sabato 27 dicembre 2008

Come restaurare il Regno Sociale di Cristo.

Il cardinale Louis Pie ha scritto molto sulla regalità sociale di Cristo a ci ha anche dato i suoi saggi consigli per restaurarla.
I fedeli devono fare regnare Gesù nel loro intelletto e poi nei loro cuori (nihil volitum nisi praecognitum) mediante l’istruzione religiosa; “L’unica speranza di rigenerazione sociale dipende dallo studio della nostra religione….. il primo passo di ritorno alla pace e alla felicità sarà il ritorno alla scienza del Cristianesimo”.
Allontanare il proprio spirito dalla verità, esserle indifferenti, è – secondo il Card. Pie – il crimine che Dio punirà con maggior severità e giustamente. L’istruzione religiosa dei fedeli deve essere solida e deve alimentare in essi un fede integrale e completa, che confessi non solo la divinità e l’umanità di Gesù Cristo, ma anche la sua regalità sociale. Il cattolico, se vuole esserlo integralmente, deve credere che Gesù ha il diritto di regnare sulle istituzioni sociali. Il fedele manifesterà la sua fede integrale soprattutto praticando senza rispetti umani la religione cattolica, apostolica e romana: “ La religione cristiana è una religione pubblica, e i fedeli hanno l’obbligo di praticarla pubblicamente,……. donde la necessità di rendere a Cristo il culto pubblico della Chiesa”
Non bisogna arrossire di Cristo davanti agli uomini, né bisogna arrendersi se l’ambiente in cui ci si trova a vivere e a lavorare è anticristiano; questa sarebbe una circostanza aggravante e non scusante, poiché nell’apostasia generale in cui viviamo siamo obbligati a dichiarare a voce alta la nostra fede ed essere di esempio; se qualcuno si vergogna di Gesù davanti agli uomini, Cristo si vergognerà di lui quando verrà a giudicare i vivi e i morti: “ siccome il Dio del cielo e della terra è diventato impopolare e perciò rischiereste come Lui di essere disprezzati da una generazione corrotta, vi credete liberi da ogni dovere pubblico nei suoi confronti …… Invece no!
Se gli saremo fedeli, regneremo con Lui, se lo rinneghiamo ci rinnegherà”.
I sacerdoti devono consacrare la loro vita alla causa del regno sociale di Cristo. Siccome il primo ostacolo alla sua restaurazione è l’ignoranza religiosa, “il dovere principale del sacerdote è istruire.. questa è la sua missione…. Se il sacerdote è un uomo di dottrina, questo programma sarà realizzato, egli deve saper dare ai fedeli e ai governanti l’insegnamento completo della Chiesa sulla regalità sociale di Cristo”.
Ma che realizzerà e metterà in pratica l’insegnamento dottrinale dato dal sacerdote? Si domanda il Cardinale; e risponde: il sapere e il potere, ossia gli intellettuali (il sapere) e i governanti (il potere).
I laici, che non sono i laicisti o gli anticlericali perché la parola laico indica il fedele che non è chierico, devono avere una istruzione solida, completa, superiore; “Dovrebbero seguire un corso di filosofi tomista, di etica naturale, di dottrina sociale cattolica, di diritto pubblico-ecclesiastico; così la nazione cambierà aspetto”.

sabato 20 dicembre 2008

Buon Natale a tutti.




Seguendo l'esempio di una mia cara amica, mi congedo da voi per qualche giorno, e passare il Natale con le persone che amo, e soprattutto con Colui che amo più di tutti.

Pace a Voi

Giovanni della Trinità

mercoledì 17 dicembre 2008

Preghiere dei primi Cristiani.

Tutto quanto esiste, Te prega


tutti gli esseri Ti rendono omaggio, o Dio,

quelli che parlano e quelli che non parlano,

quelli che pensano e quelli che non pensano.

Il desiderio dell'universo,

il gemito di tutte le cose,

salgono verso di Te.

Tutto quanto esiste, Te prega

ed a Te ogni essere

che sa vedere dentro la Tua creazione,

un silenzioso inno fa salire a Te.


Gregorio di Nazianzo, Poesie dogmatiche



E' tempo, anima mia


E' tempo, anima mia, è già tempo

se vuoi conoscere te stessa,

il tuo essere ed il tuo destino,

donde vieni e dove è giusto che tu riposi,

se vita è quella che vivi

o se aspetti di meglio.

Mettiti all'opera, anima mia,

bisogna che tu purifichi la tua vita così:

cerca Dio ed i suoi misteri,

quel che c'era prima di questo universo

e che cosa è quest'universo per te,

donde viene e quale è il suo destino.

Mettiti all'opera, anima mia,

tempo è che tu purifichi la tua vita.

Gregorio di Nazianzo, Poesie su se stesso, LXXVIII


Per l'avvento del Regno



Preghiamo che Gesù regni su di noi, che la

nostra terra sia liberata dalle guerre e dagli assalti

dei desideri carnali e che allora,

quando questi saranno cessati,

ognuno riposi all'ombra della sua vite,

del suo fico, del suo olivo.

Sotto la protezione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo

riposa l'anima che ha ritrovato

in sé la pace della carne e dello spirito.

A Dio eterno gloria nei secoli dei secoli.

Amen.

Origene, Omelia XXII sul libro dei Numeri

uffff stò 2008!

Ho perso il lavoro, mia madre è caduta e dovrà essere operata a un braccio, mia figlia Rachele a letto con la febbre. Queste vacanze di natale si presentano in modo pesante.

martedì 16 dicembre 2008

Questo è il coraggio.

Uruguay: Vescovi contro l'aborto!

Montevideo, 8 nov. (Adnkronos/Dpa) - La Conferenza dei vescovi dell'Uruguay ha ratificato la decisione di scomunicare i parlamentari cattolici che si sono espressi a favore del progetto di legge per la depenalizzazione dell'aborto. "In relazione ai fedeli cattolici che promuovono e/o votano una legge favorevole all'aborto, ricordiamo che chi agisce in questo modo rompe il vincolo che lo unisce alla Chiesa di Cristo; fino a quando non cambiera' opinione gli e' vietato accostarsi alla comunione eucaristica", dicono i vescovi in una nota pubblicata sui media locali.

domenica 14 dicembre 2008

Le parole continuano a essere importanti.

OGGI: omelia (dal latino homilia, dal greco homilein = conversare, intrattenere)

IERI: predica, dal verbo predicare, (dal latino praedicare, manifestare, annunciare, celebrare)

E ho detto tutto!

lunedì 8 dicembre 2008

La Bibbia protestante: quando le parole FANNO la differenza.

Chiunque conosca il peso delle parole nella vita quotidiana saprà non sottovalutare il peso che le parole assumono nel contesto religioso.
Noi tutti abbiamo letto o ascoltato le parole della Bibbia fin dalla più tenera età e spesso tendiamo a dimenticare che sono parole tradotte. Tutti conoscono il detto secondo il quale tradurre è un po' anche tradire, ma c'è modo e modo di tradire...
Quando poi si chiama "bibbia" un testo che differisce dalla Bibbia cattolica sia per moltissime traduzioni, sia per l'assenza di alcuni libri, atti a giustificare la protesta luterana, cosa aggiungere.
Non si tratta più di un libro sacro ma di un testo giustificativo delle proprie azioni.
I libri mancanti nel testo protestante sono:
Tobia
Giuditta
1° e 2° Maccabei
Sapienza
Siracide
Baruc

Scusate se è poco!

sabato 6 dicembre 2008

Giovanni - Capitolo 1 PROLOGO

[1]In principio era il Verbo,
il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
[2]Egli era in principio presso Dio:
[3]tutto è stato fatto per mezzo di lui,
e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che
esiste.
[4]In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
[5]la luce splende nelle tenebre,
ma le tenebre non l'hanno accolta.
[6]Venne un uomo mandato da Dio
e il suo nome era Giovanni.
[7]Egli venne come testimone
per rendere testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
[8]Egli non era la luce,
ma doveva render testimonianza alla luce.
[9]Veniva nel mondo
la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
[10]Egli era nel mondo,
e il mondo fu fatto per mezzo di lui,
eppure il mondo non lo riconobbe.
[11]Venne fra la sua gente,
ma i suoi non l'hanno accolto.
[12]A quanti però l'hanno accolto,
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
[13]i quali non da sangue,
né da volere di carne,
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
[14]E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi vedemmo la sua gloria,
gloria come di unigenito dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
[15]Giovanni gli rende testimonianza
e grida: «Ecco l'uomo di cui io dissi:
Colui che viene dopo di me
mi è passato avanti,
perché era prima di me».
[16]Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto
e grazia su grazia.
[17]Perché la legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
[18]Dio nessuno l'ha mai visto:
proprio il Figlio unigenito,
che è nel seno del Padre,
lui lo ha rivelato.

sabato 29 novembre 2008

Eccomi, Signore, nuovamente in ginocchio, abbattuto come un albero dalla grande bufera. Tu forse mi hai atteso per anni a questa umiliazione suprema.
Il cuore non resiste più
Ho cercato di stordirmi nel fiume ininterotto della mia attività, e invece mi riscopro sempre cosciente. Volevo dimenticarmi, darmi assente, scoprire la gioia dell'incoscenza, e invece sono ancora più presente di un tempo e mi sento un incubo oscuro.
Ora risalirò ancora le strade dell'infanzia, vorrei quasi dire le strade della magia. Starò qui, alla finestra, ad attendere che il sole rinasca e m'incendi.
Ti saluterò ad ogni alba con la penna in mano, come altri tengono in mano la vanga o la cazzuola. E insieme riprenderemo il nostro lungo dialogo, come allora, quando ti pregavo scrivendo: per quel bisogno di sincerità e per non contraddirmi, secondo la legge nascosta nell'essere delle cose.
Ho bisogno di scavarmi e di aprire un sfogo al cuore che mi fa grande pena; ho bisogno della parola vivae profonda, e perciò mi fermerò a evocare dalle oscurità quelle sillabe che ognuno ode nel silenzio.

