sabato 15 novembre 2008

Primo amore.

Il mio primo amore, Francesco:

Altissimu, onnipotente bon Signore,
Tue so' le laude, la gloria e l'honore et onne benedictione.

Ad Te solo, Altissimo, se konfano,
et nullu homo ène dignu te mentovare.

Laudato sie, mi' Signore cum tucte le Tue creature,
spetialmente messor lo frate Sole,
lo qual è iorno, et allumeni noi per lui.
Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:
de Te, Altissimo, porta significatione.

Laudato si', mi Signore, per sora Luna e le stelle:
in celu l'ài formate clarite et pretiose et belle.

Laudato si', mi' Signore, per frate Vento
et per aere et nubilo et sereno et onne tempo,
per lo quale, a le Tue creature dài sustentamento.

Laudato si', mi' Signore, per sor Aqua,
la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.

Laudato si', mi Signore, per frate Focu,
per lo quale ennallumini la nocte:
ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte.

Laudato si', mi' Signore, per sora nostra matre Terra,
la quale ne sustenta et governa,
et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.

Laudato si', mi Signore, per quelli che perdonano per lo Tuo amore
et sostengono infirmitate et tribulatione.

Beati quelli ke 'l sosterranno in pace,
ka da Te, Altissimo, sirano incoronati.

Laudato si' mi Signore, per sora nostra Morte corporale,
da la quale nullu homo vivente po' skappare:
guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali;
beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime voluntati,
ka la morte secunda no 'l farrà male.

Laudate et benedicete mi Signore et rengratiate
e serviateli cum grande humilitate


E chi ha detto che Francesco non fosse un contemplativo?

Inseguendo l’Agnello




IL CANTICO SPIRITUALE

La sposa


1. Dove ti sei nascosto, Amato?

Sola qui, gemente, mi hai lasciata!

Come il cervo fuggisti,

dopo avermi ferita;

gridando t’inseguii: eri sparito!



2. Pastori, voi che andrete

lassù, per gli stabbi, al colle,

se mai colui vedrete

che più d’ogni altro amo,

ditegli che languo, peno e muoio.



3. In cerca dei miei amori,

mi spingerò tra i monti e le riviere,

non coglierò fiori

né temerò le fiere,

ma passerò i forti e le frontiere.



4. O boschi e fitte selve,

piantati dalla mano dell’Amato!

O prato verdeggiante

di bei fiori smaltato,

ditemi se qui egli è passato!



5. Mille grazie spargendo

qui pei boschi s’affrettava

e, mentre li guardava,

la sola sua presenza

adorni di bellezza li lasciava.



6. Ah! chi potrà guarirmi?

Alfin, concediti davvero:

e più non mi mandare

da oggi messaggeri

che non sanno dirmi ciò che bramo.



7. E quanti intorno a te vagando,

di te infinite grazie raccontando,

ravvivan così le mie ferite,

e me spenta lascia non so cosa,

ch’essi vanno appena balbettado.



8. Ma come duri ancor,

o vita, se non vivi ove ivi,

se ti fanno morir

le frecce che subisci

da ciò che dell’Amato concepisci?



9. Perché, avendo questo cuor

piagato, poi non l’hai sanato?

E avendolo rubato,

perché me l’hai lasciato

e non cogli la preda che hai rubato?



10. Estingui i miei affanni,

ché nessuno vale ad annientarli,

ti vedan i miei occhi,

perché ne sei la luce,

per te solo desidero serbarli!



11. Scopri a me il tuo divin viso,

tua vista mi uccida, tua bellezza;

tu sai che sofferenza

d’amore non si cura

se non con la presenza e la figura!



12. O fonte cristallina,

se in questi tuoi riflessi inargentati

formassi all’improvviso

quegli occhi tuoi desiderati,

che porto nel mio intimo abbozzati!



13. Distoglili, Amato,

ché a volo io vado!



Sposo



Colomba mia, ritorna,

ché il tuo cervo ferito

spunta di sull’altura

e al soffio di tuo vol gode frescura!



Sposa



14. L’Amato le montagne,

le boschive valli solitarie,

le isole inesplorate,

i fiumi gorgoglianti,

il sibilo dei venti innamorati,



15. la quiete della notte

vicina allo spuntar dell’aurora,

musica silenziosa,

solitudin sonora,

cena che ristora e innamora.

16. Cacciate via le volpi,

ché fiorita ormai è nostra vigna,

intanto che di rose

intrecceremo una pigna,

nessuno appaia là, sulla collina.



17. Férmati, borea morto,

vieni, austro, a suscitar gli amori,

soffia pel mio giardino,

diffondine gli aromi

e pascerà l’Amato in mezzo ai fiori.



18. O ninfe di Giudea!

Intanto che tra i fiori e nei roseti

l’ambra i suoi aromi emana,

nei sobborghi restate,

toccar le nostre soglie non vogliate.



19. Nasconditi, Diletto,

il tuo viso volgi alle montagne,

non cercar di parlare,

ma guarda le compagne

di lei che va per isole lontane.



Sposo



20. O leggerissimi uccelli,

leoni, cervi, daini saltatori,

monti, valli, riviere,

acque, venti, ardori

e delle notti vigili timori:



21. io, per le soavi lire

e il canto di sirene, vi scongiuro:

cessino le vostre ire

e non battete al muro,

ché la sposa dorma più sicura.



