapanni dell’economia in fallimento. Gli stati schiacciano le popolazioni – quelle che ancora lavorano! – con le stangate fiscali da sterminio, divorando coi loro sperperi la metà – o più d’una metà – dei frutti della fatica d’ogni artefice audace. Gli stessi partiti cosiddetti «democratici», i quali avrebbero dovuto elaborare una soluzione economica per combattere la miseria in quel terzo mondo che loro medesimi nella loro liberazione bacchettata del ‘45 progettarono come un sacco della spazzatura, sono stati ugualmente impotenti d’affrontare l’invasione multirazziale di massa d’enormi contingenti cenciosi delle popolazioni straniere che per colpa propria hanno perso la bussola, straripando ora tutti i parapetti sociali.

E per soprammercato, codesti liquidatori politici sono tremendamente corrotti – sia per necessità elettorale (in fase nazionale un’elezione – con tutto il suo schiamazzo pubblicitario – costa delle fortune!), sia per bulimia personale o familiare (le consorti, uscite spesse volte da un bel niente e rapidamente abituatesi alle automobili di servizio e ai viaggi gratis et amore a Los Angeles e Tokyo, non vorrebbero mica tornare a far le portinaie o domestiche a giornata!). Anche i politici sguazzano nei marci maneggi, fatture di gentilezza e bustarelle, spillando gli interessi da rapina su contratti di stato, forniture ufficiali, opere pubbliche e su tutte le operazioni, alle quali gli intrallazzoni d’influenza possono allacciarci le loro venali pompe di aspirazione. Sicchè negli elettori – lo possono constatare tutti – i politici altro non suscitano, che un’estenuazione da morire, e in parecchi – una crescente ripugnanza addirittura. Sorgesse domani, in Europa o nelle sterminate distese russe, un riformatore d’ingegno, il quale, scopa in pugno, sapesse proporre alle masse un vero e proprio programma economico–sociale di salute popolare! Allora le mafie pseudodemocratiche vedrebbero spazzare speditamente via il loro pullulamento viscoso di onischi sazi! A quest’ora la democrazia sta sopravvivendo ancora se stessa – valga quel che vale,– solo perché al momento c’è penuria di becchini!.

Dal ‘45 a questa parte lo scacco dato alla democrazia è stato totale: in politica, economia, morale e in vita sociale. E tutto ciò – giusto nel momento, in cui, mezzorovinata e strozzata dalle ambizioni mondiali degli statunitensi che sono pazzi della loro riuscita momentanea, l’Europa sotto pena di perire dovrà far fronte su tutti i campi ad impegni ineluttabili. Il mondo comunista, insensato sin dall’inizio (nel 1917), in quanto basato sulla lotta suicida delle classi, con una selvatichezza delirante ha fatto massacrare decine di milioni di ricalcitranti. Per fortuna, dal ‘42 a questa parte l’ordine europeo ha sempre messo in fuga i Soviet – dal Golfo Finnico fino alle vette dei picchi caucasici. Da allora ben 20 popoli dell’Est sono riusciti a farsi salvare senza l’imbecillità criminale degli americani di ROOSEVELT che subissavano STALIN di materiale bellico altamente distruttivo. Le bande alleate, infatti, non solo consentirono a questo tiranno di vincere la Seconda Guerra Mondiale, ma da regalo inaudito gli consegnarono per giunta – nel maggio ‘45 – tutt’Europa Est, e bisognò attendere pressoché un mezzosecolo affinché gli schiavi di Varsavia, Praga, Bucarest, Sofia e dietro a loro in seguito tutti i popoli della Russia riuscissero da sé stessi ad ottenere libertà, senza che un solo governo «democratico» dell’Ovest li avesse aiutati in checchessia a far saltare le loro garrotte.