(Padre D. M. Turoldo)

Ardere

In un sussulto questa notte
il tuo grido d'amore
mi ha svegliato,
la mia anima si è precipitata verso il tuo Palazzo,
per rendersi lampada che arde nell'oscurità.

lunedì 24 novembre 2008

Spiritualità

Sposta le tende, amico di Dio e amico mio... calpesta l'erba, attendi la notte che viene al tramontare del sole, e sui tuoi passi alla luce dei lampioni potrai intravedere l'ombra di un tu fare compagnia alla tua solitudine...

Ascolta la voce del Silenzio, Mistero dell'Eterno, tu che abiti
in un cuore diroccato...


Fa' in modo che l'altro entri nel tuo cuore a tutte le ore e lasci tutto spalancato e ti costringa a vivere con il cuore
aperto, che entri nella tua vita e prenda di te quel che desidera:
vivrai in un perenne dialogo d'amore.



Il chiarore dell'aurora plachi l'angoscia della tua disperazione e le stelle cui ogni notte affidi
i tuoi sogni di luce...
ritirandosi discrete alla luce del giorno,

ti restituiranno la speranza del domani:
la certezza di poter essere "amore"
che sa farsi accanto.

domenica 23 novembre 2008

IMPORTANTE!

UNA RADIO CARMELITANA???? URRA'

http://www.ocd.it/news.php?nid=76

sabato 22 novembre 2008

A Santa Teresa di Lisieux

La gioia, carità squisita



Cara piccola Teresa,


Avevo diciassette anni, quando lessi la vostra autobiografia. Fu per me un colpo di fulmine. "Storia di un fiorellino di maggio" l’avevate definita. A me parve la storia di una "spranga d’acciaio" per la forza di volontà, il coraggio e la decisione, che da essa sprizzavano. Scelta una volta la strada della completa dedizione a Dio, niente v’ha più sbarrato il passo: né malattia, né contraddizioni esterne, né nebbie e tenebre interiori.



Me ne ricordai, quando mi portarono ammalato al sanatorio, in anni in cui, penicillina e antibiotici non essendo ancora stati inventati, al degente si prospettava, più o meno vicina, la morte.



Mi vergognai di provare un po’ di paura: "Teresa ventitreenne, fino allora sana e piena di vitalità, mi dissi, fu inondata di gioia e di speranza, quando sentì salire alla bocca la prima emottisi. Non solo, ma, attenuando il male, ottenne di portare a termine il digiuno con regime di pane secco e acqua, e tu vuoi metterti a tremare? Sei sacerdote, svegliati, non fare lo sciocco!".



***



Rileggendovi, in occasione del centenario della nascita (1873-1973), mi colpisce invece il modo con cui avete amato Dio e il prossimo. Sant’Agostino aveva scritto: "Andiamo a Dio non col camminare, ma con l’amare". Anche Voi chiamate la vostra strada "via dell’amore". Cristo aveva detto: "Nessuno viene a me, se il Padre mio non l’attira". In perfetta linea con queste parole, Voi vi siete sentita come un "uccellino senza forza e senz’ali"; in Dio, invece, avete visto l’aquila, che scendeva per portarvi alle altezze sulle proprie ali. Chiamaste la grazia divina "ascensore", che vi innalzava a Dio presto e senza fatica, essendo Voi "‘troppo piccola per salire l’aspra scala della perfezione".



Ho scritto sopra: "senza fatica". Intendiamoci: ciò, sotto un aspetto; sotto un altro invece... Siamo agli ultimi mesi; la vostra anima avanza in una specie di galleria oscura, non vede niente di quel che prima vedeva chiaramente. "La fede, Voi scrivete, non è più un velo, ma un muro!". Le sofferenze fisiche sono tali da farvi dire: "Se non avessi avuto la fede, mi sarei data la morte". Ciononostante, continuate a dire con la volontà al Signore che lo amate: "Canto la felicità del Paradiso, ma senza provar gioia; canto semplicemente che voglio credere". Le ultime vostre parole sono state: "Mio Dio, io vi amo!".



All’amore misericordioso di Dio vi eravate offerta come vittima. Tutto ciò non vi impediva di godere delle cose belle e buone: prima dell’ultima malattia con gioia dipingeste, scriveste poesie e piccoli drammi sacri, interpretandone qualche parte con gusto di fine attrice. Nell’ultima malattia, in un momento di ripresa, chiedeste dei pasticcini al cioccolato. Non avevate paura delle vostre stesse imperfezioni, neppure dl esservi talvolta addormentata per stanchezza durante la meditazione ("i bambini piacciono alle mamme anche quando dormono"!).



Amando il prossimo, vi sforzaste di rendere i piccoli servigi utili ma inosservati, e di preferire, semmai, le persone che vi davano noia e meno incontravano il vostro genio. Dietro il loro volto poco simpatico cercavate il volto simpaticissimo di Cristo. E non ci s’accorgeva di questo sforzo e di questa ricerca: "Quant’è mistica in cappella e nel lavoro, scriveva di Voi la priora, altrettanto è buffa e piena di trovate, fino a farci scoppiar dal ridere, in ricreazione".



Queste poche linee, che ho tracciate, son ben lontane dal contenere il vostro completo messaggio ai cristiani. Bastano, tuttavia, a segnar alcune direttive per noi.



***



Il vero amor di Dio si sposa con la ferma decisione presa e, al bisogno, rinnovata.



L’indeciso Enea del Metastasio, che dice: "Intanto confuso, nel dubbio funesto, non parto, non resto" non era stoffa da vero amore di Dio.



Più adatto, semmai, il vostro compatriota maresciallo Foch, che durante la battaglia della Marna, telegrafava: "Il centro del nostro esercito cede, la sinistra si ritira, ma io attacco lo stesso!". Un po’ di combattività e di amore al rischio non guasta nell’amore al Signore. Voi ce l’avevate: non per niente sentiste in Giovanna d’Arco una "sorella d’armi".



Nell’Elisir d’amore di Donizetti basta la "furtiva lacrima", spuntata sulle ciglia di Adina, a rassicurare e fare beato l’innamorato Nemorino. Dio non si accontenta di sole furtive lacrime. Una lacrima esterna in tanto gli piace, in quanto ad essa corrisponde dentro, nella volontà, una decisione. Così è anche delle opere esterne: esse piacciono al Signore, solo se corrisponde loro un amore interno. Il digiuno religioso aveva addirittu­a fatto sterminio sulle facce del Farisei, ma a Cristo non piacquero quelle smunte facce, perché trovava che il cuore dei Farisei era lontano da Dio. Voi avete scritto: "L’amore non deve consistere nei sentimenti, ma nelle opere". Avete però soggiunto: "Dio non ha bisogno delle nostre opere, ma solo del nostro amore". Perfetto!



Con Dio si può amare un sacco di altre belle cose. A un patto: niente sia amato contro o sopra o nella stessa misura di Dio. In altre parole: l’amore a Dio non dev’essere esclusivo, ma prevalente, almeno nell’estimazione.



Giacobbe un giorno si innamorò di Rachele: per averla, prestò servizio ben sette anni, che "gli parvero, dice la Bibbia, pochi giorni, talmente l’amava" e Dio non ebbe niente a ridire, anzi approvò e benedisse.



Spruzzare d’acqua santa e benedire tutti gli amori di questo mondo è un’altra cosa. Purtroppo, tenta di farlo oggi qualche teologo, il quale, influenzato dalle idee di Freud, Kinsey e Marcuse, inneggia alla "nuova morale sessuale". Se non vogliono la confusione e lo spappolamento, invece che a questi teologi, i cristiani dovranno guardare al Magistero della Chiesa, che gode di speciale assistenza sia per conservare intatta la dottrina di Cristo sia per adattarla in modo conveniente ai tempi nuovi.



***



Cercare il volto di Cristo nel volto del prossimo è l’unico criterio che ci garantisca di amare sul serio tutti, superando antipatie, ideologie e mere filantropie.



Un giovanotto, ha scritto il vecchio arcivescovo Perini, batte una sera alla porta di una casa: ha l’abito delle feste, un fiore all’occhiello, ma, dentro, il cuore gli batte forte: chissà come la ragazza ed i suoi familiari accoglieranno la domanda di matrimonio ch’egli viene timidamente a fare?



Ad aprire viene la ragazza in persona. Un’occhiata e il rossore, il piacere evidente (manca la "furtiva lacrima") della signorina lo rassicurano, il cuore gli s’allarga. Entra; c’è la madre della ragazza; gli sembra signora simpaticissima, gli verrebbe voglia d’abbracciarla addirittura. C’è il padre, l’ha incontrato cento volte, ma stasera gli appare trasfigurato da una luce speciale. Più tardi arrivano i due fratelli; braccia al collo, saluti calorosi.