22. Entrata ormai è la sposa

nel giardino ameno desiato

e a suo piacer riposa,

il collo reclinato

sopra le dolci braccia dell’Amato.



23. All’ombra di quel melo

a me fosti sposata,

qui ti porsi la mano

e fosti riscattata

dove tua madre fu violata.



Sposa



24. Fiorito è il nostro talamo,

da tane di leoni circondato,

con porpora tessuto,

di pace edificato,

di mille scudi d’oro coronato.



25. Dietro le tue vestigia

si lancian le giovani in cammino,

a un tocco di faville,

per l’aromato vino,

effondon un balsamo divino.



26. Nella segreta cella

io dell’Amato bevvi e,

quando uscita fui in questa valle,

null’altro più sapevo,

perduto era il gregge che pascevo.



27. Là mi offrì il suo petto,

là m’insegnò scienza assai gustosa,

a lui tutta mi detti,

me stessa per intero;

là gli promisi d’esser sua sposa.



28. L’alma mia s’è data

con tutta la ricchezza al suo servizio;

non pasco più le greggi,

non ho più altro uffizio:

solo in amar è il mio esercizio.



29. Se d’oggi in poi al prato

non fossi più veduta né trovata,

direte che mi son perduta,

che, errando innamorata,

volli perdermi e venni conquistata.

30. Di fiori e di smeraldi,

scelti nelle fresche mattinate,

intesserem ghirlande,

nel tuo amor sbocciate

e da un capello mio tutte legate.



31. Solo da quel capello

che sul collo svolazzar vedesti,

sul collo mio mirasti,

incantato rimanesti

e in uno dei miei occhi ti feristi.



32. Guardandomi, i tuoi occhi

lor grazia m’infondean;

per questo più m’amavi,

per questo meritavan

i miei occhi adorar quanto vedean.



33. Non disprezzarmi adesso,

ché, se colore bruno in me trovasti,

ormai ben puoi mirarmi

dopo che mi guardasti,

grazia e bellezza in me lasciasti.



Sposo



34. La bianca colombella

all’arca con il ramo è ritornata

e già la tortorella

il suo compagno amato

sopra le verdi rive ha ritrovato.



35. In solitudine vivea,

in luogo solitario ha posto il nido,

sola così la guida

da solo il suo Amico,

d’amor in solitudine ferito.



Sposa



36. Orsù, godiam l’un l’altro, Amato,

a contemplarci in tua beltade andiam

sul monte e la collina

dove pura sorgente d’acqua scorre,

dove è più folto dentro penetriam.



37. Poi alle profonde

caverne di pietra ce ne andremo,

son ben nascoste esse,

e lì ci addentreremo,

di melagrane il succo gusteremo.



38. Là tu mi mostrerai

ciò che l’alma mia desiderava

e dopo mi darai,

là, tu vita mia,

ciò che l’altro dì m’hai già donato:



39. dell’aure il respiro,

il canto della dolce filomena,

il bosco e il suo incanto,

nella notte serena,

con fiamma che consuma e non dà pena.



40. Nessuno ciò guardava,

nemmeno Aminadab più compariva,

l’assedio s’allentava

e la cavalleria

alla vista dell’acque giù venia.



Tutte le volte che leggo questo testo del Santo Padre Giovanni, finisco con le guance bagnate di lacrime.

venerdì 14 novembre 2008

Eluana Englaro

giovedì 13 novembre 2008
Eluana Englaro, condannata a morire di fame e di sete
Riporto qui un articolo del direttore de Il Giornale, Mario Giordano, perché dinanzia a questo orrore non potrei nè vorrei esprimere diversamente ciò che provo. Condivido parola per parola. Dio ci perdoni. (Fulvia-Dama del bosco)