Ed ora si tratta di ristabilire ordine in quel favoloso campo di rovine. Soltanto per riassestare la Germania Est, fra l’89 e il ‘92 la Germania Ovest s’è dissanguata dandosi fondo alle vene: da rifare era tutto, gli obsoleti stabilimenti inquinanti l’ambiente ed allestiti dai Soviet, appestavano l’aria; le loro macchine vetuste erano incapaci di sostenere alcuna concorrenza moderna. Si ha dovuto demolire ogni cosa e trovare migliaia di ricostruttori privati non sprovvisti d’audacia, mentre che nel frattempo le masse operaie, ridotte alla disoccupazione nel corso degli anni della ricostruzione, ora potrebbero sussistere fisicamente solo grazie alle indennità che raggiungono delle somme astronomiche. Si badi soprattutto che l’operaio della Germania Est, disinteressato lungo i 50 anni per ogni iniziativa personale e ucciso in nuce dall’egualitarismo sovietico, ha perso quell’antico gusto di lavoro ben fatto alla maniera tedesca che il lassismo comunista e l’assenza di qualsiasi incentivazione avevano scioccamente dilapidato. E’ tutt’un tessuto sociale, quello che andrebbe riordinato, come se prima non fosse mai esistito – un’opera immane. La Germania Ovest, però, ridiventata opulentissima e intraprendentissima, a quest’opera da giganti, ci ha dedicato tutte le proprie forze, facendo valorosamente fronte alla prova molto, ma molto difficile, ragion per cui dovrà ancora faticare per anni sudando sette camicie, prima che avrà reso vitalità e dinamismo a quella Germania Est che è stata totalmente snaturata dopo il ‘45 per l’aberrazione staliniana e che gli Alleati medesimi avevano messo su alla fine delle ostilità.

Ciononostante, la Germania Est è stato il paese meno arretrato fra quelli dominati dall’URSS, rappresentando, al tempo stesso, non appena una ventesima parte di essi (19 milioni d’abitanti sui 400 milioni!). Chi, quando e come si assumerà l’incarico di rimettere in piedi i restanti 19 ventesimi, completamente scardinati ed in preda all’incoerenza? Quindi, se non li si salva rapidamente e con un’efficienza tutt’esemplare, saranno sommersi dall’anarchia... Ed allora?... Li ne tireranno fuori gli USA? Proprio coloro, cioè, che durante la Seconda Guerra Mondiale in maniera così sostanziale aiutavano STALIN ad affondarli?... Ma se loro stessi sono in piena crisi economica, e nello scarso sforzo mondiale volto a prestar aiuto ai popoli della Russia nel ‘91 la partecipazione statunitense ha inciso del solo 3%, il che é quasi insignificante! Gli USA, costituendo la nazione più materializzata sulla Terra, per assicurarsi le ricchezze petrolifere del Kuwait – sì che hanno mobilizzato gli uomini e il denaro di tutt’il mondo, ma quello era un investimento, e mica un’opera filantropica. Caso mai, li indurrebbe nella tentazione, forse, il petrolio siberiano – nell’interesse dei megaprofitti del loro ipercapitalismo USA dai denti di pescecane e per la massima gloria del loro nuovo «ordine mondiale»? O che sarà così? Ad ogni modo, l’ex URSS non significa solo petrolio, essendoci lì non unicamente dei barili da riempire, ma anche ben 300 milioni d’esseri umani da sfamare e richiamare in vita.

Ed è, davvero, l’Europa, proprio quell’Europa vacillante d’oggigiorno, che avrà da fare l’essenziale, lo voglia o no. Abbiamo, dunque, visto che il ristauro dell’URSS in rovine rappresenterebbe uno sforzo almeno 20 volte superiore a quello che attualmente sta facendo la Germania Occidentale. Quest’ultima a tal fine ha dovuto svuotare le proprie casse. Potrà, forse, riempirle e rovesciarle 20 volte di più per risuscitare economicamente e industrialmente il gigantesco spazio russo del tutto indispensabile per un’Europa forte? E al di fuori della Germania, chi? La Francia diffidente – e ben la si capisce – è perennemente attaccata ai propri quattrini, e già esita d’accogliere un pugno di rifugiati croati e bosniaci, intanto che la Germania – malgrado tutte le sue preoccupazioni – ne ha accolti, con una generosità criticata, più di 200mila! Allora, ripescherebbe domani 300 milioni di bancarotti dell’Est?... Gli inglesi?... Questi qui ci hanno le pieghe dei pantaloni impeccabili, gli ombrelli rigidi come bastoni dei bovari e le loro donne portano i cappelli infioccati di nastri e maestosi come i transatlantici. A parte ciò, i loro portafogli sono gualdrappati di elastici! D’altronde, precipitano solennemente rotolon rotoloni pure loro, dopo che CHURCHILL, sborniandosi e scoreggiando, ha svenduto il loro impero nel ‘45... Chi altro, a prima vista, avrebbe voglia di darsi da fare? sopratutto, di «sborsare»? Si moltiplicano le conferenze schiamazzanti a più non posso, che non partoriscono mai altro che embrioni.