Si chiede Perini: cosa succede in questo giovanotto? Cosa sono tutti questi amori spuntati all’improvviso come funghi? Risposta: non si tratta di amori, ma di un amore solo: ama la ragazza e l’amore portato a lei lo diffonde su tutti i suoi parenti. Chi ama sul serio Cristo non può rifiutarsi di amare gli uomini, che di Cristo sono fratelli. Anche se brutti, cattivi e noiosi, l’amore il deve un po’ trasfigurare.



Amore spicciolo. Spesso è l’unico possibile. Non ho mai avuto l’occasione di gettarmi nelle acque di un torrente per salvare un pericolante; spessissimo sono stato richiesto di prestare qualcosa, di scrivere lettere, di dare modeste e facili indicazioni. Non ho mai incontrato un cane idrofobo per via; invece, tante noiose mosche e zanzare; mai avuto persecutori che mi bastonassero, ma tante persone che mi disturbano col parlare forte in strada, col volume della televisione troppo alzato o magari col fare un certo rumore nel mangiare la minestra.



Aiutare come si può, non prendersela, essere comprensivi, mantenersi calmi e sorridenti (il più possibile!) in queste occasioni, è amare il prossimo senza retorica, ma in modo pratico. Cristo ha molto praticato questa carità. Quanta pazienza nel sopportare i litigi che gli Apostoli facevano tra di loro! Quanta attenzione a incoraggiare e lodare: "Mai trovata tanta fede in Israele" dice del Centurione e della Cananea. "Voi siete rimasti con me anche nei momenti difficili" dice agli Apostoli. E una volta chiede per piacere la barca a Pietro.



"Sire di ogni cortesia" lo dice Dante. Sapeva mettersi nei panni degli altri, soffriva con loro. Proteggeva, difendeva oltre che perdonare i peccatori: così Zaccheo, così l’adultera, così la Maddalena.



Voi, a Lisieux, avete camminato dietro i suoi esempi; noi dovremmo fare altrettanto nel mondo.



Carnegie racconta di quella signora, che un giorno fece trovare ai suoi uomini, marito e figli, la tavola ben preparata e infiorata, ma con un pugnetto di fieno su ogni piatto. "Cosa? Fieno ci dài oggi?" le dissero. "Oh, no, rispose, vi porto subito il pranzo. Ma lasciate che vi dica una cosa: da anni vi faccio la cucina, cerco di varare, una volta il risotto, un’altra il brodo, ora l’arrosto, ora l’umido, ecc. Mai che diciate: “Ci piace”, “sei stata brava!”. Dite per piacere una parola, non sono di sasso! Non si può lavorare senza un riconoscimento, un incoraggiamento, per il solo re di Prussica!".



Può essere spicciola anche la carità sprivatizzata o sociale. C’è in atto uno sciopero giusto: può darsi che esso porti disagio a me, che non sono direttamente interessato alla vertenza. Accettare il disagio, non mormorare, sentirsi solidali con dei fratelli, che lottano per la difesa dei toro diritti, è pure carità cristiana. Poco notata, non per questo meno squisita.



Una gioia mescolata all’amore cristiano. Appare già nel canto degli Angeli a Betlemme. Fa parte dell’essenza del Vangelo, che è "novella lieta". E’ caratteristica dei grandi santi: "Un Santo triste, diceva Santa Teresa d’Avila, è un triste santo". "Qui da noi, soggiungeva San Domenico Savio, ci si fa santi con l’allegria".



La gioia può diventare carità squisita, se comunicata, come appunto Voi facevate nelle ricreazioni del Carmelo, agli altri.



L’irlandese della leggenda che, morto improvvisamente, si avviò al tribunale divino, era non poco preoccupato: il bilancio della vita gli si rivelava piuttosto magro. C’era una fila davanti a lui, stette a vedere e a sentire. Dopo aver consultato il gran registro, Cristo disse al primo nella fila: "Trovo che avevo fame, e tu mi hai dato da mangiare. Bravo! Passa in Paradiso!". Al secondo: "Avevo sete e tu m’hai dato da bere". A un terzo: "Ero in carcere e m’hai visitato". E così via.



Per ognuno, che veniva spedito in Paradiso, l’irlandese faceva un esame e trovava di che temere: lui, non aveva dato né da mangiare né da bere, non aveva visitato né carcerati né malati. Venne il suo turno, tremava, guardando Cristo, che stava esaminando il registro. Ma ecco che Cristo alza gli occhi e gli dice: "Non c’è scritto molto. Però qualcosa hai fatto anche tu: ero mesto, sfiduciato, avvilito: sei venuto, m’hai raccontato delle barzellette, m’hai fatto ridere e ridato coraggio. Paradiso!".



E’ una facezia, d’accordo, ma sottolinea che nessuna forma di carità va trascurata o sottovalutata.



***



Teresa, l’amore che avete portato a Dio (e al prossimo per amor di Dio) fu veramente degno di Dio. Cosi dev’essere l’amore nostro: fiamma, che si alimenta di tutto ciò che in noi è grande e bello; rinuncia a tutto ciò, che in noi è ribelle; vittoria, che ci prende sulle proprie ali e ci porta in regalo ai piedi di Dio.


Giugno 1973

S.E. Albino Luciani (SS Giovanni Paolo I)
"Se avessi mai commesso il peggiore dei crimini per sempre manterrei la stessa fiducia, poiché io sò che questa moltitudine di offese non è che goccia d'acqua in un bracere ardente"

Teresa di Lisieux

venerdì 21 novembre 2008

Amore, Amore, Amore...

«L'amore, quanto più è fervido,

tanto più spinge l'animo ad amare

e non potendo giungere

ad uguagliare

l'infinita amabilità di Dio

tormenta l'anima

con un inestinguibile desiderio

di amare di più,

mentre si vede quasi privato

dell'amore verso Dio

e immerso in una oscura notte.

Più l'amore è grande,

più appare piccolo a se stesso.

Tuttavia l'anima,

crocifissa con Cristo

da questo supremo martirio del cuore,

acquista,

sia per sé che per gli altri,

frutti più abbondanti di redenzione.

Sono queste

le anime più pure e più grandi

esistenti nella Chiesa,

che nella sofferenza,

nell'amore, nella preghiera

offrono a tutti un aiuto primario

con un apostolato silenzioso»





dagli atti

della canonizzazione

di s. Teresa Margherita Redi
Nel fuoco del tuo amore

consuma, o mio Diletto,

i desideri più cocenti

della mia attesa.

Non mancare di venire a me

ogni giorno,

perché io diventi

fiamma silenziosa e divorante.

Ovunque tu vorrai

e per sempre

nel cuore dei peccatori

affamati di perdono

ti loderò, Signore,

come silenzio che fluisce

e dona pace.

martedì 18 novembre 2008

Chi ci separerà dall'amore di Cristo?

Chi ci separerà dall'amore di Cristo? (Rm 8,31b-35.37-39)

“ Fratelli, se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui? Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio giustifica. Chi condannerà? Cristo Gesù,
che è morto, anzi, che è risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi? Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcuna altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, Nostro Signore. “


S. Paolo conclude qui, con parole commosse, la sua meditazione sul piano di salvezza e, in particolare, sul dono dello Spirito, effuso nel cuore dei cristiani. Nei vv. 31-33, l’opera di salvezza compiuta da Dio in Cristo è sintetizzata in quel “per noi”;, espressione che appare due volte riferita a Dio e una a Cristo.
Sapere che Dio e Cristo sono per noi, sono dalla nostra parte, così come lo era lo Spirito (cfr. Rm 8,26), dà coraggio al cristiano. S. Paolo ripete così il suo messaggio sull'amore di Dio che già appariva nell'indirizzo della Lettera ai Romani, quando definiva i suoi destinatari come «amati da Dio» (cfr. Rm 1,7). Sul tema dell'amore di Dio era poi tornato successivamente, con indimenticabili espressioni: «La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori... Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi» (Rm 5,5.8). Ora l'amore di Dio, divenuto visibile nel dono che il Padre
fa di suo Figlio nella croce, è contemplato nelle conseguenze che riguardano la vita presente del cristiano. Anzitutto è sconfitta l'immagine di un Dio adirato, che deve essere temuto dall'uomo e placato con impossibili sacrifici. Il triplice «per noi» (vv. 31.32.34) è sottolineato da Paolo per ribadire come il credente non possa avvicinarsi con angoscia al suo Dio, ma debba essere mosso a fiducia nel suo indefettibile amore.
Eliminata così la paura più radicale, e cioè che Dio sia un giudice inesorabile per questa umanità peccatrice, vengono superati anche i timori che riguardano gli affanni presenti, come le ansietà per le tribolazioni, per le
ristrettezze economiche, per l'incertezza del futuro, per la morte (v. 35). Anche le apprensioni per forze misteriose, incontrollabili (vv. 38s.), sono fugate dalla certezza della potenza dell'amore di Dio, manifestatosi
in Cristo.
Il brano si conclude allora con il tono trionfale di un inno di lode, perché il cristiano non è soltanto “vittorioso” ma
addirittura “stravincitore”; (v. 37) nelle varie difficoltà: «Nulla potrà mai separarci dall'amore di Dio, in Cristo
Gesù, nostro Signore» (v. 39).