Per la prima volta, dopo mesi, oggi mi fa paura il foglio bianco. Non riesco a scrivere. Osservo la foto di Eluana e penso che dentro quegli occhi che ti guardano e non ti vedono c'è tutto il mistero della vita e della morte. C'è il senso della nostra esistenza. Ci sono i nostri ricordi, il passato, il futuro, c'è il nostro credo e la nostra speranza. Ho conosciuto da vicino il dramma del coma, sono entrato in quelle stanze piene di scienza e vuote di speranza, ho accarezzato mani vive sapendo che quelle mani non avrebbero potuto accarezzarmi mai più. So cosa significa fissare un volto caro sapendo che è lo stesso eppure ormai non ti riguarda, so cosa vuol dire il dramma di quei tratti che restano così vicini eppure diventano immensamente lontani, sempre familiari eppure come già in un altro mondo.
So che tutto questo lacera le coscienze, ci interroga nel profondo. Meriterebbe un po' di silenzio, anziché la solita gazzarra. Ieri, dopo la sentenza della Cassazione, c'era chi esultava. Come si faccia a esultare per una giornata che profuma di angoscia e di morte, Dio solo lo sa. Verrebbe voglia di chiedere la moratoria delle dichiarazioni. Sono stato 50 giorni a interrogarmi di fronte al coma di mio padre, e mi sembrava impossibile da reggere. Dunque m'inchino di fronte al dolore disumano del papà di Eluana che da 16 anni vive immerso in un'angoscia che si rinnova. Daremo voce nel Giornale, come sempre, alla sua posizione. E daremo conto nei prossimi giorni delle opinioni di chi crede che di fronte al progredire della scienza è diventata irrinunciabile una legge sull'eutanasia. Ma io oggi, ve lo devo confessare, ho paura di questo foglio bianco. Scusate, ma lo penso: di una condanna a morte non avevo scritto mai.
Dicono che Eluana morirà dolcemente, e non è vero: morirà dopo una lunga agonia. Dicono che a Eluana staccheranno le spina, e non è vero: in realtà smetteranno di nutrirla. Dicono che era accanimento, e non è vero: non si accaniscono, le danno solo il cibo per vivere. Dicono che Eluana voleva così, e magari è vero: ma di quante Eluana dovremo occuparci d'ora in poi? Il fatto è che da ieri si può, con una sentenza di tribunale, smettere di dare da mangiare e da bere a una persona che non può nutrirsi da sola. Quanti malati gravi può riguardare? E se vale per Eluana perché non per Maria o Giovanna o Antongiulia? E se vale per chi è in coma perché non per un disabile psichico, incapace di intendere e di volere? Chi stabilisce qual è la vita che vale la pena di essere vissuta e quale invece può essere interrotta? Un giudice? E in base a quali codici?
Eluana mi commuove, la sua fine mi sgomenta, ma il «caso» mi atterrisce. Se penso a quello che accadrà alla ragazza rabbrividisco: saranno giorni di tormenti, come per Terri Schiavo. Ma se penso a quello che accadrà a noi, se possibile, rabbrividisco ancora di più. Perché il «caso» singolo, circondato da umana comprensione e ovvia pietà, rischia di diventare il grimaldello del liberatutti, il lasciapassare per ogni esagerazione. È sempre stato così. Quando si parlava dell'aborto, per esempio, spesso si citavano casi limite: ragazze stuprate, minorenni, magari in condizioni di disagio. Non volete ammettere l'interruzione di gravidanza in queste situazioni? Poi, una volta ammessa, se n'è fatta una pratica consueta, un'abitudine, il surrogato del preservativo. Succederà così anche con l'eutanasia? Durante quei 50 giorni attorno al letto di mio padre, sono stato tentato più volte di chiedere ai medici di interrompere l'agonia. Non escludo che l'abbiano fatto, non escludo che lo facciano regolarmente. In cuor mio, forse, l'approvo pure: la disperazione merita sempre comprensione. Ma usare la disperazione per scavalcare il Parlamento e introdurre, via tribunale, il diritto di uccidere chi non si può nutrire da solo non è comprensione. È un errore e un orrore. Anzi, di più: è un orrore mostruoso, che ci divorerà.

Mario Giordano
www.ilgiornale.it

Concordo anche io con ciò che scrive Giordano e che la nostra cara Fulvia riporta nel suo blog.

Pace a voi, e pace a te sorella Eluana.

Giovanni della Trinità

giovedì 13 novembre 2008

Tardi t'amai

Tardi t'amai, bellezza così antica e così nuova, tardi t'amai !
Ed ecco, tu eri dentro di me ed io ti cercavo fuori di me e mi gettavo, brutto com'ero, sulle cose belle della tua creazione. Tu eri con me, ma io non ero con Te. Le tue creature mi tenevano lontano da Te... Tu mi hai chiamato e gridato e hai vinto la mia sordità; Tu hai brillato e balenato e hai dissipato la mia cecità; Tu hai sparso il tuo profumo, io l'ho respirato e ora anelo a Te. Ti ho gustato e ora ho fame di Te. Mi hai toccato e ardo dal desiderio della tua pace.
S.Agostino (dalle Confessioni 10, 27, 38)

P.S.: uno dei brani che più mi piace. Vorrei che fosse scritto sulla mia lapide.



Veglia notturna

Ti sento. Ci sei. Sei qui.
Ti sento quando parli.
Ti sento quando gridi.
Ti sento quando sussurri
e quando respiri.
Sei qui, accanto a me.
Un amorevole alito,
infinito e caldo,
Creazione e Sapienza,
Verbo incarnato,
Amore sacrificato
sull'altare della morte,
mi circonda e mi guida.
Chiudo i miei occhi
e resto in ascolto,
odorando, sorridendo,
a ciò che sento in me
ma non comprendo, ancora.
Rimango immobile
come nella fresca brezza
del mare, in una torrida giornata
estiva.
Ecco così,
nel silenzio gioioso
del cuore, Signore
ti amo, ti porto.
Cado e mi alzo,
ricado e mi rialzo,
e tu a me ti accosti,
mi prendi la mano
e mo sollevi, in alto
nel cielo, attraverso
interminabili sospiri.
O Fuoco che divora,
Fuoco che riempe,
Fuoco che dilata,
in Te mi sono perso,
in Te mi sono gettato,
in Te mi voglio fondere,
amare, morire.


da "Le parole che non ti ho detto" di Giovanni della Trinità

Davanti allo specchio

Nella profondità dei tuoi occhi, vedo il mio futuro,
nel calore del tuo abbraccio, sento la vita,
nel tuo infinito Amore, riposo al sicuro.


da "Le parole che non ti ho detto" di Giovanni della Trinità


P.S.: Gesù, vorrei essere un piccolo sorriso sul tuo volto, che porti agli altri un pò del tuo amore. Mio Dio, fà che la mia vita sia una lode di intercessione ed espiazione per la salvezza degli uomini.