La collaborazione finanziaria coi russi frastornati è consistita tuttora solo in mancette, scucite obtorto collo dai rastrellaquattrini ad un GORBACIOV e un ELTSIN, i quali trottavano, frugando per vari Paesi, la scoppola nella mano tesa...

I miliardi della droga e il futuro della Russia E poi?... Viene da domandarsi, se sarà il gigantesco consorzio della droga – uno dei più potenti al mondo – quello che in fin dei conti prenderà in mano le enormi terre intorpidite dell’ex URSS... Di primo acchito potrebbe sembrare bizzarro, però non lo è affatto. La mafia mondiale degli stupefacenti possiede miliardi di dollari provenienti da mille gigantesche frodi e stende i suoi tentacoli dappertutto. Se ne troncano alcuni di qua e di là, ma senza ottenere risultati molto significanti. Cionondimeno, attualmente sia in Occidente che in America la mafia si sente braccata: si sorvegliano le banche, il lavaggio del denaro olezzante ed i trafficanti che saltano un po’ troppo agli occhi. Non si ha impedito, sicuramente, che la droga diventi una delle industrie più ricche e fruttuose dell’universo mondo, né che tale industria abbia fatto guadagnare, quest’anno, più denaro di non importa quale gruppo industriale. Eppure, dopo assestato un certo numero di colpi contro di essa in Occidente e negli USA, nell’ambito europeo dei marci maneggi della droga, ci s’è imposta una certa prudenza. E’ allora, esattamente, che la mafia degli stupefacenti ha scoperto le immense possibilità nuove nella Russia devastata. La legge del libero mercato, concessa ai russi, ha facilitato il traffico delle droghe, dette «leggere», di cui i raccolti vi coprono 35 volte più spazio che nel Marocco, il quale, però, da solo e in maniera pericolosissima rifornisce l’intera Europa. I confini della nuova unità russa passano vicino a tutt’una serie di paesi produttori di droghe pesanti, particolarmente – presso l’Afghanistan, che ne è il più importante fornitore nel mondo. Essendo stati una volta tali traffici più o meno sorvegliati, ora invece le frontiere orientali altro non sono, che un colabrodo, e permettono la penetrazione all’interno della Russia – vuol dire verso la mafia – degli stock di droghe pesanti di una mole inimmaginabile mai prima. La mafia internazionale che non sapeva più dove investire ancora le proprie montagne di miliardi ha così in un anno individuato il paese della cuccagna, il quale – contro i suoi angelici, anzi archiangelici assegni – le forniva contemporaneamente un campo di manovre, la mercanzia e le reti nuove di zecca per espandersi verso l’Occidente.