“Trattami pure male” diceva Lucia al marito “Dio è dalla mia parte, Dio mi ricompenserà “. E lui bestemmiava, acido e irraggiungibile.
La scena si ripeteva ogni mattino, quando lei faceva suonare la sveglia alle sei per andare a messa; e lui urlava: «Mi svegli e potrei dormire ancora mezz'ora, con la fatica che mi aspetta poi al lavoro!». E giù bestemmie a quello che lui chiamava“ il tuo Dio ”. Lucia credeva proprio di avere ragione: anzi il livore e le bestemmie del marito, diceva, non la toccavano. Forse le davano l'ebbrezza di essere “ perseguitata “. Ma un mattino, su consiglio di un prete attento, la sveglia così perentoria non suonò. «Non ha suonato», lui le disse, quasi se l'aspettasse. «E non suonerà più», disse lei allegramente: «andrò a messa pian piano se per caso mi sveglierò». Lui fece finta di niente: un mattino, due, tre, poi sbottò: «Ma Dio non è più dalla tua parte?».
Sì, Dio era dalla parte di Lucia, cioè del suo matrimonio. Quale Dio? Colui che «non ha risparmiato suo Figlio, ma lo ha dato per tutti noi» (v. 32): non il Dio che ci serve per avere ragione (perfino quando l'abbiamo!), non il Dio che si impone con sveglie più o meno perentorie o con le nostre ansie di fare (e far fare) ciò che abbiamo in testa, bensì il Dio che dona, che non risparmia (altro che solo una bella idea!) nemmeno ciò che ama di più: il Figlio.
Questo è il Dio che ci fa vincitori nel farci assomigliare a lui: disposti a donare quanto di più prezioso abbiamo o magari anche (soltanto?) un nostro puntiglio, un nostro punto di vista. E così scopriamo che «nulla ci può
separare dall'amore di Dio»: nemmeno le (momentanee) incomprensioni dell'altro/a o le provocazioni o i fallimenti di un figlio o le “ persecuzioni “ di suocero o nuore o cognati o fratelli.
Meraviglioso amore che continua ad abilitarci a donare, se lo vogliamo, piuttosto che a pretendere!

Se l'albero conosce la solidità delle proprie radici, resta sicuro anche nella tempesta; se Cristo è morto e risorto per noi e se noi restiamo in lui, come possiamo ancora temere per il nostro amore? Radica, o Signore, in noi questa certezza, rendila più forte di ogni filtro d'amore, più forte della fiducia nei nostri sentimenti di oggi, più forte di tutte le nostre armi, più forte della morte (cfr. Ct 8,6).

Lo stesso fra Leonardo riferì che un giorno il beato Francesco, presso S.Maria degli Angeli, chiamò frate Leone e gli disse: «Frate Leone, scrivi».
Questi rispose: «Eccomi, sono pronto».
«Scrivi », disse, «quale è la vera letizia ». «Viene un messo e dice che tutti i maestri di Parigi sono entrati nell'Ordine; scrivi: non è vera letizia. Così pure che sono entrati nell'ordine tutti i prelati d'Oltr'Alpe,arcivescovi e vescovi, non solo, ma perfino il Re di Francia e il Re d'Inghilterra; scrivi: non è vera letizia. E se ti giunge ancora
notizia che i miei frati sono andati tra gli infedeli e li hanno convertiti tutti alla fede oppure che io ho ricevuto da Dio tanta grazia da sanar gli infermi e da fare molti miracoli; ebbene io ti dico: in tutte queste cose non è la vera letizia».
«Ma quale è la vera letizia?».
« Ecco, io torno da Perugia e, a notte profonda, giungo qui, ed è un inverno fangoso e così rigido che, all'estremità della tonaca, si formano ghiaccioli d'acqua congelata che mi percuotono continuamente le gambe fino a far uscire il sangue da siffatte ferite. E io tutto nel fango, nel freddo e nel ghiaccio, giungo alla porta e, dopo aver a lungo picchiato e chiamato, viene un frate e chiede: “ Chi è “ Io rispondo: “ Frate Francesco “.
E quegli dice: “ Vattene, non è ora decente, questa, di andare in giro, non entrerai “.
E poiché io insisto ancora, l'altro risponde:
“ Vattene, tu sei un semplice e un idiota, qui non ci puoi venire ormai; noi siamo tanti e tali che non abbiamo
bisogno di te “.
E io sempre resto davanti alla porta e dico: “ Per amor di Dio accoglietemi per questa
Notte “.
E quegli risponde: “ Non lo farò. Vattene al luogo dei Crociferi e chiedi là “.
Ebbene, se io avrò avuto pazienza e non mi sarò conturbato, io ti dico che qui è la vera letizia e qui è la vera virtù e la salvezza dell'anima “. (Fonti francescane, Editio Minor, Assisi 1986, 144s.).

Traducete nella vostra vita questa parola: nulla «potrà mai separarci dall'amore di Dio» (Rm 8,39).
La vita è un'opportunità, coglila.
La vita è bellezza, ammirala.
La vita è beatitudine, assaporala.
La vita è un sogno, fanne una realtà.
La vita è una sfida, affrontala.
La vita è un dovere, compilo.
La vita è un gioco, giocalo.
La vita è preziosa, abbine cura.
La vita è una ricchezza, conservala.
La vita è amore, godine.
La vita è un mistero, scoprilo.
La vita è una promessa, adempila.
La vita è tristezza, superala.
La vita è un inno, cantalo.
La vita è una lotta, afferrala corpo a corpo.
La vita è una tragedia, accettala.
La vita è un'avventura, rischiala.
La vita è felicità, meritala.
La vita è la vita,difendila.

(Madre Teresa di Calcutta).

sabato 15 novembre 2008

Primo amore.

Il mio primo amore, Francesco:

Altissimu, onnipotente bon Signore,
Tue so' le laude, la gloria e l'honore et onne benedictione.

Ad Te solo, Altissimo, se konfano,
et nullu homo ène dignu te mentovare.

Laudato sie, mi' Signore cum tucte le Tue creature,
spetialmente messor lo frate Sole,
lo qual è iorno, et allumeni noi per lui.
Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:
de Te, Altissimo, porta significatione.

Laudato si', mi Signore, per sora Luna e le stelle:
in celu l'ài formate clarite et pretiose et belle.

Laudato si', mi' Signore, per frate Vento
et per aere et nubilo et sereno et onne tempo,
per lo quale, a le Tue creature dài sustentamento.

Laudato si', mi' Signore, per sor Aqua,
la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.

Laudato si', mi Signore, per frate Focu,
per lo quale ennallumini la nocte:
ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte.

Laudato si', mi' Signore, per sora nostra matre Terra,
la quale ne sustenta et governa,
et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.

Laudato si', mi Signore, per quelli che perdonano per lo Tuo amore
et sostengono infirmitate et tribulatione.

Beati quelli ke 'l sosterranno in pace,
ka da Te, Altissimo, sirano incoronati.

Laudato si' mi Signore, per sora nostra Morte corporale,
da la quale nullu homo vivente po' skappare:
guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali;
beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime voluntati,
ka la morte secunda no 'l farrà male.

Laudate et benedicete mi Signore et rengratiate
e serviateli cum grande humilitate


E chi ha detto che Francesco non fosse un contemplativo?

Inseguendo l’Agnello




IL CANTICO SPIRITUALE

La sposa


1. Dove ti sei nascosto, Amato?

Sola qui, gemente, mi hai lasciata!

Come il cervo fuggisti,

dopo avermi ferita;

gridando t’inseguii: eri sparito!



2. Pastori, voi che andrete

lassù, per gli stabbi, al colle,

se mai colui vedrete

che più d’ogni altro amo,

ditegli che languo, peno e muoio.



3. In cerca dei miei amori,

mi spingerò tra i monti e le riviere,

non coglierò fiori

né temerò le fiere,

ma passerò i forti e le frontiere.



4. O boschi e fitte selve,

piantati dalla mano dell’Amato!

O prato verdeggiante

di bei fiori smaltato,

ditemi se qui egli è passato!



5. Mille grazie spargendo

qui pei boschi s’affrettava

e, mentre li guardava,

la sola sua presenza

adorni di bellezza li lasciava.



6. Ah! chi potrà guarirmi?

Alfin, concediti davvero:

e più non mi mandare

da oggi messaggeri

che non sanno dirmi ciò che bramo.



7. E quanti intorno a te vagando,

di te infinite grazie raccontando,

ravvivan così le mie ferite,

e me spenta lascia non so cosa,

ch’essi vanno appena balbettado.



8. Ma come duri ancor,

o vita, se non vivi ove ivi,

se ti fanno morir

le frecce che subisci

da ciò che dell’Amato concepisci?



9. Perché, avendo questo cuor

piagato, poi non l’hai sanato?

E avendolo rubato,

perché me l’hai lasciato

e non cogli la preda che hai rubato?



10. Estingui i miei affanni,

ché nessuno vale ad annientarli,

ti vedan i miei occhi,

perché ne sei la luce,

per te solo desidero serbarli!



11. Scopri a me il tuo divin viso,

tua vista mi uccida, tua bellezza;

tu sai che sofferenza

d’amore non si cura

se non con la presenza e la figura!



12. O fonte cristallina,

se in questi tuoi riflessi inargentati

formassi all’improvviso

quegli occhi tuoi desiderati,

che porto nel mio intimo abbozzati!



13. Distoglili, Amato,

ché a volo io vado!



Sposo



Colomba mia, ritorna,

ché il tuo cervo ferito

spunta di sull’altura

e al soffio di tuo vol gode frescura!