Brucio d'Amore

"Deus ignis consumens". Il nostro Dio - scriveva S. Paolo - è un fuoco divoratore (Dt 4, 24; Eb 12, 29) (B. Elisabetta della Trinità)

Quanto sono vere queste parole! E quanto noi invece siamo distratti a osservare il male che c'è in noi.

Ma se perdessimo meno tempo a piangerci addosso, se perdessimo meno tempo nella autocommiserazione, se invece pensassimo solo a Cristo, se invece restassimo lì, in silenzio, ai suoi piedi mentre ci parla ...... sarebbe il suo Amore per noi a bruciare tutto quel male che ci attanaglia.

Credo che noi amiamo molto poco l'Amore!

Credo che noi contempliamo poco il Crocifisso!

"L'Amore non è amato" gridava San Francesco. Quanto è vera questa frase.

L'unico uomo che sia morto per noi nonostante noi.

Ma quante persone che conosco, amici, parenti, conoscenti, sarebbero disposti a morire per me?

mercoledì 12 novembre 2008

Dal mio letto.

Oggi sono a letto, sdraiato, guardo fuori e tra un tuono e l'altro, credo che stia piovendo.
La mia schiena ha fatto crack.
E' la seconda volta, Signore.
E' la seconda anima che ti raccomando.

Padre Pio sosteneva che anche le anime avevano un prezzo, e tale andava pagato.

Ma la gioia che mi dai è immensa.

Sto meditando in questi giorni sugli scritti della Santa Madre Teresa, e più specificatamente sul Cammino di Perfezione. Il cammino per l'Umiltà.

Credo che presto andrò a trovare questa anima, anima bella, profonda, innamorata di Dio.

Pace a voi.

martedì 11 novembre 2008

Incontro notturno

Questa notte ho udito il tuo
rumoroso silenzio,
il tuo respiro accanto al mio.
La tua voce mi avvolgeva
in uno stretto abbraccio d'amore.
O luminosi pensieri, minati da carnali passioni
e sorretti dal frastuono dei tuoi
silenziosi sussurri.

da "Le parole che non ti ho detto" di Giovanni della Trinità

Elevazione alla SS Trinità

Mio Dio, Trinità che adoro,

aiutami a dimenticarmi interamente per fissarmi in Te,

immobile e tranquilla come se la mia anima fosse già nell'eternità.

Niente possa turbare la mia pace né trarmi fuori di te, o mio immutabile;ma che ogni istante mi immerga sempre più nella profondità del tuo mistero.

Pacifica l'anima mia, rendila tuo cielo, tua dimora prediletta e luogo del tuo riposo.

Che io non ti lasci mai solo, ma ti sia presente,

con fede viva, immersa nell'adorazione,

piamente abbandonata alla tua azione creatrice.

Gesù mio diletto, crocifisso per amore,

io vorrei coprirti di gloria, vorrei amarti fino a morire.

Ma sento la mia impotenza e ti chiedo di rivestirmi di te,

di identificare la mia anima a tutti i movimenti della tua anima,

di sommergermi, di invadermi, di sostituirti a me,

affinché la mia vita sia un riflesso della tua vita.

Vieni in me come Adoratore, come Riparatore, come Salvatore.

O verbo eterno, Parola del mio Dio, voglio passar la vita ad ascoltarti.

Voglio rendermi docile ai tuoi insegnamenti per imparare tutto da te

e poi, nelle tenebre dello spirito, nel vuoto, nell'impotenza,

voglio fissare lo sguardo in te e restare nella luce del tuo splendore.

O mio astro adorato, affascinami, affinché io non possa mai più sottrarmi alla tua luce.

O fuoco divorante, Spirito d'amore, sopravvieni in me,

affinché io faccia nella mia anima come una nuova incarnazione del Verbo ed io gli sia una umanità aggiunta in cui egli rinnovi il suo mistero.

E tu, o Padre, degnati di curvarti verso la tua povera creatura

e vedi in essa solo il Diletto in cui hai messo tutte le tue compiacenze.

O miei Tre, mio Tutto, mia Beatitudine, Solitudine infinita, Immensità in cui mi perdo,

io mi do a voi come una preda:

immergetevi in me, affinché io mi immerga in voi,

aspettando di venire a contemplare nella vostra luce l'abisso delle vostre grandezze. Amen


Beata Elisabetta della Santissima Trinità

ho sempre amato moltissimo questa preghiera!

Vivere d'amore

VIVERE D’AMORE

Signore Gesù, tu hai detto: «Se uno mi ama,

metterà in pratica la mia parola, e il Padre mio lo amerà.

Io verrò da lui con il Padre mio e abiteremo con lui...

Come il Padre ha amato me, così io ho amato voi: rimanete nel mio amore». Vivere d'amore è custodirti, Verbo increato, Parola del mio Dio. Io ti amo e tu lo sai, o Gesù.

Lo Spirito di amore

mi incendia col suo fuoco. Amando te, Gesù, attiro il Padre nel mio debole cuore,

come tu hai detto. O Trinità, tu sei prigioniera del mio amore. Vivere d'amore

non è piantare la tenda sulla cima del Tabor,

ma salire con te sul Calvario, o Gesù, e desiderare il tesoro della croce.