In tal modo, quei marci capitali sono in punto di provvedere l’ex URSS di una parte sostanziale dei miliardi che la sua risurrezione esige e che tutte le democrazie le rifiutano – gentilmente, beninteso,– ma con un egoismo e una mancanza di visione politica sorprendenti. Codesta fase è oramai superata. Di recente, solo alcuni mesi fa, la mafia s’è resa conto che questo rifugio immenso e quasi invulnerabile potrebbe consentirle di fabbricare oltre alle droghe naturali, pure quelle chimiche, di gran lunga più mortifere. Numerosi stabilimenti sovietici sono dismessi, e migliaia di ingegneri e scienziati, avendo perso la loro condizione precedente ed essendo cacciati nella miseria più nera, dovevano lasciarsi tentare. Gli si offrivano delle laute ricompense – a coloro, cioè, che nel miglior dei casi mai guadagnavano più dell’equivalente di 7 dollari USA al mese (nell’agosto ‘92 il rublo valse 205 volte meno d’un dollaro USA), e parecchi si sono lasciati imbrogliare e ci han ceduto. In Russia l’industria delle droghe chimiche sta per assumere delle dimensioni favolose. Essa vizia la gioventù russa che viene già sospinta dalla miseria verso le evasioni pericolose e che la TV alla moda nuova, piena zeppa dei film statunitensi imperniati sulla violenza e sulla droga sta intossicando tragicamente. Il traffico è andato molto più lontano – verso la Polonia, ove contaminava già gravemente la popolazione, e verso la Cechia. Da lì, in un anno o due, è passato in Germania, e poi – in tutt’Europa. Quest’ultima nutriva una vaga speranza di poter contenere le masse degli stupefacenti provenienti dall’America e dall’Africa, malgrado che la mafia impiegasse tutti i sotterfugi per camuffarli, presentandoli alle frontiere persino sotto forma di finti legumi secchi color naturale. Ma i democratici occidentali – e gli USA – forniscono per niente alla mafia un formidabile trampolino nuovo, lasciandola sostituirsi – nell’ambito finanziario – all’Europa in Russia, ed in tal modo le droghe di origine vegetale e chimica provenienti dall’Est potranno prossimamente sommergerli tutti.
Un particolare supplementare: approfittandosi dell’abandono in cui permangono le vaste distese intorno alla Centrale elettronucleare di Cernobyl, pure là le piantagioni di papavero hanno alzato i loro fiori della morte, essendo, però, smisuratamente enormi, simili ai grandi garofani allargati che s’innalzano sugli steli alti un metro e mezzo.

Si badi, che questi terreni danneggiati da emanazioni d’origine nucleare sono impregnate delle sostanze radioattive, le quali favoriscono in maniera sensazionale la crescita di tali garofani di papavero dalle misure del tutto abnormi! Ho visto le foto di queste piante gigantesche. E’ tremendo. La droga arrivata da Cernobyl produrrebbe nel mondo le scelleratezze supplementari che andranno ad aggiungersi a tutte le altre? Si conosce la mafia mondiale degli stupefacenti, le sue possibilità pressoché illimitate, la forza della sua organizzazione segreta e il cinismo dei suoi crimini. E voi, giovani d’Europa, n’eravate la preda, già attesa in agguato da quei trafficanti di sciagure, i quali in seguito al fallimento comunista stanno per disporre d’un potenziale produttivo straordinario. Un domani la Russia e il suo prolungamento – l’Europa – sono sul punto di conoscere un boia nuovo che succederà a LENIN e a STALIN appena rovesciati. Chi – fra tutti i nostri paesi stremati – avrebbe mai supposto l’apparizione di un tale concorrente: la Russia, addirittura, che ha subíto uno scacco ed è affamata e pronta a tutto? Invece è qui, mentre altri concorrenti non ci sono. Tale è la verità e la minaccia terribile per il futuro prossimo – una in più...

Aspettando senza decidere niente, l’Europa si disonora, impantanata com’è da 2 anni a questa parte e sguazzando nel fango della putrefazione russa e sui Balcani convulsi, e sia nel primo che nel secondo caso è riuscita a fare una pietosa cagata. Gli USA agganciano i propri missili alle stive degli aerei spia dell’«Independance» e schierano centinaia di cacciabombardieri in Arabia Saudita nella ferma intenzione d’ottenere – costi quel che costa – una risposta che gli consentirebbe di concludere vittoriosamente la loro guerra terroristica nel golfo Persico! Da non scordare che, spingendo forzatamente la via del petrolio fino a Bassorah, BUSH renderà un giorno o un altro accessibili al integralismo isdraeliano i vasti spazi del Nilo–Eufrate, a cui i loro profeti hanno sempre sognato, sicché quest’avventura di Bassorah risulta estremamente allettante. Per cattivarsi definitivamente – oltre all’elettorato avverso a Saddam HUSSEIN – pure quell’ebraico, talvolta reticente, BUSH non ha esitato a prorogare un avallo finanziario fantastico di 10 miliardi di dollari USA all’Israele, nel contempo più d’una volta condannata dall’ONU per le sue spedizioni brigantesche in Palestina, a Jaffa, nel Libano e in Siria. Già prima dell’avallo recente dei 10 miliardi di dollari USA un israeliano riceveva ogni anno dagli Stati Uniti un sussidio 300 volte superiore a quello d’un africano! C’è da domandarsi, di quale paese sarebbe presidente il Sig. BUSH in futuro: quello degli USA? Dell’Israele? O di tuttedue insieme?...