Sposa



14. L’Amato le montagne,

le boschive valli solitarie,

le isole inesplorate,

i fiumi gorgoglianti,

il sibilo dei venti innamorati,



15. la quiete della notte

vicina allo spuntar dell’aurora,

musica silenziosa,

solitudin sonora,

cena che ristora e innamora.

16. Cacciate via le volpi,

ché fiorita ormai è nostra vigna,

intanto che di rose

intrecceremo una pigna,

nessuno appaia là, sulla collina.



17. Férmati, borea morto,

vieni, austro, a suscitar gli amori,

soffia pel mio giardino,

diffondine gli aromi

e pascerà l’Amato in mezzo ai fiori.



18. O ninfe di Giudea!

Intanto che tra i fiori e nei roseti

l’ambra i suoi aromi emana,

nei sobborghi restate,

toccar le nostre soglie non vogliate.



19. Nasconditi, Diletto,

il tuo viso volgi alle montagne,

non cercar di parlare,

ma guarda le compagne

di lei che va per isole lontane.



Sposo



20. O leggerissimi uccelli,

leoni, cervi, daini saltatori,

monti, valli, riviere,

acque, venti, ardori

e delle notti vigili timori:



21. io, per le soavi lire

e il canto di sirene, vi scongiuro:

cessino le vostre ire

e non battete al muro,

ché la sposa dorma più sicura.



22. Entrata ormai è la sposa

nel giardino ameno desiato

e a suo piacer riposa,

il collo reclinato

sopra le dolci braccia dell’Amato.



23. All’ombra di quel melo

a me fosti sposata,

qui ti porsi la mano

e fosti riscattata

dove tua madre fu violata.



Sposa



24. Fiorito è il nostro talamo,

da tane di leoni circondato,

con porpora tessuto,

di pace edificato,

di mille scudi d’oro coronato.



25. Dietro le tue vestigia

si lancian le giovani in cammino,

a un tocco di faville,

per l’aromato vino,

effondon un balsamo divino.



26. Nella segreta cella

io dell’Amato bevvi e,

quando uscita fui in questa valle,

null’altro più sapevo,

perduto era il gregge che pascevo.



27. Là mi offrì il suo petto,

là m’insegnò scienza assai gustosa,

a lui tutta mi detti,

me stessa per intero;

là gli promisi d’esser sua sposa.



28. L’alma mia s’è data

con tutta la ricchezza al suo servizio;

non pasco più le greggi,

non ho più altro uffizio:

solo in amar è il mio esercizio.



29. Se d’oggi in poi al prato

non fossi più veduta né trovata,

direte che mi son perduta,

che, errando innamorata,

volli perdermi e venni conquistata.

30. Di fiori e di smeraldi,

scelti nelle fresche mattinate,

intesserem ghirlande,

nel tuo amor sbocciate

e da un capello mio tutte legate.



31. Solo da quel capello

che sul collo svolazzar vedesti,

sul collo mio mirasti,

incantato rimanesti

e in uno dei miei occhi ti feristi.



32. Guardandomi, i tuoi occhi

lor grazia m’infondean;

per questo più m’amavi,

per questo meritavan

i miei occhi adorar quanto vedean.



33. Non disprezzarmi adesso,

ché, se colore bruno in me trovasti,

ormai ben puoi mirarmi

dopo che mi guardasti,

grazia e bellezza in me lasciasti.



Sposo



34. La bianca colombella

all’arca con il ramo è ritornata

e già la tortorella

il suo compagno amato

sopra le verdi rive ha ritrovato.



35. In solitudine vivea,

in luogo solitario ha posto il nido,

sola così la guida

da solo il suo Amico,

d’amor in solitudine ferito.



Sposa



36. Orsù, godiam l’un l’altro, Amato,

a contemplarci in tua beltade andiam

sul monte e la collina

dove pura sorgente d’acqua scorre,

dove è più folto dentro penetriam.



37. Poi alle profonde

caverne di pietra ce ne andremo,

son ben nascoste esse,

e lì ci addentreremo,

di melagrane il succo gusteremo.



38. Là tu mi mostrerai

ciò che l’alma mia desiderava

e dopo mi darai,

là, tu vita mia,

ciò che l’altro dì m’hai già donato:



39. dell’aure il respiro,

il canto della dolce filomena,

il bosco e il suo incanto,

nella notte serena,

con fiamma che consuma e non dà pena.



40. Nessuno ciò guardava,

nemmeno Aminadab più compariva,

l’assedio s’allentava

e la cavalleria

alla vista dell’acque giù venia.



Tutte le volte che leggo questo testo del Santo Padre Giovanni, finisco con le guance bagnate di lacrime.

venerdì 14 novembre 2008

Eluana Englaro

giovedì 13 novembre 2008
Eluana Englaro, condannata a morire di fame e di sete
Riporto qui un articolo del direttore de Il Giornale, Mario Giordano, perché dinanzia a questo orrore non potrei nè vorrei esprimere diversamente ciò che provo. Condivido parola per parola. Dio ci perdoni. (Fulvia-Dama del bosco)


Per la prima volta, dopo mesi, oggi mi fa paura il foglio bianco. Non riesco a scrivere. Osservo la foto di Eluana e penso che dentro quegli occhi che ti guardano e non ti vedono c'è tutto il mistero della vita e della morte. C'è il senso della nostra esistenza. Ci sono i nostri ricordi, il passato, il futuro, c'è il nostro credo e la nostra speranza. Ho conosciuto da vicino il dramma del coma, sono entrato in quelle stanze piene di scienza e vuote di speranza, ho accarezzato mani vive sapendo che quelle mani non avrebbero potuto accarezzarmi mai più. So cosa significa fissare un volto caro sapendo che è lo stesso eppure ormai non ti riguarda, so cosa vuol dire il dramma di quei tratti che restano così vicini eppure diventano immensamente lontani, sempre familiari eppure come già in un altro mondo.
So che tutto questo lacera le coscienze, ci interroga nel profondo. Meriterebbe un po' di silenzio, anziché la solita gazzarra. Ieri, dopo la sentenza della Cassazione, c'era chi esultava. Come si faccia a esultare per una giornata che profuma di angoscia e di morte, Dio solo lo sa. Verrebbe voglia di chiedere la moratoria delle dichiarazioni. Sono stato 50 giorni a interrogarmi di fronte al coma di mio padre, e mi sembrava impossibile da reggere. Dunque m'inchino di fronte al dolore disumano del papà di Eluana che da 16 anni vive immerso in un'angoscia che si rinnova. Daremo voce nel Giornale, come sempre, alla sua posizione. E daremo conto nei prossimi giorni delle opinioni di chi crede che di fronte al progredire della scienza è diventata irrinunciabile una legge sull'eutanasia. Ma io oggi, ve lo devo confessare, ho paura di questo foglio bianco. Scusate, ma lo penso: di una condanna a morte non avevo scritto mai.
Dicono che Eluana morirà dolcemente, e non è vero: morirà dopo una lunga agonia. Dicono che a Eluana staccheranno le spina, e non è vero: in realtà smetteranno di nutrirla. Dicono che era accanimento, e non è vero: non si accaniscono, le danno solo il cibo per vivere. Dicono che Eluana voleva così, e magari è vero: ma di quante Eluana dovremo occuparci d'ora in poi? Il fatto è che da ieri si può, con una sentenza di tribunale, smettere di dare da mangiare e da bere a una persona che non può nutrirsi da sola. Quanti malati gravi può riguardare? E se vale per Eluana perché non per Maria o Giovanna o Antongiulia? E se vale per chi è in coma perché non per un disabile psichico, incapace di intendere e di volere? Chi stabilisce qual è la vita che vale la pena di essere vissuta e quale invece può essere interrotta? Un giudice? E in base a quali codici?
Eluana mi commuove, la sua fine mi sgomenta, ma il «caso» mi atterrisce. Se penso a quello che accadrà alla ragazza rabbrividisco: saranno giorni di tormenti, come per Terri Schiavo. Ma se penso a quello che accadrà a noi, se possibile, rabbrividisco ancora di più. Perché il «caso» singolo, circondato da umana comprensione e ovvia pietà, rischia di diventare il grimaldello del liberatutti, il lasciapassare per ogni esagerazione. È sempre stato così. Quando si parlava dell'aborto, per esempio, spesso si citavano casi limite: ragazze stuprate, minorenni, magari in condizioni di disagio. Non volete ammettere l'interruzione di gravidanza in queste situazioni? Poi, una volta ammessa, se n'è fatta una pratica consueta, un'abitudine, il surrogato del preservativo. Succederà così anche con l'eutanasia? Durante quei 50 giorni attorno al letto di mio padre, sono stato tentato più volte di chiedere ai medici di interrompere l'agonia. Non escludo che l'abbiano fatto, non escludo che lo facciano regolarmente. In cuor mio, forse, l'approvo pure: la disperazione merita sempre comprensione. Ma usare la disperazione per scavalcare il Parlamento e introdurre, via tribunale, il diritto di uccidere chi non si può nutrire da solo non è comprensione. È un errore e un orrore. Anzi, di più: è un orrore mostruoso, che ci divorerà.

Mario Giordano
www.ilgiornale.it

Concordo anche io con ciò che scrive Giordano e che la nostra cara Fulvia riporta nel suo blog.

Pace a voi, e pace a te sorella Eluana.