Vivrò in cielo esultante, quando ogni prova

sarà passata per sempre.

Ma quaggiù voglio vivere d'amore, costi quel che costi,

pagando il prezzo della sofferenza. Vivere d'amore

quaggiù è un darsi smisurato, senza chiedere nessuna ricompensa. Senza far conti io mi dono,

sicura come sono che quando si ama non si fanno calcoli.

lo ho dato tutto al Cuore divino che trabocca di tenerezza!

Non ho più nulla.

La mia sola ricchezza è vivere d'amore.

Leggera è la fatica del cammino, ma se cado, o Gesù,

a ogni passo tu mi raggiungi. Di volta in volta mi sollevi, mi avvolgi nel tuo abbraccio, e mi dai la tua grazia.

lo vivo di amore.

Vivere d'amore

è un navigare incessante,

seminando nei cuori la gioia e la pace. Mi incita la carità, o mio Gesù,

perché ti vedo in tutte le anime sorelle. La carità, ecco la mia sola stella.

Alla sua luce, vogo diritta.

E sulla vela è scritto il mio motto: Vivere d'amore.

Vivere d'amore, che strana pazzia!

Il mondo mi dice: smettila di cantare e bada a non sprecare la tua vita.

I talenti che hai, impiegali utilmente! Ma amarti, Gesù, che perdita feconda! Tutto ciò che sono e che ho è tuo, Gesù. Io voglio cantare lasciando il mondo.

Io muoio di amore.

Morire d'amore, ecco la mia speranza: quando vedrò spezzati i miei lacci, Dio sarà la mia ricompensa:

non voglio altri beni.

Sono tutta presa dal suo amore,

e venga dunque a stringermi a sé per sempre. Ecco il mio cielo, il mio destino:

vivere d'amore.

Santa Teresa del Bambin Gesù e del Volto Santo.

S. Teresa di Lisieux: Storia di un anima - Man. C

271 - Lei lo sa, Madre, ho sempre desiderato essere una santa, ma ahimè, ho sempre accertato, quando mi sono paragonata ai santi, che tra essi e me c'è la stessa differenza che tra una montagna la cui vetta si perde nei cieli, e il granello di sabbia oscura calpestata sotto i piedi dei passanti. Invece di scoraggiarmi, mi sono detta: il buon Dio non può ispirare desideri inattuabili, perciò posso, nonostante la mia piccolezza, aspirare alla santità; diventare più grande mi è impossibile, debbo sopportarmi tale quale sono con tutte le mie imperfezioni, nondimeno voglio cercare il mezzo di andare in Cielo per una via ben diritta, molto breve, una piccola via tutta nuova. Siamo in un secolo d'invenzioni, non vale più la pena di salire gli scalini, nelle case dei ricchi un ascensore li sostituisce vantaggiosamente. Vorrei anch'io trovare un ascensore per innalzarmi fino a Gesù, perché sono troppo piccola per salire la dura scala della perfezione. Allora ho cercato nei libri santi l'indicazione dell'ascensore, oggetto del mio desiderio, e ho letto queste parole pronunciate dalla Sapienza eterna: «Se qualcuno è piccolissimo, venga a me». Allora sono venuta, pensando di aver trovato quello che cercavo, e per sapere, o mio Dio, quello che voi fareste al piccolissimo che rispondesse al vostro appello, ho continuato le mie ricerche, ed ecco ciò che ho trovato: «Come una madre carezza il suo bimbo, così vi consolerò, vi porterò sul mio cuore, e vi terrò sulle mie ginocchia!». Ah, mai parole più tenere, più armoniose hanno allietato l'anima mia, l'ascensore che deve innalzarmi fino al Cielo sono le vostre braccia, Gesù! Per questo non ho bisogno di crescere, al contrario bisogna che resti piccola, che lo divenga sempre più.
272 - Dio mio, avete superato la mia speranza, ed io voglio cantare le vostre misericordie. «Voi mi avete istruita fin dalla mia giovinezza e fino ad oggi ho annunciato le vostre meraviglie, continuerò a manifestarle nell'età più tarda - Salmo LXX». Quale sarà per me questa tarda età? Mi pare che potrebbe essere ora, perché duemila anni non sono agli occhi del Signore più di venti anni o di un giorno solo. Non creda, Madre cara, che la sua figliola desideri lasciarla... non creda che consideri una grazia più grande morire all'aurora piuttosto che al tramonto. Quello che stima, che unicamente desidera è far piacere a Gesù. Ora che egli sembra avvicinarsi per attirarmi nella sua gloria, io mi rallegro. Da lungo tempo ho capito che il buon Dio non ha bisogno di nessuno (ancor meno di me che di altri) per far del bene sulla terra. Madre mia, mi perdoni se la rattristo... Vorrei tanto rallegrarla, ma crede lei che se le sue preghiere non sono esaudite sulla terra, se Gesù per qualche giorno separa la figlia dalla madre, quelle preghiere non saranno esaudite in Cielo?