I bosniaci e i croati vengono sterminati a mitragliate dai serbi. 2 milioni e 500mila uomini, donne e bambini sono scacciati dal loro suol natio. L’Israele, invece, è grossa e grassa, luccicante come un vitello d’oro: per le lobbies ebraiche negli USA, gli conta solo quello! Gli ebrei della Russia vogliono sfuggire l’ex URSS, prendendo rotta verso la messianica Israele. Nel ‘92 si sono visti stanziare dagli USA 10 volte più dollari USA che non ne hanno ricevuti i 400 milioni di abitanti dei vari popoli della Russia e dell’Est messi insieme! Questi ultimi, invece, aspetteranno in vano che nel quadro dell’«ordine mondiale» del Sig. BUSH s’intraprenda a tirarli fuori dal disastro! Costui ha altre gatte da pelare, altri bidoni di petrolio da riempire e altri ebrei da coccolare. Nella Casa Bianca, allo sportello degli iracheni e dei bosniaci, c’è attaccato un gran cartello: «CLOSED»! Chiuso! Voler penetrare oltre vuol dire avere la certezza di farsi rompere il naso. Europei, non insistete: qui l’affare è regolato una volta per tutte.

La potenza dell’Asia e il dramma dell’Africa Completamente sprofondati nella gran bassezza da noi descritta, i mestieranti dell’Europa Est e di quella Ovest, così come i predatori degli USA (continuasse o meno quella zucca del Sig. BUSH a rigirare per la Casa Bianca come in un vaso d’aceto) sin da ora hanno da affrontare all’estero le consistenti forze nuove che con molta probabilità daranno loro un fastidio mortale nel corso del prossimo secolo. In effetti, il XXIÿ sarà, anzitutto, il secolo dell’Oceano Pacifico. E non solo quello del Giappone, Corea, Taiwan, Hong–Kong e Singapore, fertili di espedienti e già in piena fioritura, bensì pure il secolo d’un milione e mezzo di cinesi operosi e sobri, portatori – nel proprio intelletto – della sintesi di parechi millenni d’anni di altissima civilizzazione. Sviati sotto MAO per 50 anni di marxismo, i cinesi hanno ricominciato molto saggiamente, riscuotendo successi dapprima nella loro modernizzazione economica, invece di fare stoltamente – come dei GORBACIOV e degli ELTSIN – una rivoluzione politica, automaticamente condannata al fiasco, in quanto era già svanita l’essenza stessa di questi paesi e poiché in sostituzione del comunismo si offrivano loro soltanto dei modelli desueti, corrotti e falliti già dappertutto. I cinesi hanno agito al contrario di Mosca, ricostruendo l’economia prima di giocare ai riformatori politici, inventando dei metodi avanzati, come l’avevan fatto i giapponesi, e creando – come questi ultimi – una solidarietà sociale che raddoppia tanto il rendimento del lavoratore, quanto quello dell’industriale. Risultato: una volta ristrutturatisi, i cinesi entro 25 anni potranno raggiungere con le proprie vaste schiere la massa dei 2 miliardi degli asiatici tenaci e in possesso della tecnica più avanzata del mondo. E tutti insieme faranno sorgere la loro ricchissima unità di fronte ad un’Europa delle «democrazie», scarsamente congiunta oppure disgiunta e cinque volte meno numerosa, dal sangue depravato dall’AIDS e incancrenita da milioni di insoliti neoarrivati che fuggono dall’Africa o s’infiltrano dall’Est. Tale Europa sarà svuotata per giunta del senso morale, d’un ideale sociale e di confidenza in sé stessa. E non avrà più peso.