Giovanni della Trinità

giovedì 13 novembre 2008

Tardi t'amai

Tardi t'amai, bellezza così antica e così nuova, tardi t'amai !
Ed ecco, tu eri dentro di me ed io ti cercavo fuori di me e mi gettavo, brutto com'ero, sulle cose belle della tua creazione. Tu eri con me, ma io non ero con Te. Le tue creature mi tenevano lontano da Te... Tu mi hai chiamato e gridato e hai vinto la mia sordità; Tu hai brillato e balenato e hai dissipato la mia cecità; Tu hai sparso il tuo profumo, io l'ho respirato e ora anelo a Te. Ti ho gustato e ora ho fame di Te. Mi hai toccato e ardo dal desiderio della tua pace.
S.Agostino (dalle Confessioni 10, 27, 38)

P.S.: uno dei brani che più mi piace. Vorrei che fosse scritto sulla mia lapide.



Veglia notturna

Ti sento. Ci sei. Sei qui.
Ti sento quando parli.
Ti sento quando gridi.
Ti sento quando sussurri
e quando respiri.
Sei qui, accanto a me.
Un amorevole alito,
infinito e caldo,
Creazione e Sapienza,
Verbo incarnato,
Amore sacrificato
sull'altare della morte,
mi circonda e mi guida.
Chiudo i miei occhi
e resto in ascolto,
odorando, sorridendo,
a ciò che sento in me
ma non comprendo, ancora.
Rimango immobile
come nella fresca brezza
del mare, in una torrida giornata
estiva.
Ecco così,
nel silenzio gioioso
del cuore, Signore
ti amo, ti porto.
Cado e mi alzo,
ricado e mi rialzo,
e tu a me ti accosti,
mi prendi la mano
e mo sollevi, in alto
nel cielo, attraverso
interminabili sospiri.
O Fuoco che divora,
Fuoco che riempe,
Fuoco che dilata,
in Te mi sono perso,
in Te mi sono gettato,
in Te mi voglio fondere,
amare, morire.


da "Le parole che non ti ho detto" di Giovanni della Trinità

Davanti allo specchio

Nella profondità dei tuoi occhi, vedo il mio futuro,
nel calore del tuo abbraccio, sento la vita,
nel tuo infinito Amore, riposo al sicuro.


da "Le parole che non ti ho detto" di Giovanni della Trinità


P.S.: Gesù, vorrei essere un piccolo sorriso sul tuo volto, che porti agli altri un pò del tuo amore. Mio Dio, fà che la mia vita sia una lode di intercessione ed espiazione per la salvezza degli uomini.

Brucio d'Amore

"Deus ignis consumens". Il nostro Dio - scriveva S. Paolo - è un fuoco divoratore (Dt 4, 24; Eb 12, 29) (B. Elisabetta della Trinità)

Quanto sono vere queste parole! E quanto noi invece siamo distratti a osservare il male che c'è in noi.

Ma se perdessimo meno tempo a piangerci addosso, se perdessimo meno tempo nella autocommiserazione, se invece pensassimo solo a Cristo, se invece restassimo lì, in silenzio, ai suoi piedi mentre ci parla ...... sarebbe il suo Amore per noi a bruciare tutto quel male che ci attanaglia.

Credo che noi amiamo molto poco l'Amore!

Credo che noi contempliamo poco il Crocifisso!

"L'Amore non è amato" gridava San Francesco. Quanto è vera questa frase.

L'unico uomo che sia morto per noi nonostante noi.

Ma quante persone che conosco, amici, parenti, conoscenti, sarebbero disposti a morire per me?

mercoledì 12 novembre 2008

Dal mio letto.

Oggi sono a letto, sdraiato, guardo fuori e tra un tuono e l'altro, credo che stia piovendo.
La mia schiena ha fatto crack.
E' la seconda volta, Signore.
E' la seconda anima che ti raccomando.

Padre Pio sosteneva che anche le anime avevano un prezzo, e tale andava pagato.

Ma la gioia che mi dai è immensa.

Sto meditando in questi giorni sugli scritti della Santa Madre Teresa, e più specificatamente sul Cammino di Perfezione. Il cammino per l'Umiltà.

Credo che presto andrò a trovare questa anima, anima bella, profonda, innamorata di Dio.

Pace a voi.

martedì 11 novembre 2008

Incontro notturno

Questa notte ho udito il tuo
rumoroso silenzio,
il tuo respiro accanto al mio.
La tua voce mi avvolgeva
in uno stretto abbraccio d'amore.
O luminosi pensieri, minati da carnali passioni
e sorretti dal frastuono dei tuoi
silenziosi sussurri.

da "Le parole che non ti ho detto" di Giovanni della Trinità

Elevazione alla SS Trinità

Mio Dio, Trinità che adoro,

aiutami a dimenticarmi interamente per fissarmi in Te,

immobile e tranquilla come se la mia anima fosse già nell'eternità.

Niente possa turbare la mia pace né trarmi fuori di te, o mio immutabile;ma che ogni istante mi immerga sempre più nella profondità del tuo mistero.

Pacifica l'anima mia, rendila tuo cielo, tua dimora prediletta e luogo del tuo riposo.

Che io non ti lasci mai solo, ma ti sia presente,

con fede viva, immersa nell'adorazione,

piamente abbandonata alla tua azione creatrice.

Gesù mio diletto, crocifisso per amore,

io vorrei coprirti di gloria, vorrei amarti fino a morire.

Ma sento la mia impotenza e ti chiedo di rivestirmi di te,

di identificare la mia anima a tutti i movimenti della tua anima,

di sommergermi, di invadermi, di sostituirti a me,

affinché la mia vita sia un riflesso della tua vita.

Vieni in me come Adoratore, come Riparatore, come Salvatore.

O verbo eterno, Parola del mio Dio, voglio passar la vita ad ascoltarti.

Voglio rendermi docile ai tuoi insegnamenti per imparare tutto da te

e poi, nelle tenebre dello spirito, nel vuoto, nell'impotenza,

voglio fissare lo sguardo in te e restare nella luce del tuo splendore.

O mio astro adorato, affascinami, affinché io non possa mai più sottrarmi alla tua luce.

O fuoco divorante, Spirito d'amore, sopravvieni in me,

affinché io faccia nella mia anima come una nuova incarnazione del Verbo ed io gli sia una umanità aggiunta in cui egli rinnovi il suo mistero.

E tu, o Padre, degnati di curvarti verso la tua povera creatura

e vedi in essa solo il Diletto in cui hai messo tutte le tue compiacenze.

O miei Tre, mio Tutto, mia Beatitudine, Solitudine infinita, Immensità in cui mi perdo,

io mi do a voi come una preda:

immergetevi in me, affinché io mi immerga in voi,

aspettando di venire a contemplare nella vostra luce l'abisso delle vostre grandezze. Amen


Beata Elisabetta della Santissima Trinità

ho sempre amato moltissimo questa preghiera!

Vivere d'amore

VIVERE D’AMORE

Signore Gesù, tu hai detto: «Se uno mi ama,

metterà in pratica la mia parola, e il Padre mio lo amerà.

Io verrò da lui con il Padre mio e abiteremo con lui...

Come il Padre ha amato me, così io ho amato voi: rimanete nel mio amore». Vivere d'amore è custodirti, Verbo increato, Parola del mio Dio. Io ti amo e tu lo sai, o Gesù.

Lo Spirito di amore

mi incendia col suo fuoco. Amando te, Gesù, attiro il Padre nel mio debole cuore,

come tu hai detto. O Trinità, tu sei prigioniera del mio amore. Vivere d'amore

non è piantare la tenda sulla cima del Tabor,

ma salire con te sul Calvario, o Gesù, e desiderare il tesoro della croce.

Vivrò in cielo esultante, quando ogni prova

sarà passata per sempre.

Ma quaggiù voglio vivere d'amore, costi quel che costi,

pagando il prezzo della sofferenza. Vivere d'amore

quaggiù è un darsi smisurato, senza chiedere nessuna ricompensa. Senza far conti io mi dono,

sicura come sono che quando si ama non si fanno calcoli.

lo ho dato tutto al Cuore divino che trabocca di tenerezza!

Non ho più nulla.

La mia sola ricchezza è vivere d'amore.

Leggera è la fatica del cammino, ma se cado, o Gesù,

a ogni passo tu mi raggiungi. Di volta in volta mi sollevi, mi avvolgi nel tuo abbraccio, e mi dai la tua grazia.

lo vivo di amore.

Vivere d'amore

è un navigare incessante,

seminando nei cuori la gioia e la pace. Mi incita la carità, o mio Gesù,

perché ti vedo in tutte le anime sorelle. La carità, ecco la mia sola stella.

Alla sua luce, vogo diritta.

E sulla vela è scritto il mio motto: Vivere d'amore.

Vivere d'amore, che strana pazzia!

Il mondo mi dice: smettila di cantare e bada a non sprecare la tua vita.

I talenti che hai, impiegali utilmente! Ma amarti, Gesù, che perdita feconda! Tutto ciò che sono e che ho è tuo, Gesù. Io voglio cantare lasciando il mondo.

Io muoio di amore.

Morire d'amore, ecco la mia speranza: quando vedrò spezzati i miei lacci, Dio sarà la mia ricompensa:

non voglio altri beni.

Sono tutta presa dal suo amore,

e venga dunque a stringermi a sé per sempre. Ecco il mio cielo, il mio destino:

vivere d'amore.

Santa Teresa del Bambin Gesù e del Volto Santo.