273 - il suo desiderio è, lo so bene, che io compia accanto a lei una missione molto dolce e facile; questa missione non potrò assolverla dall'alto dei cieli? Come disse Gesù un giorno a san Pietro, così lei ha detto a sua figlia: «Pasci i miei agnelli», e io mi sono meravigliata, ho detto a lei: «sono troppo piccola»... l'ho supplicata di fare pascolare lei stessa i suoi agnellini e di custodirmi, di farmi pascolare per grazia con essi. E lei, Madre amata, rispondendo un poco al mio giusto desiderio, ha custodito gli agnellini con le pecore, ma comandandomi di farli spesso pascolare all'ombra, di indicar loro le erbe migliori e più fortificanti, di mostrar loro chiaramente i fiori brillanti che non debbono mai toccare se non per schiacciarli sotto i loro passi. Lei non ha temuto, cara Madre, che io facessi smarrire i suoi agnelli; la mia inesperienza, la mia giovinezza non l'hanno affatto spaventata, forse lei si è ricordata che spesso al Signore piace concedere la sapienza ai piccoli, e che un giorno, pieno di gioia, egli ha benedetto suo Padre perché ha nascosto i propri segreti ai prudenti e li ha rivelati ai più piccoli. Madre mia, lei lo sa, sono ben rare le anime che non misurino la potenza divina secondo i loro corti pensieri; si ammette che dappertutto sulla terra esistano eccezioni, soltanto Iddio non ha il diritto di farne! Da lungo tempo, lo so bene, questo modo di commisurare l'esperienza agli anni viene praticato fra gli uomini, perché nella sua adolescenza il santo re David cantava al Signore: «Sono giovane e disprezzato». Nello stesso Salmo 118 tuttavia non esita a dire: «Sono diventato più prudente dei vegliardi: perché ho cercato la vostra volontà... La vostra parola è la lampada che rischiara i miei passi... Sono pronto a compiere i vostri ordini e non sono turbato da nulla».


Questo è il cuore della piccola via di Teresa. Questo è il manifesto che demolirà negli anni a seguire, quel concetto errato di chiesa, di fede, per cui Dio era in cielo pronto a fulminarci al minimo errore, e noi piccoli vermi sulla terra.
La visione del Dio amico "solo" dei virtuosi viene definitivsmente spazzata via, dall'affermazioni di Teresa.

Dio è molto più vicino al peccatore, e al peccatore incallito. Basta che l'uomo volti la faccia dietro a se e scopre il volto del Signore accanto al suo, poichè Lui non tradisce.

La Carità


"Amore non è guardarci l'un l'altro, ma guardare insieme nella stessa direzione."

Ho trovato questa frase in uno dei tanti blog, non sò neppure se appartiene a qualche personaggio famoso oppure no.
Ma credo che riassumo molto l'atteggiamento della carità.
Quante volte ci perdiamo nello scrutare l'altro, nell'interrogare l'altro, nel giudicare l'altro.
Già, guardare insieme, e nella stessa direzione.
Qualcuno potrebbe dire che se guardiamo insieme nella stessa direzione, non possiamo guardarci negli occhi. Non sono d'accordo, per chi si ama basta il cuore.

Giovanni della Trinità, OCDS

Il Cammino di Perfezione

Dagli esercizi spirituali predicati da Padre Gabriele Mora presso il Convento di Arcetri in Firenze per gli appartenenti dell'OCDS della regione Toscana-Sardegna-Marche.

IL CAMMINO DI PERFEZIONE

* Descrizione dell’opera
Premesso che è fondamentale per un carmelitano la lettura, la conoscenza e lo studio di questa opera della Santa Madre, possiamo descrivere la struttura dell’opera come segue: nei primi 3 capitoli, Teresa spiega la finalità della sua riforma; dal capitolo 4 al capitolo 15, scrive di quali siano le condizioni per vivere il centro della vocazione carmelitana, e cioè dell’orazione. Precisamente ponendo l’accento su tre aspetti: l’amore fraterno (cc.4-7) con in risalto l’umanità di Cristo nel quarto capitolo, il distacco e la mortificazione (cc. 8-14), l’umiltà (c. 15), umiltà trattata per ultimo ma prima come importanza.
L’opera continua con la spiegazione di cosa sia l’orazione nella vocazione del Carmelo attraverso i capitoli che vanno dal 16 fino al capitolo 42, descrivendo i vari aspetti dell’orazione stessa. Per cui Teresa parla della contemplazione come dono gratuito del Signore e non come traguardo delle umane fatiche, enunciando anche la differenza che intercorre tra anime “attive” e anime “contemplative” (cc. 16-1Cool. Segue il capitolo 19 incentrato sull’orazione e i suoi vantaggi, i capitoli 20 e 21, nei quali la Santa Madre esorta nella risoluzione nell’intraprendere il cammino, introducendo il concetto di DETERMINATA DETERMINATION (determinata determinazione). A questo punto dell’opera (c. 22) si spiega che cosa è l’orazione mentale e successivamente nei due capitoli a seguire anche i motivi per impegnarsi in tale orazione.
Nei capitoli 24 e 25, parla dell’orazione vocale e nel 26 dei metodi per favorire il raccoglimento.
A questo punto, Teresa inizia il commento al Padre Nostro, e arriva al cuore di ciò che gli preme dire. Non a caso nella trattazione del Padre Nostro tratterà dell’orazione di raccoglimento e dell’orazione di quiete, di come l’orazione vocale possa diventare orazione mentale seguendo alcune regole di vita: accettazione della volontà di Dio, il pane Eucaristico, il perdono delle offese, le tentazioni, l’amore e il timore di Dio, il male inteso come attaccamento alla vita temporale.