Malgrado tutto, non possiamo mica impigrirci scioccamente nel nostro vermicaio europeo; dobbiamo trarre le lezioni: quelle della digestione pertinace, delle scoperte tecniche e dei modi sociali tanto efficienti del mondo giallo. E il tutto – sotto pena di perire...politicamente squilibrati?
Slittando nella propria stridente bulimia, gli USA (pure essi, finalmente, dissanguati smorti dai deficit astronomici) regali, non ne faranno, se i medesimi non frutteranno. Ma che cosa mai potrebbero fruttare? Lasceranno alle ex colonie alcuni scarti agricoli comunemente invendibili – tutte storie per salvare le apparenze,– e subito dopo il rubinetto si richiuderà. Presa per la gola dai suoi propri problemi, l’Europa non fuorvierà esageratamente – essa non più – su quelle distese immense, prossimamente desolate. La Croce Rossa, i medici volontari e quelle poche forniture caotiche di ranci da sopravvivenza per il 2 o il 3% degli africani bisognosi non saranno che dei miseri pannicelli caldi somministrati sulle ossa sezionate. Ed in ciò di nuovo si vede, quale è stata la follia dei vincitori nel ‘45, che alla cieca gettavano un quarto dell’umanità nell’abisso. Russia, Asia ed Africa: problemi giganteschi, che il 6% degli europei dovrà affrontare durante tutto il secolo prossimo.

Il passato e la felicità Il passato è stato liquidato sotto i nostri propri occhi. anni fa il mondo operaio, pur malpagato, godeva d’una certa stabilità. Non c’erano splendide banche ad ogni 30 metri delle viuzze popolari, ma le modeste economie di carattere quasi generale assicuravano parecchia serenità. In quanto al contadino, col suo grano, cavoli, olive, carote e maiali più o meno se la cavava benone e si recava al suo campo, canterellando un antico ritornello, in groppa al suo ciuccio dalle orecchie drizzate come megafoni. Fu l’Europa dei campi, di quelli puri e semplici, nido e sussistenza della vita. Nella Prima Guerra Mondiale più della metà dei morti «caduti per la Francia» o «caduti per la Germania» furono contadini. E ciò non è quasi più credibile. Eppure era proprio così: più del 50%. Attualmente nelle campagne, i villani rimanenti ci fanno il 7% della popolazione. E anche questo è provvisorio: fra poco in tutt’Europa non ce ne sarà più del 5% o del 4%. E saranno minacciati per giunta d’essere sommersi di immense eccedenze statunitensi a prezzi ribassati. Le popolazioni rurali rappresentando un peso sempre crescente per gli stati, non potranno più sussistere in Europa, che a colpi di sovvenzioni, le quali incidono soltanto del 60% degli aiuti accordati dai cassieri del Mercato Comune. Gli agricoltori fanno oggi negli Stati Uniti solo il 3% della popolazione.

E si tratta, inoltre, di un ceto contadino incrinato che s’è industrializzato quasi del tutto e ce la fa a tirare avanti materialmente unicamente a forza di tostare, macinare, triturare o surgelare i prodotti, i quali vengono ottenuti in fretta dalle catene di produzione e per via della speculazione, hanno perso il loro sapore e sono imballati in plastica bell’e luccicante, buona solo ad adescare gli acquirenti. Prima della Seconda Guerra Mondiale il mondo dell’agricoltura costituiva l’essenza stessa dei popoli europei, i quali curavano con uno zelo geloso la bellezza e la qualità dei podotti dei loro raccolti – dei veri capolvori di pazienza, intanto che a ora, invece, si sentono sommersi dal mercantilismo statunitense. Dal canto suo, il lavoratore delle città è stato trasformato in un complemento imperfetto della macchina che lavora meglio di lui, più veloce di lui e prende spesso il suo posto. Acquistare una macchina supermoderna significa poter impiegare il 50% di operai in meno, vuol dire creare il 50% di disoccupati in più. La macchina sarà l’inumana padrona del XXIÿ secolo.