S. Teresa di Lisieux: Storia di un anima - Man. C

271 - Lei lo sa, Madre, ho sempre desiderato essere una santa, ma ahimè, ho sempre accertato, quando mi sono paragonata ai santi, che tra essi e me c'è la stessa differenza che tra una montagna la cui vetta si perde nei cieli, e il granello di sabbia oscura calpestata sotto i piedi dei passanti. Invece di scoraggiarmi, mi sono detta: il buon Dio non può ispirare desideri inattuabili, perciò posso, nonostante la mia piccolezza, aspirare alla santità; diventare più grande mi è impossibile, debbo sopportarmi tale quale sono con tutte le mie imperfezioni, nondimeno voglio cercare il mezzo di andare in Cielo per una via ben diritta, molto breve, una piccola via tutta nuova. Siamo in un secolo d'invenzioni, non vale più la pena di salire gli scalini, nelle case dei ricchi un ascensore li sostituisce vantaggiosamente. Vorrei anch'io trovare un ascensore per innalzarmi fino a Gesù, perché sono troppo piccola per salire la dura scala della perfezione. Allora ho cercato nei libri santi l'indicazione dell'ascensore, oggetto del mio desiderio, e ho letto queste parole pronunciate dalla Sapienza eterna: «Se qualcuno è piccolissimo, venga a me». Allora sono venuta, pensando di aver trovato quello che cercavo, e per sapere, o mio Dio, quello che voi fareste al piccolissimo che rispondesse al vostro appello, ho continuato le mie ricerche, ed ecco ciò che ho trovato: «Come una madre carezza il suo bimbo, così vi consolerò, vi porterò sul mio cuore, e vi terrò sulle mie ginocchia!». Ah, mai parole più tenere, più armoniose hanno allietato l'anima mia, l'ascensore che deve innalzarmi fino al Cielo sono le vostre braccia, Gesù! Per questo non ho bisogno di crescere, al contrario bisogna che resti piccola, che lo divenga sempre più.
272 - Dio mio, avete superato la mia speranza, ed io voglio cantare le vostre misericordie. «Voi mi avete istruita fin dalla mia giovinezza e fino ad oggi ho annunciato le vostre meraviglie, continuerò a manifestarle nell'età più tarda - Salmo LXX». Quale sarà per me questa tarda età? Mi pare che potrebbe essere ora, perché duemila anni non sono agli occhi del Signore più di venti anni o di un giorno solo. Non creda, Madre cara, che la sua figliola desideri lasciarla... non creda che consideri una grazia più grande morire all'aurora piuttosto che al tramonto. Quello che stima, che unicamente desidera è far piacere a Gesù. Ora che egli sembra avvicinarsi per attirarmi nella sua gloria, io mi rallegro. Da lungo tempo ho capito che il buon Dio non ha bisogno di nessuno (ancor meno di me che di altri) per far del bene sulla terra. Madre mia, mi perdoni se la rattristo... Vorrei tanto rallegrarla, ma crede lei che se le sue preghiere non sono esaudite sulla terra, se Gesù per qualche giorno separa la figlia dalla madre, quelle preghiere non saranno esaudite in Cielo?

273 - il suo desiderio è, lo so bene, che io compia accanto a lei una missione molto dolce e facile; questa missione non potrò assolverla dall'alto dei cieli? Come disse Gesù un giorno a san Pietro, così lei ha detto a sua figlia: «Pasci i miei agnelli», e io mi sono meravigliata, ho detto a lei: «sono troppo piccola»... l'ho supplicata di fare pascolare lei stessa i suoi agnellini e di custodirmi, di farmi pascolare per grazia con essi. E lei, Madre amata, rispondendo un poco al mio giusto desiderio, ha custodito gli agnellini con le pecore, ma comandandomi di farli spesso pascolare all'ombra, di indicar loro le erbe migliori e più fortificanti, di mostrar loro chiaramente i fiori brillanti che non debbono mai toccare se non per schiacciarli sotto i loro passi. Lei non ha temuto, cara Madre, che io facessi smarrire i suoi agnelli; la mia inesperienza, la mia giovinezza non l'hanno affatto spaventata, forse lei si è ricordata che spesso al Signore piace concedere la sapienza ai piccoli, e che un giorno, pieno di gioia, egli ha benedetto suo Padre perché ha nascosto i propri segreti ai prudenti e li ha rivelati ai più piccoli. Madre mia, lei lo sa, sono ben rare le anime che non misurino la potenza divina secondo i loro corti pensieri; si ammette che dappertutto sulla terra esistano eccezioni, soltanto Iddio non ha il diritto di farne! Da lungo tempo, lo so bene, questo modo di commisurare l'esperienza agli anni viene praticato fra gli uomini, perché nella sua adolescenza il santo re David cantava al Signore: «Sono giovane e disprezzato». Nello stesso Salmo 118 tuttavia non esita a dire: «Sono diventato più prudente dei vegliardi: perché ho cercato la vostra volontà... La vostra parola è la lampada che rischiara i miei passi... Sono pronto a compiere i vostri ordini e non sono turbato da nulla».


Questo è il cuore della piccola via di Teresa. Questo è il manifesto che demolirà negli anni a seguire, quel concetto errato di chiesa, di fede, per cui Dio era in cielo pronto a fulminarci al minimo errore, e noi piccoli vermi sulla terra.
La visione del Dio amico "solo" dei virtuosi viene definitivsmente spazzata via, dall'affermazioni di Teresa.

Dio è molto più vicino al peccatore, e al peccatore incallito. Basta che l'uomo volti la faccia dietro a se e scopre il volto del Signore accanto al suo, poichè Lui non tradisce.

La Carità


"Amore non è guardarci l'un l'altro, ma guardare insieme nella stessa direzione."

Ho trovato questa frase in uno dei tanti blog, non sò neppure se appartiene a qualche personaggio famoso oppure no.
Ma credo che riassumo molto l'atteggiamento della carità.
Quante volte ci perdiamo nello scrutare l'altro, nell'interrogare l'altro, nel giudicare l'altro.
Già, guardare insieme, e nella stessa direzione.
Qualcuno potrebbe dire che se guardiamo insieme nella stessa direzione, non possiamo guardarci negli occhi. Non sono d'accordo, per chi si ama basta il cuore.

Giovanni della Trinità, OCDS

Il Cammino di Perfezione

Dagli esercizi spirituali predicati da Padre Gabriele Mora presso il Convento di Arcetri in Firenze per gli appartenenti dell'OCDS della regione Toscana-Sardegna-Marche.

IL CAMMINO DI PERFEZIONE

* Descrizione dell’opera
Premesso che è fondamentale per un carmelitano la lettura, la conoscenza e lo studio di questa opera della Santa Madre, possiamo descrivere la struttura dell’opera come segue: nei primi 3 capitoli, Teresa spiega la finalità della sua riforma; dal capitolo 4 al capitolo 15, scrive di quali siano le condizioni per vivere il centro della vocazione carmelitana, e cioè dell’orazione. Precisamente ponendo l’accento su tre aspetti: l’amore fraterno (cc.4-7) con in risalto l’umanità di Cristo nel quarto capitolo, il distacco e la mortificazione (cc. 8-14), l’umiltà (c. 15), umiltà trattata per ultimo ma prima come importanza.
L’opera continua con la spiegazione di cosa sia l’orazione nella vocazione del Carmelo attraverso i capitoli che vanno dal 16 fino al capitolo 42, descrivendo i vari aspetti dell’orazione stessa. Per cui Teresa parla della contemplazione come dono gratuito del Signore e non come traguardo delle umane fatiche, enunciando anche la differenza che intercorre tra anime “attive” e anime “contemplative” (cc. 16-1Cool. Segue il capitolo 19 incentrato sull’orazione e i suoi vantaggi, i capitoli 20 e 21, nei quali la Santa Madre esorta nella risoluzione nell’intraprendere il cammino, introducendo il concetto di DETERMINATA DETERMINATION (determinata determinazione). A questo punto dell’opera (c. 22) si spiega che cosa è l’orazione mentale e successivamente nei due capitoli a seguire anche i motivi per impegnarsi in tale orazione.
Nei capitoli 24 e 25, parla dell’orazione vocale e nel 26 dei metodi per favorire il raccoglimento.
A questo punto, Teresa inizia il commento al Padre Nostro, e arriva al cuore di ciò che gli preme dire. Non a caso nella trattazione del Padre Nostro tratterà dell’orazione di raccoglimento e dell’orazione di quiete, di come l’orazione vocale possa diventare orazione mentale seguendo alcune regole di vita: accettazione della volontà di Dio, il pane Eucaristico, il perdono delle offese, le tentazioni, l’amore e il timore di Dio, il male inteso come attaccamento alla vita temporale.