* Analisi del testo
Il testo nasce dal grande respiro ecclesiale di S. Teresa. Ma ben presto il libro si rivela un opera dedicata soprattutto alle monache del Monastero di S. Giuseppe; in questo senso sono frequenti, nell’opera Teresiana, i passaggi dal macrocosmo ecclesiale al microcosmo comunitario e soprattutto a quello dell’interiorità irripetibile del singolo. In effetti, è proprio nel cammino interiore di amicizia con l’umanità di Cristo (orazione Teresiana) che Teresa vede realizzarsi la vocazione ecclesiale della carmelitana scalza. Così l’alta vocazione di “combattere per la Chiesa- Castello” trova la sua immediata incarnazione nelle ricche pagine del testo, dove con la finezza proprio di uno spirito acuto, la Santa affronta i temi principali della riforma.
I tratti essenziali del messaggio di Teresa, estrapolati dall’opera nel suo insieme sono:
1) Interiorità e preghiera: Dio è dentro l’uomo e tale scoperta da sola giustifica un’intera vita dedicata alla ricerca della Sua presenza in noi (questa è la vocazione contemplativa). Questo primati risalta in ogni pagine dei suoi scritti.
2) Umanesimo cristiano: Ogni spinta ascetica è sempre moderata dall’indiscusso primato della persona umana e dai valori ad essa connessi. Grandissima sensibilità e sympatia di Teresa. La santità NON deforma l’umanità, la grazia non altera la creaturalità (concezione miracolistica): la santità integra ed esalta l’umanità del santo.
3) Unità tra Esperienza e Dottrina: Questo è un tratto adulto dell’esperienza spirituale. Sono i due bastoni di Teresa, sui quali lei appoggia tutto il suo scrivere. L’esperienza le consente una comprensione e traduzione vitale della novità dello Spirito; la dottrina le consente un costante riferimento alla funzione materna della Chiesa peregrinante, nei suoi dotti, teologi e pastori; insieme, fanno di Teresa una maestra, riformatrice della nostra famiglia, Dottore della Chiesa.

* Lettura e commento del Cap. 16

Tema centrale è l’UMILTA’ : come la Regina nel gioco degli scacchi, l’umiltà è la forza che costringe il Re alla resa. Qui Teresa sembra quasi affermare che prima dell’orazione è l’umiltà la caratteristica della vocazione carmelitana, ma più avanti nel libro dirà anche che senza la perseveranza nell’orazione è ben difficile ottenere il dono dell’umiltà. Comunque Dio è molto accondiscende con le anime umili, come fu per la Santa Vergine. L’umiltà è la virtù/grazia che ottiene il possesso di Dio da parte dell’anima (… questo possesso è il cuore dell’orazione, il fine, lo scopo…). Ma le giovani monache la incalzano, vogliono SOLO parole spedite sulla contemplazione; ,a Teresa le fa aspettare; questa è la pedagogia Teresiana: prima i fondamenti, le disposizioni e poi l’orazione. In effetti Teresa mette in guardia le sue giovani monache dalla contemplazione, poiché in essa è facile sbagliare strada se non si è giunti per la giusta Via. Quella che può sembrare a prima vista contemplazione può in realtà essere un inganno degli altri o un autoinganno. Pertanto Teresa prende altro tempo, promette di parlare dell’orazione mentale (par. 6 import.), ma prima comincia con l’affermare che non di rado il Signore concede la contemplazione anche ad anime in cattivo stato, solo al fine di scuoterle dal grande torpore del peccato, e soggiunge due concetti fondamentali: la gratuità della grazia, essa piove su tutti. E poi che tutti possono riceverla, anche chi non si giudica meritevole, alludendo come spesso fa, alla sua esperienza. Tale grazia della contemplazione come detto può essere donata anche ai principianti, una volta strappati al demonio (grazia del principio), per incoraggiarlo nell’intraprendere il cammino.
A questo punto Teresa inserisce un punto teologico importante: la grazia è Dio, Dio in quanto si dà all’anima. Si approfitta della grazia quando anche noi non ci risparmiamo per Lui. Premette anche che la contemplazione è analoga alla comunione eucaristica, un pasto con il Signore. E’ fondamentale tenere gli occhi fissi su Cristo.
Altro punto fondamentale nel cammino, è la grande tentazione, molto ricorrente del dirsi “NON SIAMO SANTI”. Inaspettatamente Teresa incornicia questa tentazione tutta spirituale, relativa alla supposta indegnità di stare in comunione con Lui, e quindi di pregare (tentazione di lasciare l’orazione), il cui principio è però nella carne (…. Per poco che ci tocchino nell’onore…).
Dio ci liberi da questa tentazione! Che è come chiudere l’ingresso della grazia. Si chiama “flasa umiltà”.
La cura? Teresa dice: generosità; ma soprattutto “santa presunzione e audacia” da lei espresso con determinada determinacìon (la santa presunzione fa crescere nell’umiltà)

* Lettura e commento del Cap. 17

Qui Teresa parla dell’orazione, ma dopo avere ripreso ancora il tema dell’umiltà, enunciando due principi:
a) i contemplativi stanno nel posto che ha dato loro il Signore, non ci si sono messi da soli!;
b) l’umile ha maggior merito, poiché decide egli stesso di stare nel posto assegnatoli dal Signore.
Il principio e il paradigma dell’umiltà è il seguente: “io vorrei che questa anima si tenesse sempre all’ultimo posto, secondo l’insegnamento e l’esempio di Nostro Signore”.