Prevedendo un licenziamento sempre possibile del lavoratore, in migliaia di focolari familiari è stato necessario raddoppiare la capacità di sopravvivenza, mettendo all’opera la donna, perché il suo salario serva di compensazione nel caso, se quello dell’uomo venisse un giorno a mancare. Da qui il disordine nei rapporti intimi: la stanchezza delle coppie, la noia di fronte ai lavori domestici, scontri d’incomprensione fra i caratteri estenuati, divorzi e bambini ogni volta meno numerosi ed affidati agli anonimi asili nido. Eppure a tutti i piccini è necessaria la tenerezza – alimento insostituibile per l’equilibrio infantile. Il costante utilizzo, d’altronde, dei supermercati, diventati un indispensabile complemento dei focolari a doppio introito e dei bimbi declassati, ha eliminato quell’essenziale elemento stabilizzante della società, il quale è rappresentato dai milioni di imprese commerciali di modeste dimensioni, annunciando la scomparsa delle classi medie. Lo stato è divenuto il mostro finanziario del mondo contemporaneo che gratta a grandi rastrellate una parte d’anno in anno maggiore degli utili famigliari, spesso artificiosi, ma cionondimeno faticosamente acquisiti, anche se un qualunque sussulto economico può improvvisamente spiaccicarli. L’umanità si crede libera; ma in che cosa lo è? – L’ipercapitalismo domina la società. E’ una nuova forma di schiavitù, di cui le dorature non celano per nulla la crudeltà. Un tempo un povero – se povero era – poteva più o meno reggere al colpo, e ci bastava ben poco. Oggigiorno, invece, l’implacabile asprezza della vita moderna coi suoi consumi esasperati e spese in continuo incremento soggioga o soffoca un diseredato. L’uomo intimamente onesto finisce per essere ritenuto un sempliciotto, prendendoci il sopravvento colui che è il più maligno, il massimo faccendiere, il meno scrupoloso. E se i soldi mancano, si prendono in prestito, ben al di là delle proprie possibilità e col rischio di venir tiranneggiati – messo il coltello alla gola – dai propri creditori. Per i 9 decimi delle famiglie le carte di credito sono diventate dei passaporti falsi per il tranello teso dalla ricchezza, la quale ci sfugge ogni volta, sicché si vuole sempre acchiapparla di nuovo.

Un giovane non capisce neppure che un tempo si poteva vivere altrimenti. Teoricamente la vita moderna è, ben certo, più agiata di una volta, ma – solo per alcuni: essa respinge, infatti, all’inferno i popoli interi non evoluti. Quanto alla maggioranza degli uomini e donne che lavorano sodo, sono ricchi solo del denaro, il quale svanisce e gli scappa fra le dita, dileguandosi come l’acqua sotto l’arena.L’uomo moderno si sposta dentro milioni di automobili–ripostiglio che gli dánno l’illusione di evadere dalla realtà, ma le vie così percorse ci traviano: le città più sovrappopolate sono appestate dall’asfalto, mentre l’aria ci sporca i polmoni ed insozza il sangue, e nei nostri viali rumorosi, gli ultimi uccellini ci fuggono dagli alberi pure contraddistinti dal fogliame stinto. Dappertutto gli stabilimenti buttano in alto i fumi nerastri inquinanti e sempre più asfissianti. Nel secolo prossimo, poi, ci saranno delle fabbriche piazzate persino nei più slontanati campi di riso o di manioca nel Laos, dai manciù e in Polinesia. L’immenso scompiglio umano si sta precipitando da ogni parte, come un flusso acqueo puzzolente e rancido, e la natura stessa è diventata rondine dalle ale floscie. Di fronte alle difficoltà quasi sovrumane che attendono l’ingresso dell’Europa nel XXIÿ secolo c’è da chiedersi, se esse saranno almeno alleviate dalle nuove scoperte, le quali potrebbero offrire dei mezzi straordinari per reagirci?... – Quesito capitale!!!

FINE PARTE PRIMA