* Analisi del testo
Il testo nasce dal grande respiro ecclesiale di S. Teresa. Ma ben presto il libro si rivela un opera dedicata soprattutto alle monache del Monastero di S. Giuseppe; in questo senso sono frequenti, nell’opera Teresiana, i passaggi dal macrocosmo ecclesiale al microcosmo comunitario e soprattutto a quello dell’interiorità irripetibile del singolo. In effetti, è proprio nel cammino interiore di amicizia con l’umanità di Cristo (orazione Teresiana) che Teresa vede realizzarsi la vocazione ecclesiale della carmelitana scalza. Così l’alta vocazione di “combattere per la Chiesa- Castello” trova la sua immediata incarnazione nelle ricche pagine del testo, dove con la finezza proprio di uno spirito acuto, la Santa affronta i temi principali della riforma.
I tratti essenziali del messaggio di Teresa, estrapolati dall’opera nel suo insieme sono:
1) Interiorità e preghiera: Dio è dentro l’uomo e tale scoperta da sola giustifica un’intera vita dedicata alla ricerca della Sua presenza in noi (questa è la vocazione contemplativa). Questo primati risalta in ogni pagine dei suoi scritti.
2) Umanesimo cristiano: Ogni spinta ascetica è sempre moderata dall’indiscusso primato della persona umana e dai valori ad essa connessi. Grandissima sensibilità e sympatia di Teresa. La santità NON deforma l’umanità, la grazia non altera la creaturalità (concezione miracolistica): la santità integra ed esalta l’umanità del santo.
3) Unità tra Esperienza e Dottrina: Questo è un tratto adulto dell’esperienza spirituale. Sono i due bastoni di Teresa, sui quali lei appoggia tutto il suo scrivere. L’esperienza le consente una comprensione e traduzione vitale della novità dello Spirito; la dottrina le consente un costante riferimento alla funzione materna della Chiesa peregrinante, nei suoi dotti, teologi e pastori; insieme, fanno di Teresa una maestra, riformatrice della nostra famiglia, Dottore della Chiesa.

* Lettura e commento del Cap. 16

Tema centrale è l’UMILTA’ : come la Regina nel gioco degli scacchi, l’umiltà è la forza che costringe il Re alla resa. Qui Teresa sembra quasi affermare che prima dell’orazione è l’umiltà la caratteristica della vocazione carmelitana, ma più avanti nel libro dirà anche che senza la perseveranza nell’orazione è ben difficile ottenere il dono dell’umiltà. Comunque Dio è molto accondiscende con le anime umili, come fu per la Santa Vergine. L’umiltà è la virtù/grazia che ottiene il possesso di Dio da parte dell’anima (… questo possesso è il cuore dell’orazione, il fine, lo scopo…). Ma le giovani monache la incalzano, vogliono SOLO parole spedite sulla contemplazione; ,a Teresa le fa aspettare; questa è la pedagogia Teresiana: prima i fondamenti, le disposizioni e poi l’orazione. In effetti Teresa mette in guardia le sue giovani monache dalla contemplazione, poiché in essa è facile sbagliare strada se non si è giunti per la giusta Via. Quella che può sembrare a prima vista contemplazione può in realtà essere un inganno degli altri o un autoinganno. Pertanto Teresa prende altro tempo, promette di parlare dell’orazione mentale (par. 6 import.), ma prima comincia con l’affermare che non di rado il Signore concede la contemplazione anche ad anime in cattivo stato, solo al fine di scuoterle dal grande torpore del peccato, e soggiunge due concetti fondamentali: la gratuità della grazia, essa piove su tutti. E poi che tutti possono riceverla, anche chi non si giudica meritevole, alludendo come spesso fa, alla sua esperienza. Tale grazia della contemplazione come detto può essere donata anche ai principianti, una volta strappati al demonio (grazia del principio), per incoraggiarlo nell’intraprendere il cammino.
A questo punto Teresa inserisce un punto teologico importante: la grazia è Dio, Dio in quanto si dà all’anima. Si approfitta della grazia quando anche noi non ci risparmiamo per Lui. Premette anche che la contemplazione è analoga alla comunione eucaristica, un pasto con il Signore. E’ fondamentale tenere gli occhi fissi su Cristo.
Altro punto fondamentale nel cammino, è la grande tentazione, molto ricorrente del dirsi “NON SIAMO SANTI”. Inaspettatamente Teresa incornicia questa tentazione tutta spirituale, relativa alla supposta indegnità di stare in comunione con Lui, e quindi di pregare (tentazione di lasciare l’orazione), il cui principio è però nella carne (…. Per poco che ci tocchino nell’onore…).
Dio ci liberi da questa tentazione! Che è come chiudere l’ingresso della grazia. Si chiama “flasa umiltà”.
La cura? Teresa dice: generosità; ma soprattutto “santa presunzione e audacia” da lei espresso con determinada determinacìon (la santa presunzione fa crescere nell’umiltà)

* Lettura e commento del Cap. 17

Qui Teresa parla dell’orazione, ma dopo avere ripreso ancora il tema dell’umiltà, enunciando due principi:
a) i contemplativi stanno nel posto che ha dato loro il Signore, non ci si sono messi da soli!;
b) l’umile ha maggior merito, poiché decide egli stesso di stare nel posto assegnatoli dal Signore.
Il principio e il paradigma dell’umiltà è il seguente: “io vorrei che questa anima si tenesse sempre all’ultimo posto, secondo l’insegnamento e l’esempio di Nostro Signore”.

L’orazione non è il fine: piuttosto la volontà di Dio! E per fare la Sua volontà c’è più bisogno di umiltà che di orazione!

Teresa non parla sulla base del sentimento o di una esperienza arbitraria, è Dio che guida le fila di questo cammino; ciascuno secondo una strada diversa!
Noi incaselliamo, etichettiamo, definiamo restringiamo, omologhiamo, uniformiamo …… Dio invece progetta piani e cammini diversi, tanti quante sono le sue creature.
La perfezione non consiste nella contemplazione: l’umile è molto perfetta ed è trattata da Dio come un anima forte e un giorno le darà le sue delizie tutte insieme.
Teresa parla della sua esperienza personale, per 14 anni non ha potuto meditare senza l’aiuto di un libro. Libro o preghiera vocale, o altri che sono ancora più distratti. L’immaginazione durante l’orazione mentale si scatena, ma Teresa ci dice che: … non credo che rimangano con minor merito, anzi sono uguali…. Anzi camminano con maggior sicurezza (poiché non si illudono).
Poi Teresa, incalzata dalle giovani sorelle, enuncia un principio importante: mentre parla delle dolcezze unite alla contemplazione, afferma che tali dolcezze possono venire dal demonio e si riconoscono perché portano con sè superbia, sperimentabile (come l’umiltà) nei rapporti tra le sorelle; se invece quella contemplazione (con le dolcezze) porta con sé l’umiltà, allora è autentica.
Pertanto gli umili, mantenendosi tali, ottengono per via più dura, ma con maggior certezza, lo stesso frutto delle contemplative: anzi, in essa già “vivono” e permangono senza pericolo che venga loro tolta con il mutarsi delle dolcezze dell’orazione!!!
Pertanto quella dell’umiltà è una via sicura.

Teresa definisce anche l’umiltà: non è un portamento del corpo, non è la voce bassa, non è la osservanza stretta ….. “la veradera humildad consiste nell’essere disposti ad accettare CON GIOIA quanto il Signore vuole da noi”. Tutto è servizio all’ospite.
E’ un gran bene che scelga Lui per noi, poiché noi scegliamo male, poiché la contemplazione ci sembra un “riposo”! Molto si guadagna invece a non voler guadagnare.
Pertanto si ribadisce che la vera umiltà consiste specialmente nell’essere disposti, senza alcuna eccezione, a uniformarsi al volere del Signore e a considerarsi sempre indegni di essere chiamati suoi servi. E se la contemplazione, l’orazione mentale e vocale, la cura degli infermi, i vari servizi domestici e il lavoro, anche il più umile, se tutto ciò equivale a servire l’Ospite Divino che viene a dimorare, a mangiare a ricrearsi con noi, che cosa ci importa di attendere ad uno più che a un altro ufficio?


A conclusione di quanto esposto durante il ritiro spirituale da Padre Gabriele, rinnovo l’invito fattoci anche a noi di leggere MOLTO lentamente e attentamente il testo della Santa Madre, poiché essenziale nel cammino di crescita spirituale di ciascun carmelitano, ricordando che innanzitutto dobbiamo camminare nell’umiltà cercado di fare la volontà del nostro Re, il resto ci sarà dato in sovrappiù.

Perchè un blog.

Già, perchè questo blog? Mi hanno chiesto in tanti!

Perchè dopo avere girovagato per il mondo, sono stanco.

Stanco di combattere contro i mulini a vento.

Che importanza ha avere conquistato cento battaglie, se poi perdi l'anima?

E allora cari amici, ritorno nel silenzio della mia cella, nella quiete del mio chiostro, ovviamente spirituale.

Basta polemiche, basta guerre, basta tutto ciò che NON è Cristo, e SOLO Cristo.

Sono stanco di chi intende la Fede come battaglia contro tutto ciò che è post-conciliare, a prescindere. E viceversa.

Sò che molti non capiranno e non condivideranno questa mia scelta, ma vi prego, se siete miei amici, cercate di comprendere aldilà delle parole, cercate di leggere attraverso gli altri post del forum quale spirito animi questo mio cammino.
E se non lo comprenderete, non importa...... vi amerò lo stesso.

Pace a tutti voi.

Giovanni della Trinità, OCDS

Il mio nome.

L'abbreviazione OCDS stà per ORDO CARMELITARUM DEASCALCETORUM SECOLORUM. Anche se ancora devo effettuare le mie promesse, lo userò soltanto perchè nessuno mi scambi per un sacerdote o un religioso.

Il nome Giovanni è il mio vero nome (anche se sono stato battezzato come Giovanni Giuseppe, il giorno di Santa Teresa di Lisieux), l'appellativo monastico "della Trinità" mi fu assegnato dalla mia prima maestra di formazione, Adele, la quale, pur non essendo più in uso tale pratica, volle farmi questo dono pochi mesi prima di morire.
Ed è solo per obbedienza a lei che continuo da quel giorno a usare tale nome.