L’orazione non è il fine: piuttosto la volontà di Dio! E per fare la Sua volontà c’è più bisogno di umiltà che di orazione!

Teresa non parla sulla base del sentimento o di una esperienza arbitraria, è Dio che guida le fila di questo cammino; ciascuno secondo una strada diversa!
Noi incaselliamo, etichettiamo, definiamo restringiamo, omologhiamo, uniformiamo …… Dio invece progetta piani e cammini diversi, tanti quante sono le sue creature.
La perfezione non consiste nella contemplazione: l’umile è molto perfetta ed è trattata da Dio come un anima forte e un giorno le darà le sue delizie tutte insieme.
Teresa parla della sua esperienza personale, per 14 anni non ha potuto meditare senza l’aiuto di un libro. Libro o preghiera vocale, o altri che sono ancora più distratti. L’immaginazione durante l’orazione mentale si scatena, ma Teresa ci dice che: … non credo che rimangano con minor merito, anzi sono uguali…. Anzi camminano con maggior sicurezza (poiché non si illudono).
Poi Teresa, incalzata dalle giovani sorelle, enuncia un principio importante: mentre parla delle dolcezze unite alla contemplazione, afferma che tali dolcezze possono venire dal demonio e si riconoscono perché portano con sè superbia, sperimentabile (come l’umiltà) nei rapporti tra le sorelle; se invece quella contemplazione (con le dolcezze) porta con sé l’umiltà, allora è autentica.
Pertanto gli umili, mantenendosi tali, ottengono per via più dura, ma con maggior certezza, lo stesso frutto delle contemplative: anzi, in essa già “vivono” e permangono senza pericolo che venga loro tolta con il mutarsi delle dolcezze dell’orazione!!!
Pertanto quella dell’umiltà è una via sicura.

Teresa definisce anche l’umiltà: non è un portamento del corpo, non è la voce bassa, non è la osservanza stretta ….. “la veradera humildad consiste nell’essere disposti ad accettare CON GIOIA quanto il Signore vuole da noi”. Tutto è servizio all’ospite.
E’ un gran bene che scelga Lui per noi, poiché noi scegliamo male, poiché la contemplazione ci sembra un “riposo”! Molto si guadagna invece a non voler guadagnare.
Pertanto si ribadisce che la vera umiltà consiste specialmente nell’essere disposti, senza alcuna eccezione, a uniformarsi al volere del Signore e a considerarsi sempre indegni di essere chiamati suoi servi. E se la contemplazione, l’orazione mentale e vocale, la cura degli infermi, i vari servizi domestici e il lavoro, anche il più umile, se tutto ciò equivale a servire l’Ospite Divino che viene a dimorare, a mangiare a ricrearsi con noi, che cosa ci importa di attendere ad uno più che a un altro ufficio?


A conclusione di quanto esposto durante il ritiro spirituale da Padre Gabriele, rinnovo l’invito fattoci anche a noi di leggere MOLTO lentamente e attentamente il testo della Santa Madre, poiché essenziale nel cammino di crescita spirituale di ciascun carmelitano, ricordando che innanzitutto dobbiamo camminare nell’umiltà cercado di fare la volontà del nostro Re, il resto ci sarà dato in sovrappiù.

Perchè un blog.

Già, perchè questo blog? Mi hanno chiesto in tanti!

Perchè dopo avere girovagato per il mondo, sono stanco.

Stanco di combattere contro i mulini a vento.

Che importanza ha avere conquistato cento battaglie, se poi perdi l'anima?

E allora cari amici, ritorno nel silenzio della mia cella, nella quiete del mio chiostro, ovviamente spirituale.

Basta polemiche, basta guerre, basta tutto ciò che NON è Cristo, e SOLO Cristo.

Sono stanco di chi intende la Fede come battaglia contro tutto ciò che è post-conciliare, a prescindere. E viceversa.

Sò che molti non capiranno e non condivideranno questa mia scelta, ma vi prego, se siete miei amici, cercate di comprendere aldilà delle parole, cercate di leggere attraverso gli altri post del forum quale spirito animi questo mio cammino.
E se non lo comprenderete, non importa...... vi amerò lo stesso.

Pace a tutti voi.

Giovanni della Trinità, OCDS

Il mio nome.

L'abbreviazione OCDS stà per ORDO CARMELITARUM DEASCALCETORUM SECOLORUM. Anche se ancora devo effettuare le mie promesse, lo userò soltanto perchè nessuno mi scambi per un sacerdote o un religioso.

Il nome Giovanni è il mio vero nome (anche se sono stato battezzato come Giovanni Giuseppe, il giorno di Santa Teresa di Lisieux), l'appellativo monastico "della Trinità" mi fu assegnato dalla mia prima maestra di formazione, Adele, la quale, pur non essendo più in uso tale pratica, volle farmi questo dono pochi mesi prima di morire.
Ed è solo per obbedienza a lei che continuo da quel giorno a usare tale nome.